Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35000 del 08/01/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 35000 Anno 2013
Presidente: BARDOVAGNI PAOLO
Relatore: CAIAZZO LUIGI PIETRO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PAOLOZZA NICOLA GERARDO N. IL 08/12/1955
avverso la sentenza n. 720/2008 TRIBUNALE di BENEVENTO, del
15/12/2011
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 08/01/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. LUIGI PIETRO CAIAZZO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per ‘,(
C5C;

Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.

Data Udienza: 08/01/2013

RILEVATO IN FATTO
Con sentenza in data 15.12.2011 il Tribunale di Benevento condannava PAOLOZZA NICOLA
GERARDO alla pena di euro 350,00 di ammenda in ordine al reato di cui agli artt. 81 e 660 c.p.
perché, con condotte reiterate nel tempo, per petulanza ed altri biasimevoli motivi (pretesa di
instaurare o proseguire o riallacciare relazione sentimentale con Tresca Loredana) recava
molestia e disturbo alla predetta e al di lei marito pedinando la Tresca, lasciando biglietti
manoscritti nell’autovettura del di lei marito, inviando SMS sui telefoni cellulari in uso alla
Tresca e al marito, effettuando telefonate sulle utenze, mobili e fisse, in uso ai due; dal mese

All’udienza del 18.5.2010 il P.M. procedeva a contestazione suppletiva, estendendo
l’imputazione fino all’anno 2008.
Nelle udienze successive veniva effettuato un nuovo esame di Tresca Loredana e, con l’accordo
delle parti, venivano acquisite le due denunce della Tresca con le quali la stessa lamentava la
prosecuzione della condotta persecutoria da parte dell’imputato.
Il Tribunale prendeva la sua decisione considerando sia la deposizione della Tresca, riscontrata
dalla documentazione acquisita, sia le dichiarazioni dell’imputato.

Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell’imputato, chiedendone
l’annullamento per vizio di motivazione nonché per violazione ed erronea applicazione degli
artt. 495, 507, 519/2 c.p.p. e 111 della Costituzione.
A seguito dell’estensione dell’imputazione la difesa dell’imputato aveva chiesto l’assunzione di
nuove prove, richiesta che illegittimamente era stata rigettata dal giudice procedente.
Era stato chiesto al Tribunale un accertamento sulla titolarità delle due utenze telefoniche dalle
quali erano partiti messaggi ricevuti dall’imputato nonché l’acquisizione della trascrizione del
testo degli SMS e dell’apparecchio cellulare sul quale erano ancora impressi gli SMS inviati
dalla parte offesa.
Il Tribunale non aveva motivato in sentenza sulle ragioni per le quali aveva ritenute superflue e
irrilevanti le prove richieste, in relazione alla modifica dell’imputazione.

CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato.
Il Tribunale, dopo aver riportato il contenuto delle dichiarazioni della parte lesa, ha ritenuto che
le stesse fossero pienamente attendibili non solo perché coerenti e precise, ma anche perché
riscontrate dalla documentazione acquisita, comprendente referti medici ed il testo di SMS
inviati dall’imputato.
Questi, in sede di esame, aveva sostenuto che aveva intrattenuto con la denunciante una vera
e propria relazione sentimentale, ad un certo punto interrotta dalla Tresca, ma poi la stessa
aveva mostrato con alcune telefonate di avere intenzione di riprendere i contatti con lui.

1

di aprile 2003 sino a tutto il 2008.

Il Tribunale ha ritenuto inattendibili le dichiarazioni dell’imputato, aggiungendo che, anche se
fossero veritiere, non escluderebbero il fatto reato contestato all’imputato, tenuto conto della
condotta di molestia e disturbo sicuramente posta in essere dallo stesso, la quale non sarebbe
giustificata dal fatto che la denunciante inizialmente aveva consentito ad instaurare con
l’imputato una relazione sentimentale.
La motivazione del Tribunale, basata sulle prove raccolte, è immune da vizi logico giuridici, e
quindi non è sindacabile in sede di legittimità.
Il ricorrente si duole, in particolare, della mancata ammissione di prove indicate dalla difesa, a

I principi enunciati nel ricorso sono corretti, perché in tema di nuove contestazioni, poiché alla
contestazione suppletiva che modifichi l’imputazione originaria consegue un ampliamento del
“thema probandum”, è necessario che a ciascuna parte sia garantito il pieno esercizio del
diritto alla prova rispetto ai nuovi fatti emersi nel processo; ne consegue che, se nel
dibattimento viene contestato un reato concorrente, alla parte va riconosciuto il diritto alla
prova nella medesima estensione stabilita per la fase degli atti preliminari al dibattimento, e
l’ammissione delle prove medesime può essere negata solo se esse siano vietate dalle legge o
manifestamente superflue o irrilevanti (V. Sez. 6 sentenza n. 8131 del 5.6.2000, Rv. 216926).
Tuttavia, nel caso di specie il giudice nella motivazione della sentenza ha implicitamente
ritenuto irrilevanti ai fini del decidere le prove indicate dall’imputato, avendo precisato che anche se fosse vera la tesi sostenuta dall’imputato – non per questo verrebbe meno il reato di
molestie e disturbo posto in essere dall’imputato dopo l’asserita interruzione della relazione
sentimentale.
Pertanto, il ricorso deve essere rigettato, con conseguente condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma in data 8 gennaio 2013

seguito dell’estensione dell’imputazione.

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