Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 34967 del 11/06/2014
Penale Ord. Sez. 7 Num. 34967 Anno 2014
Presidente: DI VIRGINIO ADOLFO
Relatore: VILLONI ORLANDO
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
CASTALDO SANTO N. IL 16/06/1980
avverso la sentenza n. 6985/2012 CORTE APPELLO di NAPOLI, del
07/11/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ORLANDO VILLONI;
Data Udienza: 11/06/2014
Motivi della decisione
L’imputato Cataldo Santo ricorre contro l’indicata sentenza della Corte d’Appello di Napoli, che
a seguito di parziale annullamento con rinvio pronunziato da questa Corte di Cassazione in data 05/04/2012 con esclusivo riferimento alla determinazione della pena, ha confermato la sentenza emessa dal Tribunale di Nola in data 29/09/2004, ribadendo la condanna inflittagli in primo grado nella misura di nove mesi di reclusione ed € 200,00 di multa, convertita in quella
corrispondente della multa e condizionalmente sospesa, per il reato di ricettazione di un ciclomotore (art. 648 cod. pen.).
Il ricorso è inammissibile poiché consistente di un motivo non consentito, dal momento che
l’annullamento con rinvio disposto in sede di legittimità riguardava unicamente la rilevata contraddittorietà tra la misura della pena confermata (nove mesi) e l’inopinata riduzione operata
in dispositivo (alla misura di sei mesi), tale da consentirne la conversione nella pena pecuniaria corrispondente ai sensi dell’art. 53 I. n. 689 del 1981, per contro invece formato il giudicato sull’an della responsabilità penale.
All’inammissibilità dell’impugnazione segue, come per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento di una somma in favore della cassa delle
ammende, che stimasi equo quantificare in euro 1.000,00 (mille).
P. Q. M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
e della somma di Euro 1.000,00 (mille) in favore della cassa delle ammende.
Roma, 11 giugno 2014
Il ricorrente deduce vizio di motivazione in ordine alla mancata considerazione che il bene
ritenuto oggetto di ricettazione era in realtà di proprietà del padre.