Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 34849 del 10/06/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 34849 Anno 2014
Presidente: CARMENINI SECONDO LIBERO
Relatore: RAGO GEPPINO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
MARINO SALVATORE N. IL 24/01/1969
avverso la sentenza n. 2304/2010 CORTE APPELLO di BOLOGNA,
del 17/04/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GEPPINO RAGO;

Data Udienza: 10/06/2014

1. Con sentenza in data 17/04/2013, la Corte di Appello di Bologna
confermava la sentenza pronunciata in data 08/02/2010 con la quale il
tribunale della medesima città aveva ritenuto MARINO Salvatore
colpevole dei reati di cui agli artt. 648 e 582 cod. pen.

difensore, ha proposto ricorso per cassazione sostenendo che mancava
la prova dei reati addebitatigli.
3. Il ricorso è manifestamente infondato.
La censura, infatti, riproposta con il presente ricorso, va ritenuta
null’altro che un modo surrettizio di introdurre, in questa sede di
legittimità, una nuova valutazione di quegli elementi fattuali già
ampiamente presi in esame dalla Corte di merito la quale, con
motivazione logica, priva di aporie e del tutto coerente con gli indicati
elementi probatori, ha puntualmente disatteso la tesi difensiva sotto
tutti i profili dedotti.
Pertanto, non avendo il ricorrente evidenziato incongruità, carenze
o contraddittorietà motivazionali, la censura, essendo incentrata tutta su
una nuova ed alternativa rivalutazione di elementi fattuali e, quindi, di
mero merito, va dichiarata inammissibile.
Alla relativa declaratoria consegue, per il disposto dell’art. 616
c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali,
nonché al versamento in favore della Cassa delle Ammende di una
somma che, ritenuti e valutati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si
determina equitativamente in € 1.000,00.
P.Q.M.
DICHIARA
Inammissibile il ricorso e
CONDANNA
Il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di €
1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende
Roma 10/06/2014
DENTE

2. Avverso la suddetta sentenza, l’imputato, a mezzo del proprio

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