Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35044 del 18/04/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 35044 Anno 2013
Presidente: BARDOVAGNI PAOLO
Relatore: CAVALLO ALDO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
DI NOTO GIUSEPPE N. li, 20/05/1960
avverso la sentenza n. 12282/2010 CORTE DI CASSAZIONE di
ROMA, del 14/06/2011
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALDO CAVALLO;
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Data Udienza: 18/04/2013

Ritenuto in fatto

1. Di Noto Giuseppe, per il tramite del suo difensore, ricorre, ai sensi
dell’art. 625 bis cod. proc. pen., avverso la sentenza n. 1540/2011 che altra
Sezione di questa Corte ha deliberato il 14 giugno 2011, rigettando il ricorso
dallo stesso proposto nei confronti della sentenza n. 2378/2008 della Corte
d’appello di Palermo, emessa il 2 luglio 2009.
A sostegno dell’impugnazione straordinaria il ricorrente deduce che l’errore

dichiarazione di prescrizione del reato (corruzione) per il quale si procedeva nei
sui confronti.
Nel premettere che tale reato risultava contestato come commesso in epoca
antecedente e prossima al 7 maggio 2002, e che nel giudizio di appello era stata
esclusa l’aggravante di cui all’art. 7 legge n. 203/1991, in parziale riforma della
sentenza di primo grado, emessa dal GIP del Tribunale di Palermo il 6 novembre
2007, da parte del ricorrente si deduce che il termine massimo di prescrizione
del reato a lui contestato era ampiamente maturato al momento della
deliberazione della sentenza impugnata.
Essendo stato il ricorso rigettato e non dichiarato inammissibile, e non
risultando svolta nella sentenza impugnata alcuna argomentazione sul punto,
nonostante l’espressa richiesta di declaratoria di estinzione del reato, formulata,
in via subordinata, all’udienza pubblica del 14 giugno 2011, in ricorso si deduce:
da un lato, l’immediata applicabilità della causa di estinzione sopravvenuta, ai
sensi dell’art. 129 cod. proc. pen.; dall’altro l’evidente l’errore di fatto in cui è
incorsa questa Corte.

Considerato in diritto

1. Il ricorso si palesa fondato e merita accoglimento.
Invero la Corte appare aver esaminato l’impugnazione proposta dal
ricorrente Di Noto ritenendo che il delitto di corruzione ascritto al predetto,
commesso in epoca ravvicinata e prossima al 7 maggio 2002, fosse aggravato ex
art. 7 legge n. 203/1991, conformemente all’originaria contestazione mossa
all’imputato, nel mentre, in sede di merito, la contestata aggravante era stata
invece esclusa dalla Corte territoriale. Sicché per la ipotesi delittuosa così
modificata il termine prescrizionale veniva ad essere di anni 7 e mesi 6, avuto
riguardo alla pena edittale in relazione al

te. mpus commissi delicti ed alle

disposizioni del novellato art. 157 c.p., applicabili, ratione temporis, essendo
stata la sentenza di primo grado deliberata il 6 novembre 2007; con la

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di fatto nel quale la Corte di Cassazione è incorsa, consiste nella mancata

conseguenza che detto termine è scaduto, al più tardi, il 6 novembre 2009, dopo
la sentenza di appello ma prima della pronuncia di questa Corte.
Ne discende, che non essendo stato valutato come inammissibile il ricorso,
nel qual caso la manifesta infondatezza dello stesso avrebbe impedito la regolare
instaurazione di un rapporto di impugnazione, tale da precludere l’esame sulla
sussistenza o meno di cause di non punibilità, il decidente avrebbe dovuto
procedere all’indagine sul punto.
La questione della prescrizione non è stata quindi esaminata, come

una svista in cui la Corte è incorsa, connotato dalla influenza esercitata sul
processo formativo della volontà, viziata dalla omessa rilevazione del tempus
commissi delicti e dell’effettivo termine di prescrizione, che ha condotto ad una

decisione diversa da quella che sarebbe stata adottata a seguito del vaglio di
detto elemento temporale.
La sentenza impugnata in via straordinaria va, pertanto, annullata.
1.1 Nè può ritenersi fondato l’assunto del Procuratore Generale presso
questa Corte, prospettato nella sua requisitoria orale, secondo cui la sentenza n.
1540/2011 avrebbe in realtà inteso dichiarare inammissibile il ricorso proposto
nell’interesse del Di Noto e non semplicemente rigettarlo, sicché l’unico effettivo
errore ravvisabile nella sentenza impugnata, sarebbe quello materiale in cui
sarebbe incorsa questa Corte nel redigere il dispositivo, con la conseguenza che
l’inammissibilità del ricorso avrebbe impedito alla Corte di rilevare l’intervenuta
prescrizione del reato.
Ed invero nessun concreto elemento conforta tale tesi, emergendo dalla
lettura della motivazione della sentenza impugnata, che il ricorso del Di Noto è
stato ritenuto «nel complesso destituito di fondamento» e che solo la seconda
censura, relativa al diniego delle circostanze attenuanti generiche, è stata
valutata come inammissibile; senza contare, per altro, che nel dispositivo della
sentenza si legge «la Corte rigetta il ricorso» e che pertanto, trattandosi di una
sentenza, dovrebbe trovare comunque applicazione la regola della prevalenza del
dispositivo sulla motivazione, secondo cui il dispositivo letto in udienza
costituisce l’atto con il quale il giudice estrinseca la volontà della legge nel caso
concreto, di modo che le affermazioni contenute nella relativa motivazione,
qualora non trovino rispondenza nel dispositivo – eventualità per altro
neppure ravvisabile in concreto nel caso in esame atteso il contenuto letterale
della stessa – non sono, di per sé sole, suscettibili di conseguenze giuridiche.

P.Q.M.

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dovevasi, per evidente e mero errore di fatto di natura percettiva, causato da

Revoca nei confronti di Di Noto Giuseppe la sentenza della 5^ Sezione di
questa Corte in data 14/6/2011, perché il reato al medesimo ascritto è estinto
per prescrizione.

Così deciso in Roma, il 18 aprile 2013.

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