Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 34862 del 10/06/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 34862 Anno 2014
Presidente: CARMENINI SECONDO LIBERO
Relatore: RAGO GEPPINO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
CONDELLO GIOVANNI N. IL 13/10/1994
avverso la sentenza n. 6486/2013 TRIBUNALE di NAPOLI, del
15/04/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GEPPINO RAGO;

Data Udienza: 10/06/2014

1. CONDELLO Giovanni, in proprio, ha proposto ricorso per
cassazione avverso la sentenza pronunciata in data 15/04/2013 con la
quale il Tribunale di Napoli gli aveva applicato la pena concordata con il
P.M. deducendo la violazione dell’art. 129 cod. proc. pen. in relazione
alla mancata motivazione in ordine alla sussistenza di cause di non

2. La censura è manifestamente infondata per le ragioni di
seguito indicate.
Quanto alla violazione dell’art. 129 cod. pen., questa Corte, ha
reiteratamente affermato che, in funzione della particolarità del rito e
della centralità dell’atto negoziale che lo caratterizza – fermo restando
che alla parte è preclusa la possibilità di contestare, con i motivi di
impugnazione, i termini fattuali dell’imputazione (SSUU 20/1999) occorre una specifica indicazione di tutti gli elementi strutturali della
motivazione «soltanto nel caso in cui dagli atti o della deduzioni delle
parti emergano concreti elementi circa la possibile applicazione di cause
di non punibilità, dovendo invece ritenersi sufficiente in caso contrario,
una motivazione consistente nella enunciazione anche implicita che è
stata compiuta la verifica richiesta della legge e che non ricorrono le
condizioni per la pronuncia di proscioglimento ex art 129 cpp»: SS.UU.
5777/1992.
Sulla base di tali principi deve ritenersi che il Tribunale ha
operato il doveroso controllo sull’insussistenza delle condizioni ex art
129 cpp., rilevando che dagli atti, analiticamente indicati (arresto in
flagranza), non risultavano elementi evidenti che potessero portare ad
una pronuncia di proscioglimento, ai fatti era stata data la corretta
qualificazione giuridica e la pena era congrua: tanto basta per ritenere
adempiuto all’obbligo di motivazione richiesto sul punto.

3. In conclusione, l’impugnazione deve ritenersi inammissibile a
norma dell’art. 606/3 c.p.p, per manifesta infondatezza: alla relativa
declaratoria consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna
del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché al

1

punibilità.

versamento in favore della Cassa delle Ammende di una somma che,
ritenuti e valutati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina
equitativamente in C 2.000,00.
P.Q.M.

Inammissibile il ricorso e
CONDANNA
il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di C
2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Roma 10/06/2014

DICHIARA

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