Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 34970 del 19/06/2013


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 2 Num. 34970 Anno 2013
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: IASILLO ADRIANO

SENTENZA
Sul ricorso proposto dall’Avvocato Giuseppe Milicia, quale difensore di
Gramuglia Matteo (n. il 12/05/1953), avverso la sentenza della Corte di
appello di Reggio Calabria, Sezione penale, in data 06/03/2012.
Sentita la relazione della causa fatta, in pubblica udienza, dal Consigliere
Adriano lasillo.
Udita la requisitoria del Sostituto Procuratore Generale, dottor Aurelio
Galasso, il quale ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
OSSERVA:

Data Udienza: 19/06/2013

Con sentenza del 20/07/2005, il Tribunale di Reggio Calabria dichiarò
Gramuglia Matteo responsabile del reato di ricettazione e — concesse le
attenuanti generiche — lo condannò alla pena di anni 1 e mesi 4 di reclusione
ed € 400,00 di multa.
Avverso tale pronunzia l’imputato propose gravame ma la Corte di
appello di Reggio Calabria, con sentenza del 06/03/2012, confermò la

Ricorre per cassazione il difensore dell’imputato deducendo la
violazione di legge per mancata acquisizione di una prova decisiva. Rileva, in
particolare, che l’elemento psicologico del reato è stato desunto dalla
mancata o non credibile giustificazione del ricorrente in ordine
all’acquisizione del bene di illecita provenienza; però non è stato acquisito il
verbale di spontanee dichiarazioni rese — nella fase delle indagini preliminari
– dal Gramuglia alla P.G. nelle quali l’imputato indicava da chi aveva
acquistato l’auto. Il difensore del ricorrente sottolinea che il Tribunale ha
inspiegabilmente ritenuto di non poter acquisire il predetto verbale e che la
Corte di merito non ha proceduto all’acquisizione “sul presupposto del
mancato consenso del P.G.”.
Il ricorrente conclude, pertanto, per l’annullamento dell’impugnata
sentenza.

motivi della decisione

Il ricorso è infondato e va, pertanto, rigettato. Invero per quanto
riguarda l’accertata penale responsabilità entrambi i Giudici di merito hanno
evidenziato che l’imputato era in possesso di un’autovettura di provenienza
furtiva e che non aveva, poi, fornito alcun elemento di tale possesso da ciò
ricavando la sussistenza dell’elemento psicologico del reato. Ciò in
conformità del principio, più volte affermato dalla consolidata giurisprudenza
di questa Corte, secondo il quale ai fini della configurabilità del reato di
ricettazione, la prova dell’elemento soggettivo può essere raggiunta anche
sulla base dell’omessa – o non attendibile – indicazione della provenienza
della cosa ricevuta, la quale è sicuramente rivelatrice della volontà di
occultamento, logicamente spiegabile con un acquisto in mala fede (Sez. 2,

decisione di primo grado.

Sentenza n. 2436 del 27/02/1997 Ud. – dep. 13/03/1997 – Rv. 207313; Sez.
2, Sentenza n. 16949 del 27/02/2003 Ud. – dep. 10/04/2003 – Rv. 224634).
Orbene, il ricorrente non si lamenta di quanto sopra, ma rileva unicamente
che egli avrebbe rilasciato delle dichiarazioni spontanee alla Polizia
Giudiziaria, nel corso delle indagini preliminari, nelle quali avrebbe indicato
da chi aveva acquistato l’auto e le modalità di acquisto. Contesta, quindi,
solo la validità della decisione della Corte di appello di non acquisire le

predette dichiarazioni. Si deve, in proposito, rilevare che solo all’ultima
udienza — quella del 20.07.2005 nel corso della quale viene emessa la
sentenza del Tribunale — il difensore chiede l’acquisizione delle predette
dichiarazioni e indagini su tutto ciò che è accaduto. Il Tribunale rigetta la
richiesta affermando che “sarebbe stato onere dell’imputato fornire le
indicazioni necessarie anche al fine di eventuali approfondimenti istruttori e
che nessuna indicazione è invece pervenuta dallo stesso”.

Il difensore

dell’imputato impugna la suddetta sentenza contestando il principio di diritto,
di cui sopra, secondo il quale si può ricavare la sussistenza dell’elemento
psicologico sulla base dell’omessa – o non attendibile – indicazione della
provenienza della cosa ricevuta; ribadisce che nel corso delle indagini il
Gramuglia aveva rilasciato dichiarazioni spontanee, ma non impugna la
decisione del Tribunale di rigettare la richiesta di acquisizione delle predette
dichiarazioni e soprattutto, nulla rileva in proposito nè allega le predette
dichiarazioni o chiede la rinnovazione dell’istruzione dibattimentale per
acquisirle. Infatti, a pagina 2 dell’appello, afferma unicamente che
“indipendentemente dal fatto che il Giudice di primo grado ha rigettato la
richiesta difensiva di acquisizione al fascicolo del dibattimento delle predette
dichiarazioni …comunque”

ed evidenzia, quindi, che la prova della

sussistenza dell’elemento oggettivo e soggettivo incombeva sull’accusa. Solo
nel corso dell’udienza avanti alla Corte di appello si chiede l’acquisizione
delle suddette dichiarazioni. Già quanto sopra evidenziato rivela
l’infondatezza dell’odierno ricorso, ma vi è di più. La Corte di appello nella
motivazione della sentenza rileva, tra l’altro, che nhp “non risultano agli atti le
asserite dichiarazioni rilasciate in fase di indagini preliminari”. Orbene a

fronte di quanto sopra, perlomeno con il ricorso in Cassazione, il difensore
dell’imputato avrebbe dovuto produrre una copia delle predette famose
3

dichiarazioni anche in ossequio del principio della necessaria autosufficienza
del ricorso più volte affermato da questa Suprema Corte (Sez. 6, Sentenza n.
45036 del 02/12/2010 Ud. – dep. 22/12/2010 – Rv. 249035); ma ciò non è
stato fatto. Inoltre, il difensore del ricorrente avrebbe dovuto indicare anche la
rilevanza delle predette dichiarazioni ai fine della decisione visto che
secondo l’imputato da esse si sarebbe potuto ricavare da chi aveva
dallo stesso evidenziato (a pagina 2 dell’appello) “che l’autovettura aveva
subito due sinistri e che per la riparazione della stessa era stato necessario
sostituire parti della carrozzeria e del motore” (si veda, sul punto, anche

pagina 3 dell’impugnata sentenza; si deve in proposito tener presente che
l’istruttoria — di cui si è presa visione nel consultare il fascicolo per verificare
quanto sostenuto nel ricorso e sopra esposto – ha accertato che il telaio
dell’autovettura aveva i numeri contraffatti e con i reagenti usati si è potuto
risalire al numero originale del telaio dell’autovettura rubata). Appare
opportuno ricordare che questa Suprema Corte ha più volte affermato il
principio — condiviso dal Collegio – che atteso il carattere eccezionale della
rinnovazione dell’istruzione dibattimentale in appello, il mancato
accoglimento della richiesta volta ad ottenere detta rinnovazione in tanto può
essere censurato in sede di legittimità in quanto risulti dimostrata,
indipendentemente dall’esistenza o meno di una specifica motivazione sul
punto nella decisione impugnata, la oggettiva necessità dell’adempimento in
questione e, quindi, l’erroneità di quanto esplicitamente o implicitamente
ritenuto dal giudice di merito circa la possibilità di “decidere allo stato degli
atti”, come previsto dall’art. 603, comma 1, del codice di procedura penale.

Ciò significa che deve dimostrarsi l’esistenza, nell’apparato motivazionale
posto a base della decisione impugnata, di lacune o manifeste illogicità,
ricavabili dal testo del medesimo provvedimento o da altri atti specificamente
indicati (come previsto dall’art. 606, comma 1, lett. E, c.p.p.) e concernenti
punti di decisiva rilevanza, le quali sarebbero state presumibilmente evitate
qualora fosse stato provveduto, come richiesto, all’assunzione o alla
riassunzione di determinate prove in sede di appello. (Si vedano: Sez. 1,
Sentenza n. 9151 del 28/06/1999 Ud. – dep. 16/07/1999 – Rv. 213923; Sez.
5, Sentenza n. 12443 del 20/01/2005 Ud. – dep. 04/04/2005 – Rv. 231682).

9-

acquistato l’auto e le modalità di acquisto, ma nulla dice il ricorrente sul fatto

Invece, come già detto, l’imputato si è limitato a generiche contestazioni a
quanto rilevato dalla Corte territoriale. In particolare non ha tenuto conto degli
argomenti – sopra sinteticamente ricordati — sulla base dei quali il Giudice di
merito ha ritenuto la piena consapevolezza del prevenuto dell’illiceità della
sua condotta. Quanto sopra rivela, ulteriormente, l’infondatezza del ricorso,
trattandosi, con evidenza, di giudizio di merito sottratto all’esame di questa

un’adeguata motivazione.
Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che
rigetta il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al
pagamento delle spese del procedimento.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali

Così deliberato in camera di consiglio, il 19/06/2013.

Corte di legittimità se ben sorretto — come è nel nostro caso — da

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA