Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35007 del 18/04/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 35007 Anno 2013
Presidente: BARDOVAGNI PAOLO
Relatore: CAVALLO ALDO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
AZZOLA MASSIMILIANO N. IL 10/11/1977
avverso la sentenza n. 3011/2011 CORTE APPELLO di GENOVA, del
24/04/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 18/04/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ALDO CAVALLO
e-Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. 4h2,9.02,c.
c4&
che ha concluso per

-e

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

cejl

Data Udienza: 18/04/2013

Ritenuto in fatto

1. Con sentenza deliberata il 24 aprile 2012, la Corte di Appello di Genova ha
confermato quella di primo grado, emessa dal Tribunale di Savona il 3 giugno 2010,
impugnata Azzola Massimiliano, sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza, che aveva dichiarato il predetto appellante,
colpevole del reato previsto e punito dall’art. 81 cod. pen. e 9 comma 1, legge n.
1423 del 1956, a lui contestato per non aver ottemperato alle prescrizioni inerenti

Crocefiesci nei giorni 8 e 20 agosto ed 8 novembre 2008, e lo aveva condannato,
applicata la diminuente per il vizio parziale di mente, alla pena di mesi uno e giorni
quindici di arresto.

2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, personalmente, denunziando vizio di motivazione (manifesta contraddittorietà ed illogicità) relativamente all’applicazione della diminuente di cui all’art. 89 cod. pen..
Poiché la perizia espletata nel giudizio di primo grado ha chiaramente identificato un deficit comportamentale tale da determinare una «comprovata difficoltà d’intendere e di volere», i giudici di appello avrebbero dovuto assolvere esso ricorrente
per applicazione dell’art. 89 cod. pen..
Sostiene in particolare il ricorrente che la rilevata mancanza «del senso del
tempo» ha condizionato il suo comportamento in modo tale da escludere se non anche la capacità d’intendere, certamente quella di volere, difettando la quale, deve
comunque ritenersi insussistente l’imputabilità, conformemente a quanto affermato
da questa Corte nella sua massima composizione (il riferimento è a Sez. U, n. 9163
del 25/01/2005 – dep. 08/03/2005, Raso, Rv. 230317).

Considerato in diritto

1. L’impugnazione proposta da Azzola Massiniliano è inammissibile in quanto
basata su motivi non consentiti nel giudizio di legittimità e comunque manifestamente infondati.
La sentenza impugnata ha infatti indicato specificamente i motivi per cui non
poteva riconoscersi all’Azzola il vizio totale di mente, precisando sul punto, correggendo espressamente quanto affermato dal primo giudice, che da tutte le perizie in
atti emergeva che l’imputato era sì affetto da un disturbo di personalità, ma che tale
patologia, non lo rendeva, però, incapace di volere, essendo il prevenuto risultato

alla misura di prevenzione applicatagli, essendosi allontanato dalla propria dimora in

soggetto «capace di ricostruire il fatto, pur con qualche incertezza,.., orientato nel
tempo, nello spazio e nelle persone», con la conseguenza che la capacità d’intendere e di volere doveva ritenersi «notevolmente ridotta» ma non già totalmente insussistente. Non è quindi vero che il provvedimento impugnato presenti una motivazione contraddittoria od illogica con riferimento all’applicazione dell’art. 89 cod. pen.,
laddove è il ricorso a rivelarsi generico, poiché si limita ad assumere la insufficienza
di una motivazione che invece è conforme al parametro normativo, senza neppure
specificare le argomentazioni, tralasciate dai giudici di appello, che avrebbero dovu-

Sul punto va infatti qui ribadito il principio secondo cui «l’eventuale sussistenza
del vizio di mente dell’imputato costituisce questione di fatto la cui valutazione spetta solo al giudice di merito e si sottrae al sindacato di legittimità, tutte le volte che
essa, anche con il semplice richiamo alle condivise valutazioni e conclusioni delle
perizie, risulti esaurientemente motivata, immune da vizi logici e conforme a corretti
criteri scientifici» (Sez. 1, n. 42996 del 21/10/2008 – dep. 18/11/2008, Marina e
altro, Rv. 241828).
Alla declaratoria d’inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente
al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad escludere la
colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento a favore
della Cassa delle ammende di sanzione pecuniaria che pare congruo determinare in
C 1.000, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen..
P.

Q.

M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1.000 in favore della Cassa delltammende.

Così deciso in Roma, il 18 aprile 2013.

to condurre al riconoscimento di un vizio totale di mente.

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