Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 34947 del 09/08/2013
Penale Sent. Sez. F Num. 34947 Anno 2013
Presidente: FRANCO AMEDEO
Relatore: PATERNO’ RADDUSA BENEDETTO
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
HAYAT SIKANDAR N. IL 12/11/1972
avverso la sentenza n. 14/2013 CORTE APPELLO di BRESCIA, del
08/07/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. BENEDETTO
PATERNO’ RADDUSA;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott. A/1
0,<4A
4A—
1 Cf 44 . cn, 7 Uditi difensor Avv.; Data Udienza: 09/08/2013 Ritenuto in fatto
1. Con sentenza dell'8 luglio 2013, la Corte di appello di Brescia, in relazione al
mandato di arresto europeo, emesso in data 16 aprile 2013 dalla Procura della emesso al fine il 12 aprile precedente dalla Pretura di Detmold , ha disposto la
consegna all'autorità giudiziaria tedesca di Hayat Sikandar, al fine del suo
perseguimento penale per il reato previsto dagli artt 96 e 97 della normativa
tedesca in materia di introduzione clandestina commessa in banda e con modalità
professionali.
2. Il ricorrente , in particolare , è stato chiesto in consegna per aver - in concorso
con altre persone, in nove diverse occasioni, e nell'arco di circa un anno ( dal
novembre del 2010) - favorito l'ingresso clandestino in Germania e Danimarca di
cittadini extracomnitari di diversa provenienza privi di documenti e di titoli di
soggiorno , organizzando il trasferimento da Brescia ( dove riceveva e alloggiava
gli interessati ) da dove poi veicolava gli stranieri in oggetto consegnandoli per il
viaggio ad autisti dallo stesso reclutati. 3. Avverso tale sentenza propone ricorso per Cassazione il difensore della persona
richiesta in consegna, articolando un unico motivo di gravame, con il quale
denuncia violazione di legge avuto riguardo al disposto di cui all'art. 18 lettera P
legge 69/05 . In particolare, lamenta che la fattispecie delittuosa sottesa al Mae
risulta in parte commessa in Italia , come riconosciuto dalla stessa Corte
distrettuale, sulla base di una descrizione dell'attività delittuosa precisa e
dettagliata tale da rassegnare gli elementi tipici di una notizia di reato utile a
consentire allla A G italiana il contestuale esercizio dell'azione penale.
Segnala al contempo che malgrado tale emergenza la Corte non ha ritenuto
applicabile alla specie la ragione di rifiuto cristallizzata alla lettera p dell'ad 18
legge 69/05 in ragione della operatività dell'accordo bilaterale tra Germania e
Italia del 24 ottobre 1979 ( ratificato con legge 969/84), ritenendo , alla luce
dell'ad 2 della detta convenzione , non opportuno il rifiuto della consegna.
Secondo la difesa , proprio in ragione dei principi dettatati in materia dalla Corte
di Cassazione negli arresti richiamati dalla Corte distrettuale a supporto della
decisione , il detto accordo blaterale non dovrebbe trovare applicazione laddove
l'attività delittuosa realizzatasi in Italia , letta in raffronto a quelle rese nel
territorio estero, abbia connotazioni di secondarietà e minor rilevanza , cosa nella repubblica di Detmold ( Germania ) reso in forza del provvedimento restrittivo specie contraddetta dal tenore della contestazione mossa alla base del mae
- processuale .
CONSIDERATO IN DIRITTO
4. Il ricorso è infondato ritenendo ingiustificate le censure mosse alla decisione
impugnata in ragione della prospettata violazione della L. 22 aprile 2005, n. 69, art.
18, comma 1, lett. p). E' pacifico che, sulla base di quanto esposto sia nel MAE sia nel
provvedimento cautelare emesso dall'a.g. tedesca a carico del ricorrente , i fatti nazionale, e quindi per essi si ricadrebbe nel motivo di rifiuto della consegna
contemplato dalla L. n. 69 del 2005, art. 18, comma 1, lett. p). La condotta sottesa ai
diversi favoreggiamenti imputati al ricorrente si muove dentro i confini del territorio
italiano per quanto attiene alla organizzata e reiterata ricezione degli stranieri
extracomunitari interessati all'ingresso clandestino in Germania e Danimarca;
all'alloggio agli stessi garantiti ; alla predisposizione dei mezzi e delle modalità del
viaggio finalizzati all'ingresso clandestino degli stessi nei detti paesi di destinazione.
5. Lo stesso provvedimento impugnato , in parte qua , si muove del tutto
pedissequamente lungo le linee tracciate dalla prevalente giurisprudenza di questa
Corte , affermando che , in astratto sussiste la causa ostativa alla consegna di cui alla
citata norma di legge allorquando anche una parte sola della condotta si sia verificata
nel territorio italiano (tra le altre, Sez. 6, n. 47133 del 18/12/2007, Lichtenberger, Rv.
238159; Sez. 6, n. 1180 del 07/01/2008, Lichtenberger, Rv. 238228; Sez. 6, n.
40287 del 28/10/2008, Erikci, Rv. 241519; Sez. 6, n. 16115 del 24/04/2012, G., Rv.
252507); fermo restando che la giurisdizione italiana fondata su tale criterio
territoriale deve risultare con certezza, non potendosi ritenere sufficiente la mera
ipotesi che il reato sia stato commesso in tutto o in parte nel territorio dello Stato
(Sez. 6, n. 45669 del 29/12/2010, Llanaj, Rv. 248973). 6. Al contempo , la Corte distrettuale , del tutto correttamente e coerentemente , ha
escluso che nella specie potesse trovare applicazione l'ipotesi di rifiuto chiamata a
sostegno del ricorso , in linea con quanto puntualmente esposto in altri analoghi
precedenti da questa stessa Corte ( si veda in particolare la sentenza della Sez. 6, n.
45524 del 20/12/2010, Ahmad, e più di recente quella dsitinta dal nr 20281/13 resa
dalla stessa sezione) , che qui di seguito si riportano e si condividono interamente. 7. L'art. 18 comma I lettera p della legge 69/05 che prevede il divieto della consegna se
il mandato d'arresto europeo riguarda reati che dalla legge italiana sono considerati
reati commessi in tutto o in parte nel suo territorio, o in luogo assimilato al suo
territorio , trae origine da uno dei motivi facoltativi di rifiuto della consegna previsti
dalla decisione-quadro del 2002 (art. 4, par. 7), che, a sua volta, si ispira all'art. 7
della Convenzione europea di estradizione, con il quale si è inteso dare preminente contestati devono considerarsi come commessi, sia pure in parte, nel territorio rilievo alla giurisdizione territoriale dello Stato richiesto (l'Etat ne livre pas ses
justiciables), risolvendo in favore di quest'ultimo un ipotetico conflitto positivo di
giurisdizione sul medesimo fatto di reato.
8. Tale norma deve tuttavia essere coordinata con quanto stabilisce l'art. 31 della stessa
decisione-quadro del 2002. Con tale disposizione sono invero stati fatti salvi (senza
onere di notifica) gli accordi e le intese bilaterali o multilaterali vigenti al momento
della sua adozione "nella misura in cui questi consentono di approfondire o di andare
oltre gli obiettivi di quest'ultima e contribuiscono a semplificare o agevolare relazioni con gli Stati membri che non sono parti degli stessi. Ora, nei rapporti con la
Germania, deve ritenersi ancora applicabile l'art. H dell'Accordo bilaterale aggiuntivo,
stipulato il 24 ottobre 1979 e ratificato in Italia con la L. 11 dicembre 1984, inteso a
facilitare tra le Parti l'applicazione della Convenzione europea di estradizione del 1957,
con il quale è stata limitata l'incidenza del motivo di rifiuto di cui all'art. 7 della stessa
Convenzione nell'ipotesi in cui la domanda di consegna riguardi anche altri reati non
soggetti alla giurisdizione dello Stato di rifugio, qualora risulti opportuno far giudicare
tutti i suddetti reati dall'autorità giudiziaria dello Stato richiedente. Questa
disposizione, diretta a risolvere i frequenti casi di domande estradizionali per reati
cross-border o comunque caratterizzati da transnazionalità, in considerazione della
contiguità territoriale tra i due Paesi, si pone non solo in linea con la clausola di
salvezza contenuta nel citato art. 31 della decisione-quadro, in quanto obiettivamente
diretta a facilitare la consegna della persona ricercata, superando un ostacolo alla
cooperazione bilaterale, ma appare anticipare ed ora anche dare puntuale attuazione
ai principi contenuti nella recente decisione- quadro 2009/948/GAI del 30 novembre
2009 sulla prevenzione e la risoluzione dei conflitti relativi all'esercizio della
giurisdizione nei procedimenti penali. Con tale nuovo strumento, gli Stati membri
hanno inteso concretizzare uno degli obiettivi espressamente previsti dal Trattato
dell'Unione europea (ora Trattato sul funzionamento dell'Unione europea), ove all'art.
82, comma 1, lett. b), si prevede che le azioni comuni nel settore della cooperazione
giudiziaria in materia penale devono "prevenire e risolvere i conflitti di giurisdizione tra
gli Stati membri". Scopo della decisione-quadro è non solo stabilire un meccanismo di
composizione dei conflitti di giurisdizione, qualora già risultino pendenti in due o più
Stati membri "procedimenti paralleli" ovvero procedimenti penali per gli stessi fatti in
cui è implicata la stessa persona, ma anche soprattutto obbligare gli Stati membri a
prevenire l'insorgenza di tali situazioni. In tal senso, il preambolo chiarisce che
obiettivo della decisione-quadro è evitare procedimenti penali paralleli superflui, in
quanto nello spazio comune di libertà, sicurezza e giustizia, il principio di
obbligatorietà dell'azione penale, che informa il diritto processuale in vari Stati
membri, deve essere inteso e applicato in modo da ritenerlo soddisfatto "quando ogni ulteriormente la consegna del ricercato" e sempre che gli stessi non pregiudichino le Stato membro garantisce l'azione penale in relazione ad un determinato reato"
(paragrafo n. 12). E' di rilievo che sottesa alla prevenzione e soluzione dei conflitti di
giurisdizione non è solo l'esigenza di evitare che per la stessa vicenda vi sia una
dispersione di energie processuali dei singoli Stati impegnati in processi che - in
un'ottica di reciproca fiducia - potrebbero essere condotti da uno solo di essi, ma
anche - come ricorda il preambolo (consideranda nn. 3 e 12) della stessa decisionequadro - la necessità di impedire la violazione del divieto del ne bis in idem, quindi di
un principio posto a garanzia dell'individuo - che significativamente è stato elevato ora, con l'entrata in vigore del Trattato di Lisbona, è da ritenere direttamente
applicabile in tutti i sistemi giuridici nazionali, accanto alle Costituzioni nazionali" ( così
in termini pedissequamente ritrascritti , i due arresti di questa Corte sopra in
premessa richiamati) .
9. Una volta accertato che nella specie può trovare applicazione l'art. H dell'accordo
intercorso tra Italia e Germania, stipulato il 24 ottobre 1979, ratificato in Italia con la
legge 11 dicembre 1984 (G.U. 29 gennaio 1985, n. 24, suppl. ord.), ed entrato in
vigore il 4 luglio 1985 (G.U. 6 luglio 1985, n. 158), resta da verificare a chi spetti di
farne applicazione e, ancora, quali siano i criteri di "opportunità" in base ai quali può
essere stabilita la consegna di una persona all'a.g. tedesca per fatti soggetti alla
giurisdizione italiana, qualora detta persona, come nella specie, debba essere
consegnata per altri fatti non rientranti nella giurisdizione italiana.
Come espressamente precisato da ultimo da questa Corte ( cfr la citata sentenza
20281/13 ) quanto al primo aspetto, una volta trasferito il contenuto della speciale
disposizione di tale accordo bilaterale nel nuovo contesto del MAE, disciplinato dalla L.
22 aprile 2005, n. 69, non pare dubbio che sia l'autorità giudiziaria dello Stato di
esecuzione, e quindi nella specie, l'a.g. italiana, a dovere esprimere una simile
valutazione, in luogo dell'autorità politica (Ministro della giustizia) cui è rimesso il
potere di decidere in merito a una domanda di estradizione.Una simile valutazione può
essere operata, oltre che in prima istanza dalla Corte di appello, dalla stessa Corte di
cassazione, considerato che, in base alla L. n. 69 del 2005, art. 22, comma 1, il
ricorso per cassazione può essere proposto "anche per il merito".
Quanto al secondo aspetto ritiene la Corte che le considerazioni espresse dalla Corte
distrettuale sul punto non meritino censura alcuna .
I fatti ascritti al ricorrente appaiono essere stati commessi con continuità temporale e
in accordo con altri concorrenti, secondo modalità operative ricorrenti, sicchè
l'accertamento giudiziale non potrebbe prescindere dalla complessiva comprensione
dei rapporti allacciati con i presunti correi. li particolare , puntualmente la Corte
distrettuale ha fatto esplicito riferimento ai rapporti allacciati dal ricorrente con
referente tedesco Afzal. dall'art. 50 della Carta di Nizza tra i principi fondamentali dell'Unione europea e che In secondo luogo, altrettanto conferente risulta essere , alla luce di quanto sopra , il
richiamato dato legato allo stato di avanzamento delle indagini nel procedimento
penale in corso in Germania mentre agli atti non risulta che per i fatti che sarebbero
stati commessi, almeno in parte, nel territorio nazionale, sia stata assunta alcuna
iniziativa investigativa e tanto meno giudiziaria. Circostanza questa puntualmente
corroborata , sul piano della forza logica del relativo rilievo , dalla ulteriore
considerazione per la quale occorrerebbe svolgere indagini anche sul territorio di altro
Stato sulla base di elementi prova acquisibili se non a seguito di rogatoria, con Infine , sembra ulteriormente dirimente l'osservazione resa in chiusura dalla Corte
distrettuale , sempre in linea pedissequa rispetto ai già citati precedenti di questa
Corte relativi ai casi analoghi sopra indicati relativa alla necessità di evitare : aderire
alla prospettiva del rifiuto in ragione della invocata applicazione dell' art. 18, comma
1, lett. p) legge 69/05 darebbe corpo ad una situazione potenziale di litispendenza e
quindi ad un conflitto di giurisdizione, in contrasto con i principi sopra richiamati che
devono ispirare la cooperazione giudiziaria tra i Paesi membri dell'Unione europea. Ciò
, per quanto già accennato , in piena conformità agli obiettivi della decisione quadro
2009/948/GAI del 30 novembre 2009 del Consiglio dell'Unione europea, sulla
prevenzione e la risoluzione dei conflitti relativi all'esercizio della giurisdizione nei
procedimenti penali (GUUE, 15 dicembre 2009, L 328, p. 42) che ben può essere
utilizzata , in mancanza della disciplina interna di attuazione, quale spunto
argomentativo utile alla interpretazione della fattispecie in esame , letta e inquadrata
nell'ottica finalistica , per quel che qui immediatamente interessa, della intenzione
volta a prevenire le conseguenze negative (anche in termini di tempo e risorse delle
competenti autorità nazionali) derivanti dall'esistenza di procedimenti penali paralleli
nello spazio territoriale europeo.
10. Non sembra, alla luce degli elementi logici sopra segnalati, che le osservazioni
difensive esplicitate in ricorso valgano a superare le segnalate , obiettive, ragioni di
"opportunità" che, nel caso , impongono la trattazione di un processo unitario a carico
del ricorrente davanti all'a.g. tedesca. Precisato che la difesa non spende parola alcuna
per invalidare il rilievo logico da ascrivere alle osservazioni mosse sul piano della
opportunità del trattamento unitario del processo in Germania, qui scongiurato dalla
reiezione del motivo legato all'invocato rifiuto della consegna , deve poi escludersi in
particolare che l'applicazione dell'accordo sopra citato , in deroga alla lettera p del
comma I dell'art 18 , possa trovare giustificazione solo quando la condotta o frazione
di condotta commessa in Italia , abbia un rilievo ponderale di minima consistenza
rispetto a quelle eseguite nel territorio tedesco e , in particolare , seguendo la
prospettazione difensiva , che la stessa si imponga solo in presenza di una evidente complicanza quanto all'attività da rendere. contestazione associativa laddove il nucleo fondante l'organizzazione criminale si trovi
all'infuori del territorio nazionale .
11. Una tale interpretazione non trova alcun supporto nel dato normativo di riferimento né
ragioni di riferimento nei precedenti giurisprudenziali più volte richiamati a sostegno
del ritenere in esame. E' vero piuttosto , ma solo sul piano della opportunità valutazione imposta dal citato accordo - che la presenza di un reato associativo che
vede in Italia il centro strutturale e organizzativo dell'ente criminale è circostanza dell'approfondimento investigativo, un valore ponderale logico di indiscusso rilievo nel
quadro complessivo degli elementi da valutare ed in direzione della possibilità di
mantenere ferma la giurisdizione italiana dando attuazione al disposto di cui all'ad 18
comma I lettera p.
Ma questa , per come evidenziato dalla difesa , non è l'ipotesi di specie , non
emergendo dagli atti una contestazione associativa né in ogni caso una individuazione
del nucleo fondante la stessa in Italia sì che questo elemento , del tutti correttamente,
è stato espunto dalla Corte distrettuale tra quelli da ricomprendere nel novero dei
momenti del giudizio di opportunità all'uopo reso.
12. Ne viene il rigetto del ricorso con condanna del ricorrente alle spese processuali.
La Cancelleria provvederà agli adempimenti di cui alla L. n. 69 del 2005, art. 22,
comma 5. P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
mam. Manda alla Cancelleria per Vtar , ....
- Così deciso in Roma, il 9 agosto 2013 . .wU di cui alla L. n. 69 del 2005, art. 22, comma 5. - destinata ad assumere, quantomeno in prospettiva della facilitazione processuale e