Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 34999 del 11/06/2014

Penale Ord. Sez. 7 Num. 34999 Anno 2014
Presidente: DA
Relatore: PG

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
U.O.
avverso la sentenza n. 1095/2010 CORTE APPELLO di GENOVA, del
27/06/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott.GP;

Data Udienza: 11/06/2014

R.G. 50412 / 2013

Con l’epigrafata sentenza la Corte di Appello di Genova ha confermato la sentenza con
cui il Tribunale di Massa ha condannato, concesse le attenuanti generiche, U.O. alla
pena sospesa di un anno e quattro mesi di reclusione per il reato di falsa testimonianza,
perché -assunta come testimone dal Tribunale di Massa nel processo contro I.O.
per il reato di lesioni volontarie gravi in pregiudizio di N.K. – riferiva fatti mendaci
sulla condotta tenuta dall’imputato, affermando, contrariamente al vero, che il I.O.
aveva dato una semplice manata alla N.K.  e non un violento pugno al volto.
La sentenza di appello è impugnata per cassazione dal difensore dell’imputata, che
deduce erronea applicazione del’art. 372 c.p., non avendo i giudici di appello correttamente
inquadrate le dichiarazioni testimoniali della prevenuta, che ha unicamente riferito quanto
oggetto della sua percezione, senza alcun intento di riferire circostanze non vere.
Il ricorso è inammissibile per genericità e manifesta infondatezza dei motivi.
In vero gli enunciati motivi di censura, generici nella parte in cui richiamano i pur
vagliati motivi di gravame avverso la prima decisione, impongono il merito della regiudicanda,
di cui prospettano una rilettura alternativa, non praticabile in sede di legittimità alla luce della
compiutezza e linearità motivazionali dell’impugnata sentenza di secondo grado. Giova al
riguardo ribadire che il delitto di falsa testimonianza è reato di pericolo e per la sua
sussistenza non è necessario che il giudice sia in concreto tratto in inganno, essendo
sufficiente che le dichiarazioni mendaci o reticenti risultino idonee a trarlo in errore, anche a
prescindere dal loro grado di credibilità o dall’eventuale falsità della deposizione riconosciuta
prima facie dallo stesso giudice (Sez. 6, 26.5.2009 n. 40501, Merenda, rv. 244553). Nel caso
di specie le censure del ricorrente investono la valutazione della prova, che pertiene
all’esclusivo esercizio della giurisdizione del giudice di merito ed è sottratta a scrutinio di
legittimità, allorché sia fondata -come l’impugnata sentenza- su una struttura argomentativa
congrua e non palesemente illogica. La sentenza di appello ha preso in esame le deduzioni
difensive ed è pervenuta alla conferma della decisione di primo grado attraverso un adeguato
e autonomo vaglio delle risultanze processuali, incentrate sulla rilevata pertinenza e rilevanza
della deposizione testimoniale dell’imputata.
La genetica inammissibilità del ricorso, impedendo l’instaurarsi di un valido rapporto
impugnatorio, preclude la possibilità di rilevare di ufficio l’estinzione del reato per prescrizione
sopravvenuta alla sentenza di secondo grado (S.U., 22.11.2000 n. 32, De Luca, rv. 217266;
S.U., 22.3.2005 n. 23428, Bracale, rv. 231164; Sez. 3, 8.10.2009 n. 42839, Imperato, rv.
244999). Alla inammissibilità del ricorso segue la condanna della ricorrente al pagamento
delle spese processuali e al versamento della somma, ritenuta equa, di euro 1.000,00 (mille)
in favore della cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro mille in favore della cassa delle ammende.
Roma, 11 giugno 2014

Motivi della decisione

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