Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 34994 del 19/06/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 34994 Anno 2013
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: IASILLO ADRIANO

SENTENZA

Sul ricorso proposto dall’Avvocato Lucio Esbardo, quale difensore di De Leo
Francesco (n. il 02/12/1955), avverso l’ordinanza del Tribunale di Catanzaro,
in data 15/01/2013.
Sentita la relazione della causa fatta dal Consigliere Adriano lasillo.
Udita la requisitoria del Sostituto Procuratore Generale, dottor Aurelio
Galasso, il quale ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso.
Osserva:

Data Udienza: 19/06/2013

Con ordinanza del 31/12/2012, il Giudice per le indagini preliminari del
Tribunale di Catanzaro dispose la misura cautelare della custodia in carcere
di De Leo Francesco indagato per tre episodi di tentata estorsione aggravata
(anche dall’ad. 7 L. 203/1991) in concorso e di tre episodi di porto illegale di
armi (con l’aggravante di cui all’ad. 61 n. 2 del c.p.) .
Avverso tale provvedimento l’indagato propose istanza di riesame ma il

impugnata.
Ricorre per cassazione il difensore dell’indagato deducendo la
mancanza e la manifesta illogicità della motivazione in ordine alla ritenuta
sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza.
Il difensore del ricorrente conclude, pertanto, per l’annullamento
dell’impugnata ordinanza.

Motivi della decisione

Il ricorso è inammissibile per violazione dell’ad. 606, comma 1, cod.
proc. pen., perché propone censure attinenti al merito della decisione
impugnata, congruamente giustificata.
Infatti nel momento del controllo di legittimità, la Corte di cassazione
non deve stabilire se la decisione di merito proponga effettivamente la
migliore possibile ricostruzione dei fatti né deve condividerne la
giustificazione, ma deve limitarsi a verificare se questa giustificazione sia —
come nel caso di specie – compatibile con il senso comune e con “i limiti di
una plausibile opinabilità di apprezzamento”, secondo una formula
giurisprudenziale ricorrente (Cass. Sez. 4 sent. n. 47891 del 28.09.2004
dep. 10.12.2004 rv 230568; Cass. Sez. 5 sent. n. 1004 del 30.11.1999 dep.
31.1.2000 rv 215745; Cass., Sez. 2 sent. n. 2436 del 21.12.1993 dep.
25.2.1994, rv 196955).
Inoltre il ricorso è inammissibile anche per violazione dell’art. 591 lettera
c) in relazione all’ad. 581 lettera c) cod. proc. pen., perché le doglianze sono
prive del necessario contenuto di critica specifica al provvedimento
impugnato, le cui valutazioni, ancorate a precisi dati fattuali trascurati nell’atto
di impugnazione, si palesano peraltro immuni da vizi logici o giuridici. Infatti il

Tribunale di Catanzaro, con ordinanza del 15/01/2013 confermò l’ordinanza

Tribunale ha con esaustiva, logica e non contraddittoria motivazione,
evidenziato tutte le ragioni dalle quali desume i gravi indizi di colpevolezza a
carico dell’indagato per i reati di cui sopra (dichiarazioni delle P.O.; riprese
del sistema di video sorveglianza; accertamenti della P.G.). Inoltre il
Tribunale risponde in modo esaustivo a tutte le doglianze del difensore
dell’indagato, valutando correttamente tutti gli elementi probatori raccolti (si

nell’impugnata ordinanza si precisa che per l’estorsione alla P.O. Casulli c’è
una ripresa per il primo episodio estorsivo in cui il ricorrente è a viso scoperto
ed è stato riconosciuto dalla P.G.; P.G. che lo ha riconosciuto anche per il
secondo episodio — ove era travisato — per la sua particolare andatura e le
sue caratteristiche antropomorfiche. Per l’estorsione ai danni di Varlaro il
Tribunale osserva che il figlio della P.O. ha inseguito l’auto – dalla quale era
sceso uno dei due occupanti che, travisato, posizionava un ordigno – e ne ha
rilevato il numero di targa. La stessa auto poco dopo è stata intercettata dai
Carabinieri e a bordo vi erano due uomini ed uno era l’indagato De Leo:
entrambi erano vestiti così come aveva riferito la Persona Offesa. Anche per
l’estorsione al Soldato risulta, da una videoripresa, che, perlomeno, in una
delle occasioni nelle quali vi è stata la richiesta estorsiva da parte di tale
Farina, questi era accompagnato dal De Leo.
A fronte di ciò il ricorrente contrappone solo generiche contestazioni in
fatto. In proposito questa Corte ha più volte affermato il principio, condiviso
dal Collegio, che è inammissibile il ricorso per cassazione quando manchi
l’indicazione della correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione
impugnata e quelle poste a fondamento dell’atto di impugnazione, che non
può ignorare le affermazioni del provvedimento censurato, senza cadere nel
vizio di aspecificità, che conduce, ex art. 591, comma primo, lett. c), cod.
proc. pen. all’inammissibilità del ricorso (Si veda fra le tante: Sez. 1, sent. n.
39598 del 30.9.2004 – dep. 11.10.2004 – rv 230634). Ai sensi dell’articolo 616
cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, la
parte privata che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle
spese del procedimento, nonché — ravvisandosi profili di colpa nella
determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della
cassa delle ammende della somma di mille euro, così equitativamente fissata

vedano le pagine da 2 a 4 dell’impugnato provvedimento). In particolare

in ragione dei motivi dedotti. Inoltre, poiché dalla presente decisione non
consegue la rimessione in libertà del ricorrente, deve disporsi – ai sensi
dell’articolo 94, comma 1 ter, delle disposizioni di attuazione del codice di
procedura penale – che copia della stessa sia trasmessa al direttore
dell’istituto penitenziario in cui l’indagato trovasi ristretto perché provveda a

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di mille euro alla cassa delle ammende.
Si provveda a norma dell’articolo 94 delle disposizioni di attuazione del
codice di procedura penale.

Così deliberato in camera di consiglio, il 19/06/2013.

Il Consigliere estensore
Dottor Adriano !asino

Il Presidente
ttor Ciro Petti
2/3

Depositato in C
Roma, lì

quanto stabilito dal comma 1 bis del citato articolo 94.

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