Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 34981 del 24/04/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 34981 Anno 2013
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: DE CRESCIENZO UGO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
DI PALMA LIBERATA N. IL 19/05/1969
avverso l’ordinanza n. 7684/2012 TRIB. LIBERTA’ di NAPOLI, del
30/10/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. UGO DE CRESCIENZO;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.

Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 24/04/2013

DI PALMA Liberata, con ordinanza 4.10.2012 del GLP del Tribunale di Napoli, è
stata sottoposta alla misura della custodia cautelare in carcere per il delitto di cui al
capo A) dell’imputazione (art. 74 dpr 309/90 per avere partecipato ad
un’associazione finalizzata al traffico di stupefacenti) e per i delitti di cui ai capi E),
I), Y) AD), AU) (specifici episodi di scambio-vendita di stupefacenti) ed infine per
la detenzione illegale di un’arma (Capo BZ).
Il Tribunale del riesame con ordinanza del 30.10.2012 ha confermato l’ordinanza
cautelare rigettando tutte le doglianze formulate dalla difesa.
La ricorrente, personalmente richiede l’annullamento della decisione impugnata
deducendo:
§1.) ex art. 606 p\ comma lett. e) cpp, vizio di motivazione sia con riferimento alla
gravità degli indizi sia con riferimento alla sussistenza delle esigenze cautelari: la
ricorrente lamenta che il Tribunale del riesame, con riferimento al delitto di cui al
capo A), non avrebbe esaminato le questioni relative alla: 1) insussistenza dei gravi
indizi di colpevolezza per la violazione dell’art. 74 dpr 309/90; 2) incompatibilità
dell’aggravante ex art. 3 e 4 1. 146/2006 con il reato associativo ex art. 74 dpr
309/90. Con riferimento al capo BZ il Tribunale del riesame secondo la ricorrente
non avrebbe affrontato la questione relativa all’inesistenza dei gravi indizi di
colpevolezza, essendosi limitato a richiamare il contenuto della ordinanza cautelare
senza una valutazione critica delle prove. La ricorrente lamenta inoltre che il
Tribunale: a) non ha sostituito la misura cautelare in atto con quella degli arresti
domiciliari; b) non ha esaminato la questione riguardante le esigenze cautelari; c)
non ha esaminato l’aspetto della mancanza del rischio concreto di reiterazione della
condotta illecita; d) non ha esaminato l’aspetto relativo all’incensuratezza della
ricorrente da valutarsi anche con riferimento all’epoca di commissione dei fatti
illeciti, in tal modo omettendo di prendere in considerazione quanto indicato dalla
difesa nella memoria depositata il 30.10.2012.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il Tribunale del riesame, valutando la posizione della ricorrente ha messo in
evidenza gli elementi di prova a carico della stessa desunti dal contenuto di
intercettazioni telefoniche dimostrative: 1) dell’esistenza di un’associazione dedita
allo spaccio di sostanze stupefacenti; 2) del ruolo rivisto dall’imputata all’interno
dell’organizzazione criminale; 3) della commissione da parte dell’indagata dei reati
fine indicate nelle imputazioni in atti.
specifiche
Il Tribunale, per ciascuno degli illeciti contestati, ha indicato
conversazioni telefoniche intercettate, riportandone il contenuto ed esprimendo
valutazioni ed apprezzamenti critici pervenendo alla conclusione che l’indagata
(individuata nelle intercettazioni telefoniche con il nome di Tina) è pienamente
1

MOTIVI DELLA DECISIONE

2

inserita nella gestione del traffico degli stupefacenti nell’ambito di organizzazione
criminale guidata dal DI PALMA. Il Tribunale valutando la posizione dell’indagata
osserva anche che gli altri associati la hanno individuata come uno stabile punto di
riferimento cui ricorrere in sostituzione del capo, contattandola anche direttamente
per concludere pagamenti, nella specie utilizzando tessere intestate alla donna.
Con riferimento al capo BZ (codetenzione di un’arma) il Tribunale ha fondato il
proprio giudizio attraverso due precise conversazioni telefoniche, e un riscontro
oggettivo costituito dai fotogrammi delle riprese ambientali effettuate dalla polizia
giudiziaria che ritraggono la DI PALMA nell’atto di detenere un pacchetto ed una
busta di plastica.
La ricorrente formula in questa sede censure inammissibili sotto molteplici profili,
perché: 1) sono generiche ed avulse dal contesto argomentativo della motivazione;
2) non indicano in modo specifico e puntuale il vizio di motivazione che deve
essere desumibile dal testo del provvedimento impugnato, così come stabilito dallo
stesso articolo 606 I^ comma lett. E) cpp; 3) introducono valutazioni di fatto che
non sono suscettibili di apprezzamento in sede di legittimità.
Anche la doglianza relativa ad un’omessa motivazione di quanto argomentato dalla
difesa con la memoria depositata nel corso della udienza celebratasi avanti il
Tribunale del riesame appare del tutto generica, perchè, con riferimento ai
sufficienti indizi di reità non sono state indicate le specifiche argomentazioni
difensive che confutative delle prove poste a base del provvedimento, non sono
state prese in considerazione dal Tribunale del riesame.
Il difetto di genericità del ricorso va rilevato anche in relazione alle censure mosse
in ordine alle ritenute esigenze cautelari.
Il Tribunale del riesame, alla luce degli elementi indizianti riferiti alle singole
imputazioni mosse e della complessiva valutazione della misura del coinvolgimento
della indagata nella vicenda penale formula un giudizio di pericolosità sociale
(definita “allarmante”) della prevenuta che viene ritenuta “stabile punto di
riferimento per gli associati”, “fidatissima frenetica collaboratrice del vertice del
clan”, “affettivamente legata” a colui che si pone al vertice, “esperta del mestiere”,
che ha svolto “stabile attività di supporto al sodalizio”. Il Tribunale ha posto in
risalto che l’abitazione dell’indagata era la sede principale dell’attività illecita del
commercio degli stupefacenti e quindi base logistica ed organizzativa del
programma criminoso.
Sulla base dei suddetti elementi il Tribunale ha pertanto ritenuto elevatissimo il
pericolo di recidivanza dell’indagata ai sensi dell’art. 274 lett. C) cpp.
La motivazione è adeguata e il suo contenuto esplicativo supera l’omessa
considerazione della condizione di incensuratezza della ricorrente. La circostanza
che l’indagata non abbia subito condanne in epoca antecedenti di per sè non è
dirimente del giudizio prognostico della reiterabilità di illecite condotte, una volta

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di e 1.000,00 alla cassa delle ammende.
Si provveda ex art. 94 disp. Att. Cpp.
Così deciso in Roma il 24.4.2013

che sia stato assodato il grado di coinvolgimento dell’indagata nel compimento di
gravi, complesse illecite condotte perduranti nel tempo.
Parimenti appare privo di rilievo e non incidente sulla logicità della motivazione il
fatto che sia decorso un apprezzabile lasso di tempo tra il momento della
commissione dei reati contestati e quello della esecuzione della misura cautelare
personale.
Anche per questo aspetto la censura della difesa è manifestamente infondata: in
primo luogo è generica, perchè non fornisce indicazioni su elementi concreti che,
unitamente al semplice decorso del tempo, consentano di ritenere che l’attività
illecita dell’indagata al momento del suo arresto fosse cessata; in secondo luogo la
doglianza introduce in questa sede una valutazione di fatto (pericolosità della
indagata correlata al tempus commissi delicti) individuata in termini generici ed
inidonei a dimostrare l’illogicità della motivazione con la quale il Tribunale in
modo specifico, analitico e puntuale ha descritto gli elementi di fatto sui quali ha
fondato il proprio giudizio.
Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile. La ricorrente va
condannata al pagamento delle spese processuali e della somma di 1.000,00 alla
cassa delle Ammende, così forfettariamente determinata la sanzione prevista
dall’art. 616 cpp che si ritiene applicabile al caso di specie.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. Alt Cpp.

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