Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 34850 del 10/06/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 34850 Anno 2014
Presidente: CARMENINI SECONDO LIBERO
Relatore: RAGO GEPPINO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
MARCHIONI MARTA N. IL 10/04/1946
avverso la sentenza n. 363/2013 CORTE APPELLO di BOLOGNA, del
16/04/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GEPPINO RAGO;

Data Udienza: 10/06/2014

1. Con sentenza in data 16/04/2013, la Corte di Appello di Bologna
confermava la sentenza pronunciata in data 16/02/2012 con la quale
il tribunale della medesima città aveva ritenuto MARCHIONI Marta
colpevole del reato di cui all’art. 648/1 cod. pen. (ricettazione di due

2. Avverso la suddetta sentenza, l’imputata, a mezzo del proprio
difensore, ha proposto ricorso per cassazione deducendo; a) carenza di
prova in ordine all’elemento psicologico ed inattendibilità della teste
Colombo; b) mancata applicazione dell’art. 62 n° 4 c.p.; c) mancata
applicazione dell’art. 648/2 cod. pen.; d) violazione dell’art. 99 cod.
pen. per avere la Corte ritenuto di contestare la recidiva; e) violazione
dell’art. 521 cod. proc. pen.

3. Il ricorso è manifestamente infondato.
La censura, infatti, riproposta con il presente ricorso, va ritenuta
null’altro che un modo surrettizio di introdurre, in questa sede di
legittimità, una nuova valutazione di quegli elementi fattuali già
ampiamente presi in esame dalla Corte di merito la quale, con
motivazione logica, priva di aporie e del tutto coerente con gli indicati
elementi probatori, ha puntualmente disatteso la tesi difensiva in ordine
alla pretesa carenza dell’elemento soggettivo e della inattendbilità della
teste Colombo.
Pertanto, non avendo il ricorrente evidenziato incongruità, carenze
o contraddittorietà motivazionali, la censura, essendo incentrata tutta su
una nuova ed alternativa rivalutazione di elementi fattuali e, quindi, di
mero merito, va dichiarata inammissibile.
Quanto alle rimanenti doglianze va replicato:
la censura in ordine alla pretesa violazione dell’art. 521 cod. proc.
pen. è generica tenuto conto della formulazione dell’imputazione;
le questioni in ordine al trattamento sanzionatorio (artt. 62 n° 4 648/2 – 99 cod. pen.), non sono state oggetto di appello in quanto la
Corte ha scritto che «non vi è appello sulla pena, contenuta peraltro nel
minimo edittale, salvo l’aumento per la recidiva, secondo il più

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assegni bancari proventi di furto di € 500,00 ciascuno).

favorevole regime ex artt. 2 e 99 cod. pen. rispetto a quella della L.
251/2005»: di conseguenza, involgendo questioni di merito, non sono
deducibili per la prima volta in cassazione.
In conclusione, l’impugnazione deve ritenersi inammissibile a

declaratoria consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna
della ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché al
versamento in favore della Cassa delle Ammende di una somma che,
ritenuti e valutati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina
equitativamente in € 1.000,00.
P.Q.M.
DICHIARA
Inammissibile il ricorso e
CONDANNA
la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di €
1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende

norma dell’art. 606/3 c.p.p, per manifesta infondatezza: alla relativa

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