Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 34990 del 11/06/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 34990 Anno 2014
Presidente: DI VIRGINIO ADOLFO
Relatore: PAOLONI GIACOMO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
FOLLIERO ALDO N. IL 06/03/1958
avverso la sentenza n. 980/2012 CORTE APPELLO di MILANO, del
16/01/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIACOMO PAOLONI;

Data Udienza: 11/06/2014

R.G. 50155 /2013

Con la sentenza suindicata la Corte di Appello di Milano ha confermato la sentenza
resa dal Tribunale di Monza, che nelle forme dl giudizio abbreviato ha dichiarato Aldo
Folliero colpevole del reato di evasione dal regime cautelare degli arresti domiciliari,
essendo stato riconosciuto da più carabinieri in strada nei pressi di una farmacia
(allorché, avvedutosi di tale circostanza, si dava a precipitosa fuga). Condotta illecita per
cui il prevenuto è stato condannato, con attenuanti generiche stimate equivalenti alla
contestata recidiva, alla pena di sei mesi di reclusione.
Avverso la sentenza di appello ha proposto ricorso l’imputato di persona,
deducendo erronea applicazione dell’art. 385 co. 3 c.p. e difetto di motivazione, poiché i
giudici di appello avrebbero confermato la condanna, pur non essendovi elementi di
certezza sulla effettività del suo riconoscimento compiuto sulla pubblica strada dai
militari operanti, e -in subordine- sulla asserita inammissibilità del motivo di appello
concernente la misura della pena.
Il ricorso è inammissibile per indeducibilità e manifesta infondatezza dei motivi di
censura, riproduttivi dei motivi di appello pur idoneamente vagliati e disattesi dalla Corte
territoriale (e, ancor prima, dalla stessa decisione del Tribunale), la cui motivazione
integra un più che adeguato vaglio, giuridicamente corretto, delle risultanze processuali,
attesa l’univoca conclamata sussistenza del reato ascritto al ricorrente, emergente
dall’affidabile riconoscimento operatone dai carabinieri (la relativa relazione di servizio
essendo atto pienamente utilizzabile in rapporto alla opzione processuale per il giudizio
allo stato degli atti). Ineccepibile è la mancata risposta della Corte territoriale sulla
censura afferente alla pena, stante la palese genericità del corrispondente motivo di grava
(“in subordine chiede che la pena inflitta venga ridotta”).
All’inammissibilità del ricorso segue per legge la condanna del ricorrente alla
rifusione delle spese processuali e al versamento dell’equa somma di euro 1.000,00 alla
cassa delle ammende.
P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro mille in favore della cassa delle ammende.
Roma, 11 giugno 2014

Fatto e diritto

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