Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35010 del 11/06/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 35010 Anno 2014
Presidente: DI VIRGINIO ADOLFO
Relatore: PAOLONI GIACOMO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
GIARDINI MAURO N. IL 18/01/1964
avverso la sentenza n. 526/2010 CORTE APPELLO di ANCONA, del
11/03/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIACOMO PAOLONI;

Data Udienza: 11/06/2014

R. G. 50611 / 2013

Con la suindicata sentenza la Corte di Appello di Ancona ha confermato la
decisione del Tribunale di Fermo, che all’esito di giudizio abbreviato, ha condannato
Mauro Giardini alla pena di otto mesi di reclusione per i reati, unificati dalla
continuazione, di resistenza plurima e lesioni volontarie a pubblico ufficiale (gesti di
violenza fisica, consistiti nello sferrare contro di loro calci e pugni, così cagionando ad uno
di essi lesioni personali per opporsi a due poliziotti che prestavano ausilio ai sanitari che
stavano eseguendo il suo ricovero coatto disposto dal medico del pronto soccorso).
Contro la sentenza di appello ha proposto ricorso per cassazione il difensore
dell’imputato, deducendo violazione di legge e difetto di motivazione sotto duplice profilo:
la condotta dell’imputato non ha integrato il reato di cui all’art. 337 c.p., avendo egli
inteso soltanto esprimere un atteggiamento di disprezzo e ostilità verso gli operanti;
erroneamente, in subordine, è stata ritenuta sussistente l’aggravante ex art. 61 n. 2 c.p.
per il reato di lesioni, che deve considerarsi assorbita nel già contestato reato di
resistenza, di guisa che il reato di lesioni diviene, esclusa detta aggravante, procedibile a
querela di parte, che nel caso di specie non risulta presentata.
Il ricorso è inammissibile per genericità e manifesta infondatezza delle censure.
La sentenza di appello ha congruamente chiarito, con argomenti coerenti con le
emergenze processuali, come l’azione lesiva dell’imputato sia stata deliberatamente volta
ad impedire l’intervento degli operanti nell’esercizio delle loro funzioni d’istituto. Gli
odierni rilievi costituiscono mera e acritica replica dei vagliati motivi di appello. Il
secondo motivo di censura non è sorretto da reale interesse del ricorrente poiché, anche
escludendosi l’aggravante del nesso teleologico rispetto al reato di resistenza, il reato di
lesioni volontarie rimane procedibile di ufficio, perché aggravato ex art. 61 n. 10 c.p.,
siccome commesso contro un pubblico ufficiale a causa delle funzioni (Sez. 3, 14.2.2011 n.
25709, Battaglia, rv. 250597; Sez. 6, 8.2.2013 n. 7195, Sema, rv. 254721). In ogni caso la
pena inflitta al ricorrente è stata determinata muovendo dalla pena base prevista per il
reato di resistenza, su cui è stato apportato un modesto incremento unitario (con
insignificanza di eventuali aggravanti) per la continuazione con il ridetto reato di lesioni.
Fatte salve eventuali sospensioni del termine prescrizionale, la genetica
inammissibilità del ricorso, impedendo l’instaurarsi di un valido rapporto impugnatorio,
preclude la possibilità di rilevare di ufficio l’estinzione del reato per prescrizione
sopravvenuta alla sentenza di appello (S.U., 22.11.2000 n. 32, De Luca, rv. 217266; S.U.,
22.3.2005 n. 23428, Bracale, rv. 231164; Sez. 3, 8.10.2009 n. 42839, Imperato, rv.
244999). All’inammissibilità dell’impugnazione segue la condanna della ricorrente al
pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende,
che stimasi equo determinare in misura di euro 1.000,00 (mille).
P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro mille in favore della cassa delle ammende.
Roma, li giugno 2014

Motivi della decisione

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