Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 34931 del 03/07/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 34931 Anno 2013
Presidente: ESPOSITO ANTONIO
Relatore: IASILLO ADRIANO

SENTENZA

Sui ricorso proposti da Cristiano Antonio (n. il 09/11/1992), e da Campanile
Alberto (n. il 21/11/1991) avverso la sentenza del G.I.P. del Tribunale di
Firenze, in data 13/11/2012.
Sentita la relazione della causa fatta dal Consigliere Adriano lasillo.
Letta la requisitoria del Sostituto Procuratore Generale, dottor Antonio
Gialanella, il quale ha concluso chiedendo l’inammissibilità dei ricorsi.
Osserva:

Data Udienza: 03/07/2013

Con sentenza — ex articolo 444 del c.p.p. – del 13/11/2012, il G.I.P. del
Tribunale di Firenze applicò a Cristiano Antonio e Campanile Alberto la pena,
concordata tra le parti, rispettivamente di anni 2 e mesi 4 di reclusione ed €
1.000,00 di multa e di anni 2 e mesi 8 di reclusione ed € 1.400,00 di multa
(per rapina aggravata in concorso e lesioni personali).

(Cristiano) che è inadeguata la motivazione in ordine alla mancata
concessione della sospensione condizionale della pena e il secondo
(Campanile) che è inadeguata la motivazione in ordine al mancato
proscioglimento ex art. 129 del cod. pen. penale. Concludono, pertanto,
chiedendo l’annullamento dell’impugnata sentenza.

motivi della decisione

I ricorsi sono, da un lato, privi della specificità prescritta dall’art. 581,
lett. c) in relazione all’art. 591 c.p.p. e, dall’altro, manifestamente infondati.
Invero per quanto riguarda il Cristiano a prescindere dal rilevare che al punto
6 della sentenza il G.I.P. fornisce una motivazione — seppur sintetica — sul
perché non ritiene di concedere la sospensione condizionale della pena, si
deve rilevare che la sospensione condizionale della pena può essere
concessa, in forza del rapporto negoziale che legittima la sentenza di
patteggiamento, soltanto se faccia parte integrante dell’accordo o se la
questione relativa sia devoluta, esplicitamente e specificamente, da
entrambe le parti al potere discrezionale del giudice (nel caso di specie la
richiesta è stata effettuata solo dal difensore dell’imputato). Al di fuori di
queste ipotesi, la mancata richiesta e la mancata devoluzione hanno
significazione escludente, nel senso che, nel rispetto del principio dispositivo,
la pronuncia del giudice non può travalicare i termini del patto. Le questioni
non dedotte dalle parti non possono essere affrontate ex officio, in quanto
trovano una preliminare soluzione negativa e la necessaria sintesi
nell’accordo che non le contempla (Sez. 5, Sentenza n. 4124 del 23/06/1998
Cc. – dep. 05/10/1998 – Rv. 211508; Sez. 4, Sentenza n. 34352 del

Avverso la predetta sentenza ricorrono gli imputati sostenendo il primo

13/05/2003 Cc. – dep. 14/08/2003 – Rv. 228309). Inoltre, nel procedimento di
applicazione della pena su richiesta delle parti la sospensione condizionale
della pena può essere concessa, oltre che nell’ipotesi di subordinazione
dell’efficacia della richiesta alla concessione del beneficio (e non è questo il
caso perché la richiesta non è subordinata) solo quando la relativa domanda
abbia formato oggetto della pattuizione intervenuta tra le parti, non potendo il
21/10/2008 Cc. – dep. 31/10/2008 – Rv. 241371).
Per quanto riguarda, poi, il Campanile il Giudice di merito ha operato
una corretta verifica dell’insussistenza di elementi che importino decisioni ex
art. 129 c.p.p. e correttamente valutato la congruità della pena. Infatti, si deve
rilevare che la sentenza applicativa della pena patteggiata non può essere
impugnata per Cassazione con riferimento alla entità della pena o alla
ritenuta sussistenza di ulteriori attenuanti non considerate, né possono, a
maggior ragione, dedursi circostanze di fatto che non sarebbero state
considerate in sentenza, e che si vorrebbero riesaminare. (Sez. 3, Ordinanza
n. 4187 del 30/11/1995 Cc. – dep. 13/01/1996 – Rv. 203284). Infatti in tema
di patteggiamento, una volta che l’accordo tra le parti sia stato ratificato dal
giudice con la sentenza di applicazione della pena, non è consentito, fuori dai
casi di palese incongruenza, censurare il provvedimento in punto di
qualificazione giuridica del fatto e di ricorrenza delle circostanze, neppure
sotto il profilo della mancanza di motivazione, ricorrendo in proposito un
dovere di specifica argomentazione solo per il caso che l’accordo abbia
presupposto una modifica dell’imputazione originaria. (Sez. 6, Sentenza n.
32004 del 10/04/2003 Cc. – dep. 29/07/2003 – Rv. 228405; Sez. 6, Sentenza
n. 45688 del 20/11/2008 Cc. – dep. 10/12/2008 – Rv. 241666; Sez. 3,
Sentenza n. 3580 del 09/01/2009 Cc. – dep. 27/01/2009 – Rv. 242673).
Uniformandosi a tali orientamenti, che il Collegio condivide, vanno
dichiarate inammissibili le impugnazioni.
Ne consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna dei
ricorrenti al pagamento delle spese processuali nonché, ciascuno, al
versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che,
considerati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina
equitativamente in Euro 1.500,00.

beneficio essere accordato di ufficio (Sez. 4, Sentenza n. 40950 del

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle
spese processuali e, ciascuno, della somma di euro mille e cinquecento alla

kr
Così deliberato in can~i-cansiglio, il 03/07/2013.

Il Consigliere estensore

Il P esidente

Dottor Adriano lasillo

Dottor Mtonio Esposito

Deposistat°
Roma , 1A–% -.9.

c

Cassa delle ammende.

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