Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35012 del 08/05/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 35012 Anno 2013
Presidente: BARDOVAGNI PAOLO
Relatore: CAVALLO ALDO

Data Udienza: 08/05/2013

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
SEBASTIANI EMANUELE N. IL 04/02/1978
avverso la sentenza n. 679/2012 CORTE APPELLO di BARI, del
03/07/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 08/05/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ALDO CAVALLO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. ycp,
che ha concluso per 2‘ ~VII”- ZnfiA;te
ft.tu, 140

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

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Ritenuto in fatto

1. Sebastiani Emanuele veniva rinviato a giudizio per rispondere dei reati di cui
agli artt. 81 cpv cod. pen. 2 e 7 legge n.895/1967 e 697 cod. pen., perché, in
esecuzione del medesimo disegno criminoso, deteneva, all’interno di un box nella
sua disponibilità, una pistola semiautomatica giocattolo, modificata in modo da
renderla idonea ad essere utilizzata quale arma da sparo e n. 26 proiettili di
vario tipo, calibro 9 mm., utilizzabili con la detta arma modificata. In Trani, il 17

2. Il GUP del Tribunale di Trani, con sentenza deliberata in data 14 ottobre 2011,
dichiarava il Sebastiani colpevole dei reati a lui ascritti, unificati nel vincolo della
continuazione, e tenuto conto della contestata recidiva e della diminuente per la
scelta del rito, lo condannava alla pena di anni tre e mesi quattro di reclusione
ed C 2000,00 di multa.

3. Avverso tale sentenza proponeva appello il Sebastiani, denunziando in via
principale: (a) il mancato riconoscimento del principio del ne bis idem di cui
all’art. 649 cod. proc. pen., norma ritenuta applicabile nel presente giudizio in
quanto l’arma oggetto dell’imputazione faceva parte, a suo dire, della stessa
partita di armi rinvenute in suo possesso nel corso di una precedente
perquisizione del suo domicilio eseguita nel luglio 2010 e della quale aveva
taciuto la detenzione in occasione dell’interrogatorio reso dopo il suo arresto; (b)
la non provata funzionalità dell’arma e la non idoneità dei colpi ritrovati; in via
subordinata, l’ingiustificato diniego delle attenuanti generiche, da riconoscersi
con giudizio quanto meno di equivalenza rispetto alla recidiva contestata.

4. Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di Appello di Bari, disattesa
l’eccezione di ne bis in idem, vuoi perché non era affatto dimostrato che le armi
rinvenute in occasione del primo arresto del Sebastiani nel luglio 2010
costituissero compendio di una medesima partita di armi oggetto di unica
detenzione, vuoi perché la disponibilità di ogni singola arma costituiva,
comunque, un autonomo reato; esclusa la riconoscibilità all’imputato delle
attenuanti generiche, in considerazione dei suoi molteplici precedenti penali,
indicativi di una spiccata capacità a delinquere e dell’insussistenza di elementi
obiettivi favorevolmente apprezzabili, riformava parzialmente quella di primo,
limitatamente all’entità della pena, ridotta ad anni uno e mesi sei di reclusione
ed C 400,00 di multa, in considerazione dell’unicità dell’arma ritenuta.

cot,,,

febbraio 2011, con la recidiva reiterata, specifica, infraquinquennale.

5. Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato,
personalmente, deducendone l’illegittimità per violazione di legge – sostanziale e
processuale (artt. 671 cod. proc. pen. e 81 cod. pen. e 12 comma 1 lett. b) e 17
cod. proc. pen.), rappresentando al riguardo: che le armi da lui detenute erano
tre (una rinvenuta in casa; due rinvenute nel garage); che il reato da lui
commesso era sostanzialmente unitario, trattandosi di armi “gemelle” da lui
detenute e modificate nel medesimo lasso di tempo e in esecuzione del
medesimo disegno criminoso; che illegittimamente la Corte territoriale non solo

omesso di riconoscere l’applicabilità della disciplina del reato continuato,
ricorrendone tutti i presupposti.

Considerato in diritto

1. L’impugnazione proposta personalmente da Sebastiani Emanuele è
inammissibile.
Le censure, invero confuse, sviluppate in ricorso, prescindendo del tutto dal
percorso argonnentativo sviluppato dai giudici di appello – si risolvono, infatti, nel
denunziare, per quanto è dato comprendere, la mancata riunione del
procedimento definito con la sentenza oggi impugnata ad altro procedimento
promosso nei suoi confronti per fatti analoghi, del quale per altro neppure si
precisa l’effettiva pendenza in grado di appello e, di riflesso, la mancata
unificazione nel vincolo della continuazione dei diversi reati, sebbene gli stessi
dovevano ritenersi, a suo dire, attuazione del medesimo disegno criminoso.
Orbene, premesso che nel caso in esame non si versa, in tutta evidenza, in
un’ipotesi di bis in idem, riconoscendo lo stesso ricorrente che le armi da lui
detenute (in luoghi diversi) sarebbero tre, l’inammissibilità dell’impugnazione
risulta evidente, ove si consideri che la richiesta di applicazione della disciplina
della continuazione, non costituiva specifico motivo d’impugnazione e risulta
formulata, per la prima volta ed in termini assolutamente generici, solo in sede
di legittimità; fermo restando, per altro, che ove il Sebastiani abbia
effettivamente subito una condanna definitiva per la detenzione di altra arma
giocattolo modificata, lo stesso ben potrà proporre richiesta di riconoscimento
della continuazione ex art. 671 cod. proc. pen..
Alla declaratoria d’inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad escludere
la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento a
favore della Cassa delle ammende di sanzione pecuniaria che pare congruo
determinare in C 500,00 ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen..

aveva proceduto alla trattazione separata dei due procedimenti, ma aveva altresì

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali ed al versamento della somma di € 500,00 a favore della
Cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, il 1’8 maggio 2013.

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