Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3501 del 08/01/2014


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 3501 Anno 2014
Presidente: AGRO’ ANTONIO
Relatore: VILLONI ORLANDO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:

Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte d’Appello di Lecce – Sezione Distaccata di Taranto
avverso la sentenza n. 12/2013 Corte di Appello di Lecce – Sez. Distaccata di Taranto del
10/01/2013 emessa nei confronti di Gallone Mauro
esaminati gli atti e letti il ricorso ed il provvedimento decisorio impugnato;
udita in pubblica udienza la relazione del consigliere dott. Orlando Villoni;
udito il pubblico ministero in persona del sostituto P.G., dott. Alfredo Pompeo Viola che ha
concluso per il rigetto del ricorso;
udito il difensore di parte civile, avv. Francesco Paolo Pesare, che ha chiesto l’accoglimento
del ricorso e l’annullamento della sentenza con rinvio:
udito il difensore dell’imputato Gallotta Mauro, avv. Emidio Attavilla che ha chiesto il
rigetto del ricorso

RITENUTO IN FATTO
1. Con ricorso depositato il 24/05/2013 il Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte d’Appello di Lecce – Sezione Distaccata di Taranto ha proposto ricorso avverso la sentenza
emessa il 10/01/2013 con cui la Corte d’Appello territoriale, in riforma della sentenza di condanna pronunziata in primo grado, aveva assolto Gallotta Mauro dai reati di maltrattamenti in
famiglia e violenza privata in danno della moglie Paola perché il fatto non sussiste, eliminando
di conseguenza le statuizioni civili della sentenza riformata.
2. Il ricorrente deduce erronea applicazione della legge penale in relazione all’art. 572 cod.
pen., nonché mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione in relazione
alla ritenuta insussistenza del contestato reato di maltrattamenti in famiglia.
Si deduce, in particolare, che la Corte territoriale pur avendo correttamente richiamato i consolidati e pacifici orientamenti interpretativi in tema di maltrattamenti, non ha valutato in maniera adeguata alcune emergenze di fatto del giudizio, tra cui due gravi episodi di violenza fisica patiti dalla persona offesa, tra l’altro non esaminati alla luce delle complessive ed ulteriori

Data Udienza: 08/01/2014

Sotto il profilo motivazionale, si deduce altresì come i giudici di merito abbiano attribuito soverchia rilevanza ad una parte delle dichiarazioni della persona offesa, relativa al mancato ricorso ad atti violenti da parte dell’imputato, senza considerare il tenore complessivo della deposizione resa sul punto e tale da riferire quella circostanza ad un contesto spazio – temporale
determinato; l’erronea valutazione del contenuto delle deposizioni rese da due testimoni (Gallotta Alessandra e Cardaropoli Antonella) avrebbero, inoltre, indotto la Corte territoriale da un
lato a ritenere inattendibile la denunziante e le fonti testimoniali d’accusa e dall’altro a ritenere inverosimili i comportamenti offensivi attuati dall’imputato al cospetto dei parenti della parte offesa.
Risulta, infine, priva di idonea motivazione, ad avviso del ricorrente, l’assoluzione dell’imputato dal reato di violenza privata, già ritenuto assorbito in quello di maltrattamenti dal giudice di
prime cure, sulla base di considerazioni implicite o che hanno indebitamente valutato il tenore
delle dichiarazioni rese dalla citata teste Cardaropoli.

CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il ricorso appare manifestamente infondato e come tale va dichiarato inammissibile.
Esso si compendia, infatti, in una serie di censure in punto di fatto sulla valutazione del complessivo materiale probatorio esaminato dai giudici di secondo grado i quali, in maniera adeguatamente argomentata e come tale insuscettibile di censure di ordine logico, hanno sovvertito le conclusioni raggiunte dal giudice di prime cure, soprattutto sulla base di una rivisitazione critica dell’attendibilità delle dichiarazioni rese dalla parte offesa e parte civile costituita
Gallotta Paola.
Nel condurre tale opera di vaglio critico, la Corte territoriale ha valutato il cosiddetto ridimensionamento della portata delle dichiarazioni rese da Gallotta Alessandra, sorella della denunziante; la mancata allegazione di elementi probatori a supporto di un preteso furto di gioielli
perpetrato dal marito ai propri danni, come anche di una pretesa relazione extraconiugale al
medesimo imputabile; il clima di estremo deterioramento dei rapporti coniugali, attestato con
certezza da diversi testimoni (testi Gerardo, Altieri e Falcone).
Con riferimento poi al duplice episodio di violenza la cui mancata considerazione, secondo il ricorrente, sta alla base della pronunzia assolutoria, la Corte pur ritenendone provata la sussistenza (anche perché ammessa dallo stesso imputato nel corso dell’esame cui si era sottoposto), ha ritenuto che per il loro carattere occasionale e per il clima di esasperata tensione e reciproche recriminazioni esistente tra le parti, non potevano dirsi inserite in un contesto di vessazioni continue ascrivibili all’imputato, tali cioè da cagionare sofferenze, privazioni ed umiliazioni alla parte offesa integranti lo specifico del delitto di maltrattamenti.
Sulla base delle sopra esposte argomentazioni, la Corte territoriale ha dunque apprezzato l’insussistenza del contestato reato di cui all’art. 572 cod. pen., escludendo che i singoli episodi
di violenza o minaccia o denigrazione della parte offesa fossero animati dalla volontà di vessare il soggetto passivo e in definitiva ritenendo quelli effettivamente occorsi frutto di situazioni
di carattere episodico, determinate soprattutto dal forte clima di contrapposizione da tempo
instauratosi tra i coniugi.
Come logica conseguenza ha correttamente ritenuto tardiva la denunzia – querela ai fini di una
diversa valutazione dei due episodi di violenza fisica in base a differenti parametri normativi
(artt. 581 o 582 cod. pen.), pervenendo a identica pronunzia assolutoria in ordine all’episodio
originariamente contestato come violenza privata (art. 610 cod. pen.), ritenuto invece assorbito nel delitto di maltrattamenti dal giudice dì primo grado.
4. Non si ravvisa, dunque, a parere di questo collegio alcuno dei vizi argomentativi dedotti in
ricorso; al rigetto del medesimo per manifesta infondatezza consegue dichiarazione di inammissibilità senza pronunzia sulle spese, attesa la natura di parte pubblica del ricorrente (art.
592, comma 1 cod. proc. pen.).

Ii

risultanze probatorie.

P. Q. M.
dichiara inammissibile il ricorso.
Roma, 08/0 /2014
Il consigli re estensore

Intoni

dott.

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