Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 34857 del 10/06/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 34857 Anno 2014
Presidente: CARMENINI SECONDO LIBERO
Relatore: RAGO GEPPINO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
RAFFAELI SAVINO N. IL 27/02/1970
avverso la sentenza n. 634/2012 TRIBUNALE di TRANI, del
03/06/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GEPPINO RAGO;

Data Udienza: 10/06/2014

1.

RAFFAELI Savino, in proprio, ha proposto ricorso per

cassazione avverso la sentenza pronunciata in data 03/06/2013 con la
quale il giudice monocratico del Tribunale di Trani gli aveva applicato la
pena concordata con il P.M. deducendo la violazione dell’art. 129 cod.

sussistenza di cause di non punibilità

2. La censura è manifestamente infondata per le ragioni di
seguito indicate.
In ordine alla violazione dell’art. 129 cod. pen., questa Corte, ha
reiteratamente affermato che, in funzione della particolarità del rito e
della centralità dell’atto negoziale che lo caratterizza – fermo restando
che alla parte è preclusa la possibilità di contestare, con i motivi di
impugnazione, i termini fattuali dell’imputazione (SSUU 20/1999) occorre una specifica indicazione di tutti gli elementi strutturali della
motivazione «soltanto nel caso in cui dagli atti o della deduzioni delle
parti emergano concreti elementi circa la possibile applicazione di cause
di non punibilità, dovendo invece ritenersi sufficiente in caso contrario,
una motivazione consistente nella enunciazione anche implicita che è
stata compiuta la verifica richiesta della legge e che non ricorrono le
condizioni per la pronuncia di proscioglimento ex art 129 cpp»: SS.UU.
5777/1992.
Sulla base di tali principi deve ritenersi che il Tribunale ha
operato il doveroso controllo sull’insussistenza delle condizioni ex art
129 cpp., rilevando che dagli atti, analiticamente indicati, non
risultavano elementi evidenti che potessero portare ad una pronuncia di
proscioglimento, ai fatti era stata data la corretta qualificazione giuridica
e la pena era congrua: Tanto basta per ritenere adempiuto all’obbligo di
motivazione richiesto sul punto.

3. In conclusione, l’impugnazione deve ritenersi inammissibile a
norma dell’art. 606/3 c.p.p, per manifesta infondatezza: alla relativa
declaratoria consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna
del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché al

1

proc. pen. in relazione alla mancata motivazione in ordine alla

versamento in favore della Cassa delle Ammende di una somma che,
ritenuti e valutati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina
equitativamente in € 2.000,00.
P.Q.M.

Inammissibile il ricorso e
CONDANNA
il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di €
2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Roma 10/06/2014

DICHIARA

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