Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35007 del 11/06/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 35007 Anno 2014
Presidente: DI VIRGINIO ADOLFO
Relatore: PAOLONI GIACOMO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
TACCONE MARIO N. IL 16/06/1969
avverso la sentenza n. 3804/2012 CORTE APPELLO di TORINO, del
19/09/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIACOMO PAOLONI;

Data Udienza: 11/06/2014

R. G. 50562 / 2013

Con la sentenza di cui in epigrafe sentenza la Corte di Appello di Torino ha
confermato la sentenza resa nelle forme del giudizio abbreviato dal locale Tribunale, con
cui Mario Taccone è stato riconosciuto colpevole dei reati di resistenza e oltraggio
(violenta reazione assunta nei confronti di agenti di polizia che procedevano ritualmente
ad un suo controllo identificativo) commessi a Torino il 28.2.2010. La stessa Corte ha
prosciolto l’imputato dal connesso reato di danneggiamento aggravato e per l’effetto ha
rideterminato la pena allo stesso inflitta (con la già considerata incidenza della recidiva
qualificata) in cinque mesi e venti giorni di reclusione.
Avverso la sentenza di appello ha proposto ricorso il difensore dell’imputato,
deducendo violazione dell’art. 81 co. 2 c.p., non avendo la Corte di Appello
immotivatamente applicato la disciplina della continuazione tra i reati oggetto di
giudizio e gli omologhi reati di cui a precedente sentenza di condanna irrevocabile
riportata dal prevenuto (per fatti commessi, tuttavia, in epoca successiva).
Il ricorso è inammissibile, essendo basato su una censura palesemente infondata.
La motivazione della Corte territoriale sul punto è giuridicamente corretta ed
immune da censure che la rendano apprezzabile in questa sede (“La distanza temporale, di
circa un anno, tra i reati e l’indole dei delitti commessi escludono che i fatti contemplati dalle due
pronunce possano essere stati deliberati unitariamente, proprio perché si tratta di comportamenti
non programmabili a distanza di tempo e posti in essere a seguito di deliberazione immediata e
necessariamente impulsiva”).
Alla declaratoria di inammissibilità segue la condanna del ricorrente al pagamento
delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende, che stimasi
equo determinare in misura di euro 1.000 (mille).
P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro mille in favore della cassa delle ammende.
Roma, 11 giugno 2014

Motivi della decisione

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