Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 34847 del 07/06/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 34847 Anno 2013
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: SARNO GIULIO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
CANFORA BRUNO N. IL 21/11/1962
PINTAGRO GALLARIZZO ANGELA N. IL 10/07/1965
avverso l’ordinanza n. 244/2012 TRIB. LIBERTA’ di MESSINA, del
12/11/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIULIO SARNO;

Data Udienza: 07/06/2013

Il ricorso è inammissibile
Occorre preliminarmente rilevare la manifesta infondatezza del rilievo secondo
cui la procedura delineata dagli artt. 610 – 611 cpp non troverebbe
applicazione nel caso di procedimenti riguardanti i sequestri.
E’ vero che le Sezioni Unite della Corte hanno affermato che il procedimento in
camera di consiglio innanzi alla Cassazione relativamente ai ricorsi in materia
di sequestri deve svolgersi nelle forme di cui all’art. 127 cod. proc. pen. e non
in quelle di cui all’art. 611 dello stesso codice.
Il principio enunciato nella sentenza n. 14 del 06/11/1992 (Rv. 192206),
precede tuttavia le modifiche apportate dalla L. 26 marzo 2001 n. 128 agli artt.
610 e 611 c.p.p..
Per effetto delle modifiche introdotte al comma 1 dell’art. 610 c.p.p. si prevede
ora che in presenza di una causa di inammissibilità il presidente della Corte di

»p.7

4 ’91’
1. La difesa dei signori Canfora Bruno e Pintagro Gallarizzo propone ricorso per
cassazione avverso l’ordinanza in epigrafe con la quale il tribunale di Messina
ha rigettato la richiesta di riesame del provvedimento di decreto di sequestro
preventivo emesso dal gip del tribunale di Patti in data 12 ottobre 2012 di un
locale adibito a salotto nell’ultima elevazione dell’edificio dei ricorrenti in
relazione al reato di cui agli articoli 110 del codice penale 44 lettera b) d.p.r.
380/2001.
2. Ha ritenuto in particolare il tribunale sussistere il fumus del reato alla luce
degli accertamenti svolti dai carabinieri che avevano constatato che i coniugi
Canfora Pintagro, titolari di un’autorizzazione per la realizzazione di una tettoia
di tipo smontabile da collocarsi sul terrazzo contigua ad un vano tecnico, di
fatto adibito cucina, avevano realizzato un nuovo locale con pannelli in
cartongesso arredato e destinato a salotto. In relazione alle esigenze cautelari
tribunale richiamava la giurisprudenza di questa Corte secondo cui esse
possono essere riconosciute anche nel caso di immobile abusivamente
costruito che risulti ultimato rilevando che per effetto dell’abuso accertato
veniva determinarsi un notevole incremento del carico urbanistico e un
aggravio di peso sulla struttura preesistente che non essendo giustificato da
preventivi calcoli di staticità rischiava di compromettere definitivamente la
stabilità dell’immobile con grave rischio per la sicurezza di persone accorse.
3. Deduce in questa sede la difesa l’erronea interpretazione della legge e la
mancanza e manifesta illogicità del provvedimento impugnato sostenendo
trattarsi di lavori eseguiti in parziale difformità dell’autorizzazione ed assume
difettare nella specie qualsiasi accertamento sull’aggravio del carico urbanistico
(l’immobile si trova in zona B2) e che, per quanto riguarda il pericolo relativo
alla staticità, il solaio di copertura della terrazza dal punto di vista statico è
considerato calpestabile alla stregua di un solaio interno e quindi calcolato dal
progettista di seguito in funzione degli stessi carichi di esercizio.
Successivamente il ricorrente fatto pervenire nuovi motivi con i quali contesta
la possibilità di decidere il ricorso nelle forme dell’articolo 611 del codice di rito
richiamando in particolare la decisione delle sezioni unite del 22 febbraio 1993
numero 14, sollecitandola rimessione della questione alle Sezioni Unite, e
insiste sulla parziale difformità ravvisabile nella specie e, dunque,
sull’inesistenza del reato ipotizzato.

Cassazione disponga l’assegnazione del ricorso per la decisione in camera di
consiglio ad apposita sezione (la settima penale n.d.r.) e che debba trovare
applicazione il comma 1 dell’art. 611 cpp.
Non viene operata alcuna distinzione dal legislatore sulla tipologia dei ricorsi da
trattare con la procedura indicata e solo nel caso in cui la Settima Sezione
penale ritenga di escludere l’inammissibilità del ricorso, quest’ultimo dovrà
essere esaminato dalla Sezione competente che procederà nelle forme previste
in via ordinaria.
Il principio affermato dalle Sezioni Unite nella sentenza citata trova dunque
applicazione solo nel caso in cui il ricorso non sia definibile con la procedura
indicata dal comma 1 dell’art. 610 c.p.p..
Appare infatti evidente come l’omessa declaratoria dell’inammissibilità non
possa determinare una modificazione della natura dei giudizio(così Sez. 2,
Ordinanza n. 10060 del 13/01/2009 Rv. 244047).
Venendo al merito del ricorso appare corretta la motivazione sia sul fumus che
sulle esigenze cautelari.
Le prospettazioni difensive non appaiono allo stato dirimenti necessitando di
approfondimenti da svolgere nel prosieguo delle indagini e non possono essere
apprezzate in questa sede in cui è sufficiente rilevare in relazione al fumus del
reato che per effetto dei lavori eseguiti si sono creati nuovi locali abitabili e che
l’assenza di adeguate verifiche sulla staticità può obiettivamente cagionare
pericolo per l’incolumità delle persone.
A mente dell’art. 616 c.p.p., alla declaratoria di inammissibilità consegue
l’onere delle spese del procedimento, nonché del versamento di una somma in
favore della Cassa delle ammende, fissata in via equitativa, in ragione dei
motivi dedotti, nella misura di euro 1000 per ciascuno dei ricorrenti.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle
spese processuali, nonché al versamento, in favore della Cassa delle
ammende, della somma di euro 1000 ciascuno.
Così deciso, il giorno 7.6.2013

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