Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 34840 del 10/06/2014


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Ord. Sez. 7 Num. 34840 Anno 2014
Presidente: CARMENINI SECONDO LIBERO
Relatore: RAGO GEPPINO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
BAKHOUM PAPA SALLA N. IL 06/02/1981
avverso la sentenza n. 372/2011 CORTE APPELLO di
CALTANISSETTA, del 16/04/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GEPPINO RAGO;

Data Udienza: 10/06/2014

1. Con sentenza in data 16/04/2013, la Corte di Appello di
Caltanissetta confermava la sentenza pronunciata in data 24/05/2010
con la quale il giudice monocratico del tribunale di Enna aveva ritenuto
BAKHOUM Papa Saila colpevole dei reati di cui agli artt. 474 – 648 cod.

2. Avverso la suddetta sentenza, l’imputato, a mezzo del proprio
difensore, ha proposto ricorso per cassazione deducendo: a) la
grossolanità del falso; b) l’insussistenza del reato di ricettazione per
impossibilità del reato presupposto e perché l’art. 474/2 è speciale
rispetto a quello di ricettazione.

3. Il ricorso è manifestamente infondato.
La censura sub a), riproposta con il presente ricorso, va ritenuta
null’altro che un modo surrettizio di introdurre, in questa sede di
legittimità, una nuova valutazione di quegli elementi fattuali già
ampiamente presi in esame dalla Corte di merito la quale, con
motivazione logica, priva di aporie e del tutto coerente con gli indicati
elementi probatori, ha puntualmente disatteso la tesi difensiva,
rilevando, in punto di fatto, che i falsi non erano affatto grossolani.
In ogni caso, va osservato che, secondo la consolidata
giurisprudenza di legittimità (ex plurimis Cass. 49565/2009 – Cass. riv
253818), richiamata correttamente dalla corte territoriale, il reato di cui
all’art. 474 cod. pen. mira a tutelare la pubblica fede e non la libera
determinazione dell’acquirente: quindi, il reato deve ritenersi
sussistente con la conseguenza che, anche il reato di ricettazione
(censura sub b) deve ritenersi sussistente.
Alla declaratoria d’inammissibilità consegue, per il disposto
dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali, nonché al versamento in favore della Cassa delle Ammende
di una somma che, ritenuti e valutati i profili di colpa emergenti dal
ricorso, si determina equitativamente in € 1.000,00.
P.Q.M.

1

pen.

DICHIARA
inammissibile il ricorso e
CONDANNA
il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di €

1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA