Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 34996 del 11/06/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 34996 Anno 2014
Presidente: DI VIRGINIO ADOLFO
Relatore: PAOLONI GIACOMO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
IMPERATORE COSTANTINO N. IL 27/02/1968
avverso la sentenza n. 2002/2010 CORTE APPELLO di TORINO, del
10/06/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIACOMO PAOLONI;

Data Udienza: 11/06/2014

R. G. 50329 / 2013

Con la sentenza di cui in epigrafe la Corte di Appello di Torino ha confermato la
sentenza del locale Tribunale sezione di Chivasso, con cui Costantino Imperatore all’esito
di giudizio ordinario è stato condannato (concessegli le attenuanti generiche) alla pena
sospesa di un anno e quattro mesi di reclusione per il reato di calunnia, avendo
falsamente denunciato lo smarrimento di un assegno bancario a sua firma dell’importo
di euro 80.000, in realtà da lui ceduto a titolo di garanzia per la compravendita di quote
societarie a tale Valter Barigelli, che così implicitamente incolpava dei reati di furto o
ricettazione del titolo.
Contro tale sentenza di appello ha proposto ricorso il difensore dell’imputato,
deducendo violazione di legge e illogicità della motivazione in ordine alla confermata
sussistenza del reato di calunnia, imperniata su una fuorviante lettura dei motivi di
gravame e sulla mancata valutazione della sostanziale buona fede dell’imputato. La
condotta dello stesso deve, infatti, reputarsi giustificata sul piano soggettivo (per assenza
di dolo) perché indotta da sostanziali ragioni di autodifesa, reale o putativa, costituendo
la denuncia di smarrimento dell’assegno il solo mezzo per tutelarsi a fronte della
preannunciata messa all’incasso dell’assegno da parte del Barigelli in aperta violazione
delle ragioni sottese all’emissione del titolo (consegnato per sola garanzia).
Il ricorso, scandito da profili di doglianza generici (replicanti i motivi di appello,
pur esaminati in dettaglio dalla Corte territoriale e dalla stessa disattesi con corretti
argomenti giuridici), è inammissibile per palese infondatezza delle addotte censure, volte
a giustificare un contegno dell’imputato che congruamente le due decisioni di merito
definiscono di sostanziale confessione dell’oggettiva non veridicità del contenuto della
denuncia incriminata (assegno mai smarrito perché ceduto a terza persona). Alla
singolare tesi difensiva basata su una sorta di pretesa scriminate soggettiva ha già dato
pertinente e ineccepibile risposta la Corte territoriale, chiarendo come il prevenuto, per
sua stessa ammissione, abbia presentato la denuncia di smarrimento dell’assegno con la
certezza di non averlo mai smarrito (avendolo ceduto ad un terzo).
Alle conclusioni sulla inammissibilità dell’odierno ricorso non possono far velo i
rilievi enunciati nella memoria (“motivi nuovi”) depositata nell’interesse dell’imputato (il
27.5.2014), con cui si ribadiscono ammissibilità e validità delle addotte ragioni di censura.
Alla inammissibilità dell’impugnazione segue per legge la condanna del ricorrente
al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle
ammende, equamente fissata in misura di euro 1.000 (mille).
P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro mille in favore della cassa delle ammende.
Roma, 11 giugno 2014

Motivi della decisione

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