Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 34983 del 24/04/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 34983 Anno 2013
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: DE CRESCIENZO UGO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
MAGLIONE PASQUALE N. IL 16/02/1977
avverso l’ordinanza n. 775/2012 TRIB. LIBERTA’ di BRESCIA, del
11/12/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. UGO DE CRESCIENZO;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.

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Uditi difensor Avv.;

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Data Udienza: 24/04/2013

MAGLIONE Pasquale, tramite il difensore, ricorre per Cassazione avverso
l’ordinanza 11.12.2012, con la quale il Tribunale del riesame di Brescia, ha
confermato l’ordinanza GIP Tribunale Brescia 22.11.2012 con la quale è stata
applicata la misura cautelare della Custodia in carcere.
La difesa richiede l’annullamento del provvedimento impugnato e deduce:
§1.) ex art. 606 p, comma lett. E) cpp, vizio di omessa motivazione in ordine alle
effettive esigenze cautelari e segnatamente sul punto relativo alla esclusione di
misure alternative rispetto a quello prescelta.
§2.) ex art. 606 I^ comma lett. B) ed e) cpp, erronea applicazione dell’art. 628 cp
perché l’atto di speronare l’autovettura della persona offesa, compiuto
nell’allontanarsi dal luogo ove erano stati sottratti 6.000 litri di olio non
integrerebbe gli estremi del delitto di rapina.
RITENUTO IN DIRITTO
Va premesso che la valutazione delle doglianze difensive soggiace ai noti limiti del
giudizio di legittimità. Infatti in materia di provvedimenti “de libertate”, la Corte di
Cassazione non ha alcun potere né di revisione degli elementi materiali e fattuali
delle vicende indagate (ivi compreso lo spessore degli indizi), né di rivalutazione
delle condizioni soggettive dell’indagato in relazione alle esigenze cautelari ed
all’adeguatezza delle misure; infatti, sia nell’uno che nell’altro caso si tratta di
apprezzamenti propri del giudice di merito. Il controllo di legittimità rimane
pertanto circoscritto all’esame del contenuto dell’atto impugnato per verificare, da
un lato le ragioni giuridiche che lo hanno determinato e, dall’altro l’assenza di
illogicità evidenti, nelle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del
provvedimento [Cass. SU 22.3.2011 n. 11; Cass. Sez. H 7.12.2011 n. 56; Cass. Sez
VI 12.11.1998 n. 3529; Cass. Sez. I ordinanza 20.3.1998 n. 1700; Cass. Sez. I
11.3.1998 n. 1496; Cass. Sez. I 20.2.1998 n. 1083]. Da quanto sopra discende che:
a) in materia di misure cautelari la scelta e la valutazione delle fonti di prova rientra
fra i compiti istituzionali del giudice di merito sfuggendo entrambe a censure in
sede di legittimità se adeguatamente motivate ed immuni da errori logico giuridici,
posto che non può contrapporsi alla decisione del Tribunale, se correttamente
giustificata, un diverso criterio di scelta o una diversa interpretazione del materiale
probatorio; b) la denuncia di insussistenza di gravi indizi di colpevolezza o di
assenza di esigenze cautelari è ammissibile solo se la censura riporta l’indicazione
precisa e puntuale di specifiche violazioni di norme di legge, ovvero l’indicazione
puntuale di manifeste illogicità della motivazione provvedimento, secondo i canoni
della logica ed i principi di diritto, esulando dal giudizio di legittimità sia le
doglianze che attengono alla ricostruzione dei fatti sia quelle che si risolvano in una
diversa valutazione delle circostanze esaminate e valorizzate dal giudice di merito.
1

MOTIVI DELLA DECISIONE

Per le suddette ragioni il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e il ricorrente
va condannato al pagamento delle spese processuali e della somma di € 1.000,00
alla Cassa delle Ammende, così equitativamente determinata la sanzione prevista

[v. in tal senso Cass sez. 111 21.10.2010 n. 40873]. Infatti Il sindacato del giudice di
legittimità sulla motivazione del provvedimento impugnato deve essere volto a
verificare che quest’ultima: a) sia “effettiva”, ovvero realmente idonea a
rappresentare le ragioni che il giudicante ha posto a base della decisione adottata; b)
non sia “manifestamente illogica”, perché sorretta, nei suoi punti essenziali, da
argomentazioni non viziate da evidenti errori nell’applicazione delle regole della
logica; c) non sia internamente “contraddittoria”, ovvero esente da insormontabili
incongruenze tra le sue diverse parti o da inconciliabilità logiche tra le affermazioni
in essa contenute; d) non risulti logicamente “incompatibile” con “altri atti del
processo” (indicati in termini specifici ed esaustivi dal ricorrente nei motivi posti a
sostegno del ricorso) in misura tale da risultarne vanificata o radicalmente inficiata
sotto il profilo logico [Cass. Sez. I 19.10.2011 n. 41738; e nello stesso senso Cass.
Sez. IV 3.5.2007 n. 22500; Cass. Sez. VI 15.3.2006 n. 109511
Passando quindi in disamina i punti di ricorso va osservato quanto segue.
Contrariamente a quanto asserito dal ricorrente con il primo motivo di ricorso, si
rileva che il Tribunale ha articolatamente indicato le ragioni per le quali non ha
ritenuto di applicare all’indagato una misura cautelare diversa da quella della
custodia in carcere. In particolare il Tribunale del riesame ha preso in
considerazione il vissuto giudiziario dell’indagato caratterizzato da condanne ed
esperienze carcerarie; il Tribunale ha preso in considerazione le modalità di
commissione del reato (di giorno con conseguente dimostrazione del disprezzo
delle regole e del senso di impunità) per pervenire alla complessiva conclusione
della esistenza di un pericolo di reiterazione di condotte criminose essendo
comprovato la totale assenza di autocontrollo nello imputato. La motivazione è
logica, adeguata, idonea a giustificare la misura cautelare prescelta nella previsione
che la pena non potrà essere contenuta nei minimi edittali, e non è censurabile nel
merito.
In ordine al secondo motivo di ricorso va osservato che la qualificazione giuridica
del fatto ascritto all’indagato è corretta; infatti, l’atto di speronare con il proprio, il
veicolo di colui che insegue, da parte di chi ha sottratto poco prima un bene
mobile, integra il delitto di rapina impropria, attesa la modalità violenta con la
quale viene posta in essere la dissuasione verso l’inseguitore, nell’evidenza di
conseguire l’impunità per la sottrazione compiuta. Le diverse considerazioni svolte
dalla difesa, costituiscono una valutazione soggettiva dei fatti e una ricostruzione
alternativa della vicenda che non possono essere prese in considerazione nella
presente sede

dall’art. 616 cpp, da applicarsi poichè si ravvisano estremi di responsabilità
secondo il dettato della citata disposizione.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di E 1.000,00 alla Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma il 24.4.2013

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