Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3497 del 08/10/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 3497 Anno 2014
Presidente: CARMENINI SECONDO LIBERO
Relatore: DIOTALLEVI GIOVANNI

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
COVACI MOISE N. IL 16/04/1990
avverso la sentenza n. 9764/2012 GIUDICE UDIENZA
PRELIMINARE di PALERMO, del 25/01/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIOVANNI
DIOTALLEVI;

Data Udienza: 08/10/2013

Considerato che:
Covaci Moise ricorre avverso la sentenza, in data 25 gennaio 2013,
‘del Gup del Tribunale di Palermo, con cui gli è stata applicata,
sull’accordo delle parti ex art. 444 cod. proc. pen., per il reato di
rapina e altro la pena concordata, e chiedendone l’annullamento, si duole
. della mancanza di motivazione in ordine alla congruità del trattamento
sanzionatorio;

richiesta delle parti, escludendo che ricorra una delle ipotesi di
proscioglimento di cui all’art.129 cod. proc. pen., può essere oggetto di
controllo di legittimità, sotto il profilo del vizio di motivazione,
soltanto se dal testo della sentenza impugnata appaia evidente la
sussistenza delle cause di non punibilità di cui all’art.129 succitato”.
(Cass. pen. sez. 3, 18.6.99, Bonacchi ed altro, 215071);
“Nel ricorso per cassazione, avverso sentenza che applichi la pena
nella misura patteggiata tra le parti, non e’ ammissibile proporre
motivi concernenti la misura della pena, a meno che si versi in ipotesi
di pena illegale. La richiesta di applicazione della pena e l’adesione
alla pena proposta dall’altra parte integrano, infatti, un negozio di
natura processuale che, una volta perfezionato con la ratifica del
giudice che ne ha accertato la correttezza, non e’ revocabile
unilateralmente, sicché la parte che vi ha dato origine, o vi ha aderito
e che ha così rinunciato a far valere le proprie difese ed eccezioni,
non e’ legittimata, in sede di ricorso per cassazione, a sostenere
tesi concernenti la congruità della pena, in contrasto con
l’impostazione

dell’accordo

al

quale

le parti processuali sono

addivenute”. (cass. pen. sez 3, 27.3.2001, Ciliberti, 219852).
Uniformandosi all’orientamento, espresso dalle citate massime, che
il Collegio condivide, va dichiarata inammissibile l’impugnazione;
peraltro nella sentenza risulta verificata la insussistenza di elementi
‘che importino decisioni ex art. 129 c.p.p.;
Ne consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché al versamento, in
favore della Cassa delle ammende, di una somma che, considerati i profili
di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in Euro
1500;

“La sentenza del giudice di merito che applichi la pena su

PQM
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali e della somma di Euro 1500 in favore della Cassa
delle ammende.

Roma,li 8 o tobre 2013

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