Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 34867 del 07/06/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 34867 Anno 2013
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: SARNO GIULIO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
VERRI ANTONIO N. IL 20/04/1939
avverso la sentenza n. 1674/2009 CORTE APPELLO di
CATANZARO, del 28/06/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIULIO SARNO;

Data Udienza: 07/06/2013

Considerato in diritto
Il ricorso è inammissibile in quanto l’evidenza incentrato su censure di merito a
fronte della motivazione che si è fatta carico di affrontare gli specifici rilievi del
ricorrente logicamente rilevando, tra l’altro, che le dichiarazioni dei testi
escussi in merito a non meglio indicati brevi periodi di assunzione presso la
società confortavano in realtà l’ipotesi che quest’ultima non fosse dotata di
alcuna organizzazione amministrativa e contabile e che le modalità di
pagamento degli importi riportati nelle fatture avvenivano con modalità
tipicamente riconducibili a rapporti economici fittizi.
Si è puntualizzato infatti che:
– l’indagine di legittimita’ sul discorso giustificativo della decisione ha un
orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla Corte di cassazione
essere limitato – per espressa volonta’ del legislatore – a riscontrare l’esistenza
di un logico apparato argomentativo sui vari punti della decisione impugnata,
senza possibilita’ di verificare l’adeguatezza delle argomentazioni di cui il
giudice di merito si e’ avvalso per sostanziare il suo convincimento, o la loro
rispondenza alle acquisizioni processuali. Esula, infatti, dai poteri della Corte di
cassazione quello di una “rilettura” degli elementi di fatto posti a fondamento
della decisione, la cui valutazione e’, in via esclusiva, riservata al giudice di
merito, senza che possa integrare il vizio di legittimita’ la mera prospettazione

Ritenuto in fatto
1. Verri Antonio propone ricorso per cassazione avverso la sentenza in epigrafe
con la quale la corte di appello di Catanzaro, riformando la sentenza del gup
presso il tribunale di Lamezia Terme in data 10 marzo 2009, dichiarava non
doversi procedere nei confronti dello stesso in relazione ad alcuni dei reati
contestati limitatamente agli anni 2003 e 2004 perché estinti per intervenuta
prescrizione e confermava nel resto l’impugnata sentenza, con la quale
l’imputato era stato ritenuto responsabile del reato di cui all’articolo 81
capoverso del codice penale e 8 comma 3 dlgs 74/2000 perché, in qualità di
titolare della società Edilcostruzioni, al fine di permettere a svariate ditte di
evadere le imposte sui redditi e sull’IVA, emetteva e rilasciava nei confronti di
queste ultime fatture per operazioni inesistenti.
2. Deduce in questa sede il ricorrente:
2.1 la contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione ritenendo che la
responsabilità per i reati sia stata affermata senza l’esistenza dei requisiti
minimi richiesti dalla legge per I giudizio di condanna al di là di ogni
ragionevole dubbio in quanto la verifica fiscale da cui ha tratto origine
d’imputazione rappresenta solo uno spunto investigativo e, non può ritenersi
provato nella società non abbia mai posto in essere e attività per le quali
veniva emessa la fattura di pagamento non essendo sufficiente al riguardo il
riferimento al modo di tenuta della contabilità aziendale, ed avendo, invece, i
giudici di appello ignorato che secondo le dichiarazioni dei testi escussi la
società era effettivamente operativa durante il periodo in contestazione, e che,
dunque, le fatture si riferivano ad operazioni effettivamente esistenti ed anche
gli accertamenti bancari deponendo in questo senso;
2.2 l’estinzione dei residui reati per intervenuta prescrizione.

di una diversa, e per il ricorrente piu’ adeguata, valutazione delle risultanze
processuali. (SU 1997 n. 6402, Rv 207944, Dessimone ed altri).
– A seguito delle modifiche della lettera e) dell’ad 606 cpp apportate dall’art.
8 della L. 46/2006 si è poi precisato che il vizio del travisamento della prova,
per utilizzazione di un’informazione inesistente nel materiale processuale o per
omessa valutazione di una prova decisiva, può essere dedotto con il ricorso per
cassazione quando la decisione impugnata abbia riformato quella di primo
grado, non potendo, nel caso di cosiddetta “doppia conforme”, essere superato
il limite costituito dal “devolutum” con recuperi in sede di legittimità, salvo il
caso in cui il giudice d’appello, per rispondere alle critiche contenute nei motivi
di gravame, abbia richiamato dati probatori non esaminati dal primo giudice
(Sez. 4, Sentenza n. 19710 del 03/02/2009 Rv. 243636).
– E’ stato anche puntualizzato che il vizio di mancanza o manifesta illogicità
della motivazione, a norma dell’articolo 606, lett.e), cod. proc. pen., deve
risultare dal testo della motivazione e deve consistere, rispettivamente,
nell’assenza di motivazione su un punto decisivo della causa sottoposto al
giudice di merito, non già nella mancata confutazione di un argomento
specifico relativo ad un punto della decisione che pur è stato trattato, sebbene
in un’ottica diversa, dal giudice della sentenza impugnata, dando una risposta
solo implicita all’osservazione della parte; e nella frattura logica evidente tra
una premessa, o più premesse nel caso di sillogismo, e le conseguenze che se
ne traggono (Sez. 1, Sentenza n. 9539 del 12/05/1999 Ud. (dep. 23/07/1999)
Rv. 215132).
La prescrizione maturata successivamente alla decisione di appello, come
costantemente affermato da questa Corte, non rileva se il ricorso è
inammissibile né il ricorso medesimo può essere proposto al fine di far valere
unicamente la prescrizione.
In questo senso si sono espresse le Sezioni Unite puntualizzando che
l’inammissibilità del ricorso per cassazione dovuta alla manifesta infondatezza
dei motivi non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e
preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non
punibilità a norma dell’art. 129 cod. proc. pen. (Sez. U, Sentenza n. 32 del
22/11/2000 Rv. 217266).
A mente dell’art. 616 c.p.p., alla declaratoria di inammissibilità consegue
l’onere delle spese del procedimento, nonché del versamento di una somma in
favore della Cassa delle ammende, fissata in via equitativa, in ragione dei
motivi dedotti, nella misura di euro 1000.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali, nonché al versamento, in favore della Cassa delle
ammende, della somma di euro 1000.
Così deciso, il giorno 7.6.2013

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