Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 34983 del 11/06/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 34983 Anno 2014
Presidente: DI VIRGINIO ADOLFO
Relatore: PAOLONI GIACOMO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
f DEIANA QUIRICO N. IL 29/03/1965
avverso la sentenza n. 341/2008 CORTE APPELLO SEZ.DIST. di
SASSARI, del 11/04/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIACOMO PAOLONI;

Data Udienza: 11/06/2014

R. G. 50026/2013

Con la sentenza suindicata la Corte di Appello di Cagliari sezione di Sassari ha
confermato la sentenza del Tribunale di Nuoro, con cui Quirico Deiana è stato condannato,
all’esito di giudizio abbreviato, alla pena di quattro mesi di reclusione per il reato di evasione
dal regime cautelare degli arresti domiciliari, non avendo rispettato i limiti dell’itinerario
prefissatogli per recarsi, come da autorizzazione dell’A.G., da Oliena (luogo di residenza e di
esecuzione della misura domestica) all’ospedale di Nuoro per sottoporsi a visita oculistica.
Per mezzo del difensore l’imputato impugna per cassazione la sentenza di appello,
deducendo erronea applicazione dell’art. 385 co. 3 c.p. e illogicità e contraddittorietà della
motivazione, poiché la decisione non ha dissolto il problema della effettiva sussistenza del
reato in rapporto alla reale violazione delle prescrizioni afferenti alla ricevuta autorizzazione a
recarsi in ospedale da Oliena a Nuoro. In ogni caso, pur volendosi ritenere integrata la
condotta elusiva della misura cautelare, la stessa non è certamente sorretta dal dolo, cioè
dalla effettiva volontà di sottrarsi ala stessa misura ovvero di eludere i controlli di p.g.
Il ricorso è inammissibile, oltre che per genericità (per l’acritica riproduzione dei
vagliati motivi di appello), per indeducibilità e manifesta infondatezza dei motivi di censura,
con i quali si opera una rivisitazione fattuale delle fonti di prova apprezzate con logico giudizio
dalle due conformi sentenze di merito, improponibile nel giudizio di legittimità e -nel
contempo- si interpretano distonicamente le disposizioni incriminatrici dell’evasione dalla
custodia domiciliare rispetto ai caratteri di tale custodia.
La misura cautelare domiciliare è misura coercitiva inframurale equiparata a tutti gli
effetti alla custodia in carcere. Sicché i limiti, di natura spaziale, motoria e relazionale, imposti
con la custodia in carcere allo status libertatis del soggetto sono interamente riprodotti nella
cautela domestica. La fattispecie criminosa è integrata da un reato proprio a forma libera, nel
senso che il bene giuridico protetto, cioè l’esigenza di assicurare il costante rispetto delle
decisioni giudiziarie limitative della libertà personale, può essere offeso con qualsiasi modalità
esecutiva e quali che siano i motivi che inducono il soggetto ad eludere la vigilanza sullo stato
custodiale ed a sottrarsi alla stessa. La struttura normativa della condotta sanzionata è
realizzata da qualsiasi forma di sottrazione o elusione rispetto alla misura domestica ed al suo
stretto ambito spaziale di rigorosa interpretazione. Il reato è perfezionato dal semplice
volontario allontanamento dalla sede cautelare domiciliare (nel caso di specie dalla
inosservanza puntuale dell’itinerario predefinito dall’A.G.), pur se le motivazioni dell’agire non
si traducano nella decisione di sottrarsi in via definitiva alla misura domestica (Sez. 6,
22.2.1999 n. 3948, Fiore, rv. 213887). E’ sufficiente che la condotta di uscita o elusione (id
est evasione) dell’imputato o condannato dallo stretto ambito del suo domicilio sia sorretta
dalla consapevolezza di fruire di una libertà di movimento spazio-temporale che gli è preclusa
(ove versasse in regime carcerario) dalla corretta esecuzione della misura domiciliare. Con
l’ovvia conseguenza che il fatto di allontanarsi dal domicilio o di deviare dal prefissato
itinerario (in caso di allontanamento autorizzato) giammai può essere equiparato ad una mera
violazione delle prescrizioni attinenti agli obblighi imposti con la misura domestica (cautelare
o esecutiva) con effetti escludenti il reato di evasione, poiché la permanenza del soggetto
nello stretto ambito del suo domicilio (o percorso) rappresenta per definizione l’obbligo
essenziale del sottoposto alla misura e non mera imposizione a tale obbligo accessoria (Cass.
Sez. 4, 3.6.1997 n. 1554, P.M. in proc. Cuoco, rv. 207924).
All’inammissibilità dell’impugnazione segue per legge la condanna del ricorrente alla
rifusione delle spese processuali e al versamento di una somma alla cassa delle ammende,
che si ritiene conforme a giustizia determinare in euro 1.000,00 (mille).
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro mille in favore della cassa delle ammende.
Roma, 11 giugr 2014

Fatto e diritto

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