Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 34875 del 10/06/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 34875 Anno 2014
Presidente: CARMENINI SECONDO LIBERO
Relatore: RAGO GEPPINO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
INNOCENTI LUISA N. IL 29/11/1952
avverso la sentenza n. 1048/2013 GIP TRIBUNALE di GENOVA, del
16/04/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GEPPINO RAGO;

Data Udienza: 10/06/2014

1. INNOCENTI Luisa, a mezzo del proprio difensore, ha proposto
ricorso per cassazione avverso la sentenza pronunciata in data
16/04/2013 con la quale il giudice dell’udienza preliminare del Tribunale
di Genova le aveva applicato la pena concordata con il P.M. deducendo:
1.1. violazione dell’art. 129 cod. proc. pen. in relazione alla

punibilità;
1.2. violazione dell’art. 133 cod. pen. in ordine alla congruità
della pena.

2. La censura è manifestamente infondata per le ragioni di
seguito indicate.
2.1. Quanto alla violazione dell’art. 129 cod. pen., questa Corte,
ha reiteratamente affermato che, in funzione della particolarità del rito e
della centralità dell’atto negoziale che lo caratterizza – fermo restando
che alla parte è preclusa la possibilità di contestare, con i motivi di
impugnazione, i termini fattuali dell’imputazione (SSUU 20/1999) occorre una specifica indicazione di tutti gli elementi strutturali della
motivazione «soltanto nel caso in cui dagli atti o della deduzioni delle
parti emergano concreti elementi circa la possibile applicazione di cause
di non punibilità, dovendo invece ritenersi sufficiente in caso contrario,
una motivazione consistente nella enunciazione anche implicita che è
stata compiuta la verifica richiesta della legge e che non ricorrono le
condizioni per la pronuncia di proscioglimento ex art 129 cpp»: SS.UU.
5777/1992.
2.2. Quanto al trattamento sanzionatorio, questa Corte, ha
statuito che, nel ricorso per cassazione, avverso sentenza che applichi la
pena nella misura patteggiata tra le parti, non è ammissibile proporre
motivi concernenti la misura della pena, a meno che si versi in ipotesi di
pena illegale. La richiesta di applicazione della pena e l’adesione alla
pena proposta dall’altra parte integrano, infatti, un negozio di natura
processuale che, una volta perfezionato con la ratifica del giudice che ne
ha accertato la correttezza, non è revocabile unilateralmente, sicché la
parte che vi ha dato origine, o vi ha aderito e che ha così rinunciato a

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mancata motivazione in ordine alla sussistenza di cause di non

far valere le proprie difese ed eccezioni, non è legittimata, in sede di
ricorso per cassazione, a sostenere tesi concernenti la congruità della
pena, in contrasto con l’impostazione dell’accordo al quale le parti
processuali sono addivenute: Cass. 18735/2001 Rv. 219852; Cass.
16832/2008 Rv. 239543; Cass. 3580/2009 Rv. 242673.

motivazione, è sufficiente la semplice enunciazione, anche implicita,
sulla congruità della pena concordata, perché, in tal modo, il giudice ha
dato atto di avere effettuato, sia pure implicitamente, il dovuto giudizio
valutativo: SSUU 5777/1992; Cass. 42910/2009 Rv. 245209;
Sulla base di tali principi deve ritenersi che il Tribunale ha
operato il doveroso controllo sull’insussistenza delle condizioni ex art
129 cpp., rilevando che dagli atti, analiticamente indicati, non
risultavano elementi evidenti che potessero portare ad una pronuncia di
proscioglimento, ai fatti era stata data la corretta qualificazione giuridica
e la pena era congrua: Tanto basta per ritenere adempiuto all’obbligo di
motivazione richiesto sul punto.

3. In conclusione, l’impugnazione deve ritenersi inammissibile a
norma dell’art. 606/3 c.p.p, per manifesta infondatezza: alla relativa
declaratoria consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna
del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché al
versamento in favore della Cassa delle Ammende di una somma che,
ritenuti e valutati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina
equitativamente in € 2.000,00.
P.Q.M.
DICHIARA
Inammissibile il ricorso e
CONDANNA
la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di €
2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Roma 10/06/2014

In particolare, si è rilevato che, a soddisfare l’obbligo della

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