Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 34832 del 14/07/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 34832 Anno 2014
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: DELL’UTRI MARCO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
Messi Angelo n. il 1.8.1980
avverso l’ordinanza n. 153/2014 pronunciata dal Tribunale della libertà di Catania il 6.2.2014;
sentita nella camera di consiglio del 14.7.2014 la relazione fatta dal
Cons. dott. Marco Dell’Utri;
sentito il Procuratore Generale, in persona del dott. A.P. Pompeo, che
ha concluso per l’annullamento con rinvio del provvedimento impugnato limitatamente alle circostanze aggravanti contestate;
udita per il ricorrente l’avv.to G. Magnano del foro di Catania, che ha
concluso per l’accoglimento del ricorso.

Data Udienza: 14/07/2014

Ritenuto in fatto
i. – Con atto in data 8.5.2014, a mezzo del proprio difensore,
Angelo Messi ha proposto ricorso per cassazione avverso l’ordinanza
in data 6.2.2014 con la quale il tribunale del riesame di Catania ha
confermato l’ordinanza applicativa della misura della custodia cautelare in carcere emessa, a carico del ricorrente, dal giudice per le indagini preliminari presso il tribunale di Catania, in data 13.1.2014, in
relazione ai reati di associazione per delinquere finalizzata al traffico
di sostanze stupefacenti (aggravato dallo svolgimento del ruolo direttivo e dalla c.d. agevolazione mafiosa ex alt. 7 d.l. n. 152/91 convertito
con modificazioni dalla 1. n. 203/91) e di illecita detenzione a fini di
spaccio e spaccio di stupefacenti (aggravato ex alt. 80 d.p.r. n.
309/90 e art. 7 cit.).
Con il ricorso proposto in questa sede, il ricorrente censura
l’ordinanza impugnata per violazione di legge e vizio di motivazione,
per avere il giudice del riesame erroneamente ascritto al ricorrente il
reato associativo allo stesso contestato in assenza di adeguati elementi indiziari di riscontro, e per avere ritenuto il ricorso di tutte le aggravanti contestate, in difetto dei corrispondenti presupposti di legge.
Da ultimo, il ricorrente si duole della violazione di legge e del
vizio di motivazione in cui sarebbe incorso il provvedimento impugnato nel ritenere sussistente il requisito del periculum liberatis in
totale assenza dei requisiti di concretezza ed attualità del pericolo in
tal senso necessari.
2. –

Considerato in diritto
3.1. – Il ricorso è parzialmente fondato nei termini di cui appresso.
Dev’essere preliminarmente disattesa la doglianza avanzata
dal ricorrente con riguardo al preteso mancato approfondimento (e al
conseguente asserito omesso accertamento), da parte dei giudici del
riesame, della sussistenza dei requisiti indispensabili per la predicazione, in capo all’Alessi, dell’effettiva volontà e della corrispondente
attuazione riferita alla partecipazione al sodalizio criminoso allo stesso contestato, avendo il tribunale del riesame coerentemente e congruamente sottolineato (anche attraverso l’indicazione delle corrispondenti fonti di prova) la molteplicità degli episodi in occasione dei
quali l’Alessi è stato còlto in presenza dei luoghi di attività prescelti
dai partecipanti al sodalizio per l’esercizio del traffico degli stupefa-

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centi, nonché l’assiduità con la quale lo stesso si è trovato a frequentare i soggetti stabilmente dediti allo spaccio e alle attività collaterali
di supporto, oltre alle condotte manifestamente espressive dell’assunzione, da parte dell’Alessi, di un ruolo di organizzazione, di controllo e di supervisione della complessiva attività del gruppo criminale.
Al riguardo, il tribunale del riesame ha coerentemente descritto e valorizzato il funzionale inserimento dell’attività dell’Alessi nel
quadro della più complessa struttura criminale ricostruita, accuratamente organizzata e articolata al fine della più efficace e sicura realizzazione delle finalità di distribuzione delle sostanze stupefacenti trattate.
Sul punto, varrà richiamare il consolidato insegnamento di
questa giurisprudenza di legittimità, ai sensi del quale, ai fini della
configurabilità dell’associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti, non è richiesto un patto espresso fra gli associati,
ben potendo desumersi la prova del vincolo dalle modalità esecutive
dei reati-fine e dalla loro ripetizione, dai rapporti tra gli autori, dalla
ripartizione dei ruoli fra i vari soggetti in vista del raggiungimento di
un comune obiettivo e dall’esistenza di una struttura organizzativa,
sia pure non particolarmente complessa e sofisticata, indicativa della
continuità temporale del vincolo criminale (Cass., Sez. 6, n.
40505/2009, Rv. 245282).
In thema, mette ulteriormente conto di sottolineare come la
prova del reato associativo ben può essere tratta dall’intervenuto accertamento della commissione dei diversi reati-fine da parte degli associati, tanto desumendosi dall’insegnamento, che risale agli arresti
delle sezioni unite di questa corte (successivamente confermato dal
consolidato indirizzo sul punto seguito dalle sezioni semplici), secondo cui, in tema di reati associativi, è consentito al giudice (pur
nell’autonomia del reato-mezzo rispetto ai reati fine) dedurre la prova dell’esistenza del sodalizio criminoso dalla commissione dei delitti
rientranti nel programma comune e dalle loro modalità esecutive (in
termini di continuità dei contatti, frequenza degli aggiornamenti, familiarità e immediata reciproca comprensione dei linguaggi apparentemente criptici, etc.), posto che attraverso essi si manifesta in concreto l’operatività dell’associazione medesima (Cass., Sez. Un., n.
10/2001, Rv. 218376, e successive conformi).
Con particolare riguardo all’aspetto relativo alla soggettiva
consapevolezza di partecipare al sodalizio criminoso in esame, è ap-

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pena il caso di richiamare l’insegnamento di questa corte di legittimità, ai sensi del quale la partecipazione all’associazione criminosa non
richiede la precisa conoscenza (e, tanto meno, la deliberazione) di
tutte le attività che rientrano nel suo programma, di per sé indeterminato, essendo sufficiente la consapevolezza del partecipe della natura illecita di tali attività; egli infatti è responsabile dell’attività associativa che svolge e dei reati-fine alla cui deliberazione concorre
(Cass., Sez. 6, n. 5405/2009).
Quanto alla circostanza consistente nel ritenuto ruolo preminente rivestito dall’Alessi nel quadro dell’attività associativa allo stesso contestata, osserva il collegio come il tribunale del riesame abbia
evidenziato, con motivazione corretta, sul piano giuridico, oltre che
logicamente coerente e adeguatamente argomentata in termini fattuali, l’essenzialità delle funzioni di coordinamento e di direzione
dell’attività altrui svolta dal ricorrente nel quadro della vita del sodalizio. In tal senso, il giudice a quo deve ritenersi aver coerentemente
evidenziato le fonti di prova espressive del ruolo decisivo dell’Alessi
nello svolgimento delle attività organizzative e di controllo dell’operato dei coindagati con ruoli operativi, come in occasione degli episodi
riportati, relativi alla verifica dell’esistenza di microspie nei luoghi
frequentati dal sodalizio (solo assertivamente contestata dall’odierno
ricorrente), o nel corso delle conversazioni in cui l’Alessi assume un
significativo ruolo di superiorità (in termini di controllo e di direzione) rispetto ad altri coindagati impegnati nelle attività di spaccio degli stupefacenti, ovvero partecipa alle decisioni più rilevanti sul piano
della distribuzione delle risorse ricavate dalle attività illecite del
gruppo.
3.2.- Devono trovare viceversa accoglimento le doglianze sollevate dal ricorrente con riguardo alla ritenuta sussistenza delle circostanze di cui all’art. 80 d.p.r. n. 309/90 e di quella prevista dall’art.
7 legge n. 203/91.
Occorre, sul punto, sottolineare come, nell’ipotesi di una pluralità di reati in materia di stupefacenti, il ricorso della circostanza di
cui all’art. 8o cit., va verificato in relazione a ciascuno dei delitti
commessi, dovendo escludersi la possibilità di ravvisare il ricorso di
un’ingente quantità, dello stupefacente trattato, in virtù della sola
sommatoria dei quantitativi di volta in volta considerati, a meno che
non sia possibile identificare un’antecedente condotta avente a oggetto l’intero quantitativo, solo successivamente frazionato in quote.

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Allo stesso modo, l’aggravante in parola è configurabile anche
se la materiale disponibilità della sostanza sia frazionata tra più persone, in modo che solo dalla somma dei diversi quantitativi risulti
superato il dato ponderale necessario, tuttavia sempre a condizione
che tra essi risulti ravvisabile il concorso nel reato (Cass., Sez. 6, n.
47984/2012, Rv. 254276).
Nel caso di specie, il tribunale si è limitato ad affermare la ricorrenza dell’aggravante di cui trattasi avuto riguardo alle innumerevoli cessioni effettuate nell’arco di tempo monitorato dagli inquirenti,
senza che sia dato comprendere se il riferimento fosse alle cessioni
operate personalmente dal ricorrente, ovvero anche alle cessioni dei
concorrenti nel reato continuato che a costoro viene ascritto e, in tale
ultimo caso, se in ragione di una sommatoria delle diverse frazioni o
se per aver individuato un comune complessivo quantitativo per
l’appunto ingente.
I profili di manifesta illogicità di tale passaggio della motivazione del provvedimento impugnato (per le decisive carenze argomentative che lo affliggono) ne impone pertanto il corrispondente
annullamento, con il conseguente rinvio al giudice a quo per un nuovo esame.
Allo stesso modo, con riguardo all’aggravante di cui all’art. 7
cit., osserva il collegio come l’aggravante di aver commesso il fatto al
fine di agevolare l’attività di un’associazione di stampo mafioso postuli l’esistenza effettiva di un’associazione che abbia i caratteri indicati dall’art. 416-bis c.p., così come l’individuazione delle modalità attraverso le quali la condotta illecita contestata risulti agevolatrice
dell’associazione mafiosa.
Sul punto, la motivazione del provvedimento impugnato deve
ritenersi affetta da profili di manifesta illogicità, siccome gravata da
carenze argomentative di decisiva incidenza, atteso che l’evocazione
delle circostanze relative al funerale di Ponzo Alessandro, con il rilievo del sicuro interesse di concorrenti organizzazioni mafiose per
l’area teatro delle attività illecite in esame, non aggiunge nulla di concreto e di determinato a un quadro caotico e indistinto, risultando
quest’ultimo del tutto sconnesso – almeno nell’esposizione del tribunale catanese – da puntuali acquisizioni processuali.
3.3. – Da ultimo, devono ritenersi del tutto destituite di fondamento le censure sollevate dall’Alessi con riguardo alla motivazione dell’ordinanza impugnata riferita al riscontrato ricorso di effettive

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Per questi motivi
La Corte Suprema di Cassazione, annulla la impugnata ordinanza in punto di ritenute aggravanti ex art. 7 D.L. 152/91 convertito
in legge 203/91 e ex art. 80 D.P.R. 309/90 e rinvia per nuovo esame
sul punto al Tribunale di Catania. Rigetta nel resto.
La Corte dispone inoltre che copia del presente provvedimento
sia trasmesso al direttore dell’istituto penitenziario competente perché provveda a quanto stabilito dall’art. 94 c. 1-ter disp. att. del c.p.p..
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 14.7.2014.
Il Consigliere est.
(Marco Dell’Utri)
Il Presidente
(Gaetanino Zecca)

IL

ZIONARIO GIU
ott. zovann

ARIO

esigenze cautelali a sostegno della misura restrittiva contestata,
avendo il tribunale catanese coerentemente rilevato — in forza delle
specifiche modalità e circostanze dei fatti descritti, espressive di un
elevato grado di professionalità criminale del ricorrente – significativi
elementi di conferma della relativa pericolosità (di là dalla, ormai relativa, presunzione di cui all’art. 274, lett. c), c.p.p. riferita al delitto
associativo contestato); elementi suscettibili di predicarne il verosimile inserimento professionale nell’ambiente dello spaccio degli stupefacenti, al punto da poterne fondatamente ascrivere una spiccata
inclinazione a delinquere, sintomatica di un habitus operandi incompatibile con alcuna prognosi cautelare favorevole circa
l’esclusione della possibile reiterazione di condotte delittuose della
stessa indole; pericolosità, ritenuta nella specie ovviabile unicamente
attraverso l’adozione della sola misura cautelare di più grave entità,
secondo la valutazione sul punto espressa, in termini di coerente consequenzialità, nel provvedimento impugnato, a fronte della capacità
criminale in concreto dimostrata dal ricorrente, idonea ad escludere
la possibilità di fare affidamento sulla spontanea osservanza, da parte
dello stesso, delle prescrizioni connesse all’adozione di misure cautelari meno afffittive.

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

IV Sezione Penale

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