Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 34831 del 14/07/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 34831 Anno 2014
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: DELL’UTRI MARCO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
Piccolo Alfonso n. il 11.9.1989
avverso l’ordinanza n. 8728/2014 pronunciata dal Tribunale della libertà di Napoli il 26.11.2013;
sentita nella camera di consiglio del 14.7.2013 la relazione fatta dal
Cons. dott. Marco Dell’Utri;
sentito il Procuratore Generale, in persona del dott. A.P. Pompeo, che
ha concluso per il rigetto del ricorso.

Data Udienza: 14/07/2014

Ritenuto in fatto
i. – Con ordinanza in data 26.11.2013, il tribunale di Napoli, in
funzione di giudice del riesame, ha integralmente confermato il provvedimento in data 5.11.2013 con il quale il giudice per le indagini preliminari presso il tribunale di Napoli ha disposto la misura della custodia cautelare in carcere nei confronti di Alfonso Piccolo, in relazione alla prospettata commissione, da parte di quest’ultimo, dei reati
di estorsione e di traffico illecito di sostanze stupefacenti (del tipo cocaina), aggravati dalle circostanze costituite dall’appartenere
e dall’essersi avvalso, l’indagato, dell’appartenenza ad associazione di
stampo mafioso (c.d. clan dei casalesi), e altresì al fine di agevolare
l’attività di detta associazione.
Avverso l’ordinanza del tribunale del riesame, a mezzo del
proprio difensore, ha proposto ricorso per cassazione il Piccolo sulla
base di quattro motivi di impugnazione.
Con il primo motivo, il ricorrente censura l’ordinanza
impugnata per violazione di legge e vizio di motivazione, per avere i
giudici del merito erroneamente ritenuto sussistenti gravi indizi di
reità a carico del Piccolo, in relazione al reato di estorsione, avendo in
particolare i giudici di merito addebitato al Piccolo una condotta sostanzialmente ascrivibile al solo concorrente, Oreste Iovine, a sua volta del tutto priva di profili di illiceità, ed avendo altresì il giudice del
riesame trascurato l’analisi degli elementi di prova a discarico offerti
dalla difesa.
2.1. –

Con il secondo motivo, il ricorrente censura l’ordinanza
impugnata per violazione di legge e vizio di motivazione, avendo il
tribunale del riesame erroneamente contestato le circostanze aggravanti relative all’appartenenza a un’associazione di stampo mafioso,
della cui forza intimidatrice lo stesso indagato si sarebbe eventualmente avvalso, in assenza di elementi indiziari idonei a riscontrarne
il ricorso, e in difetto del corrispondente elemento soggettivo richiesto dall’art. 59 c.p., essendo stata limitata, l’eventuale appartenenza
all’associazione criminale, al solo concorrente, Oreste Iovine, a sua
volta colpito unicamente da un’imputazione provvisoria riferita a tale
fattispecie criminosa, e non già da alcuna sentenza definitiva di condanna.
2.2. –

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2.3. – Con il terzo motivo, il ricorrente si duole della violazione
di legge e del vizio di motivazione in cui sarebbe incorsa l’ordinanza
impugnata, per avere il tribunale del riesame erroneamente ritenuto
sussistenti gravi indizi di reità in ordine alla commissione, da parte
del Piccolo, del reato concernente il traffico illecito di sostanze stupefacenti, sulla base di pretese fonti indiziarie del tutto equivoche e prive di alcuna idonea valenza rappresentativa.
2.4. – Con il quarto motivo, il ricorrente censura l’ordinanza
impugnata per violazione di legge e vizio di motivazione, avendo il
tribunale del riesame erroneamente contestato a carico del Piccolo la
circostanza aggravante costituita dalla finalità di agevolazione di
un’associazione di stampo mafioso, in assenza di elementi indiziari
idonei a riscontrarne il ricorso, e in difetto del corrispondente elemento soggettivo richiesto dall’art. 59 c.p..
2.5. – Con nota pervenuta in data 11.7.2014, il difensore del ricorrente ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
Considerato in diritto
3. — Il ricorso è infondato.
L’ordinanza impugnata ha individuato i gravi indizi riferibili
alla prevedibile commissione di entrambi i reati contestati al ricorrente, sulla base di una motivazione dotata di logica coerenza e linearità argomentativa, avendo i giudici del merito riscontrato, le ipotesi
accusatorie relative alle fattispecie di estorsione aggravata e di traffico illecito di sostanze stupefacenti ascritti al Piccolo, sulla base di un
complesso di elementi indiziari, la cui eloquente idoneità rappresentativa appare tale da assolvere, con sufficiente concretezza ed esaustività, all’esigenza del controllo critico-argomentativo invocato
dall’odierno ricorrente.
Al riguardo, è appena il caso di sottolineare come il tribunale
del riesame abbia coerentemente e significativamente richiamato,
quale premessa idonea a orientare la ‘lettura’ del quadro ambientale
entro cui le vicende oggetto d’esame ebbero a svolgersi e a consumarsi, gli elementi di conferma del consistente spessore criminale riconducibile al co-indagato Oreste Iovine, figlio di Antonio Iovine (storico

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esponente di spicco del c.d. clan dei casalesi), il cui inserimento e la
cui rapida stabilizzazione ai vertici del clan camorristico de quo (a seguito dell’arresto del padre) sono stati eloquentemente attestati dalle
dichiarazioni rese dai collaboratori di giustizia indicati nel provvedimento impugnato (con particolare riferimento a Salvatore Venosa), la
cui attendibilità è stata confermata dai diversi elementi di riscontro
richiamati dallo stesso tribunale del riesame, con particolare riguardo
alle conferme e agli esiti assicurati dai controlli territoriali operati
dalla polizia giudiziaria, nonché alle intercettazioni di conversazioni
riportate nell’ordinanza impugnata, significativamente esplicative del
ruolo assunto da Oreste Iovine nel quadro sodalizio criminoso (cfr. 4
e ss. del l’ordinanza impugnata).
Ciò posto, il tribunale del riesame (sulla scia della ricca argomentazione elaborata dal primo giudice della cautela) ha accuratamente riproposto, nell’ordinata disposizione delle conversazioni intercettate contenuta nella motivazione del provvedimento impugnato, il contesto entro il quale la figura del Piccolo è apparsa inserita
con caratteri di certezza e univocità: un contesto legato all’organizzazione e alla realizzazione di un’attività collegata al traffico di stupefacenti, nella specie realizzato attraverso l’acquisto, da parte dello Iovine e del Piccolo, di un rilevante quantitativo di sostanza stupefacente,
intermediato dai soggetti ch’ebbero a rendersi protagonisti delle frequenti conversazioni coerentemente e adeguatamente interpretate
sul piano logico dai giudici del merito, che hanno attendibilmente ricostruito lo sviluppo, tanto della vicenda relativa alla complessa trattativa per il pagamento della fornitura in favore (anche) dell’odierno
ricorrente, quanto del successivo episodio estorsivo ai danni di Sandro Noviello, coerentemente ridisegnati, dai giudici del merito, sulla
base di una lineare rappresentazione delle conversazioni ambientali
intercettate, rielaborate attraverso una coerente interpretazione logica, che ne ha consentito una corrispondente congrua ricostruzione
argomentativa, altresì idonea a superare i deboli e incerti elementi
istruttori di contrasto solo strumentalmente e inadeguatamente offerti dalla difesa.
Osserva, inoltre, il collegio come il tribunale del riesame abbia
altresì dato conto, in termini di piena adeguatezza logico-giuridica,
anche degli aspetti relativi alla sussistenza delle circostanze aggravanti contestate, connesse all’appartenenza a un sodalizio riconduci-

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bile alle descrizioni di cui all’art. 416-bis c.p., al ricorso ai metodi intimidatori ad esso propri e al compimento degli illeciti contestati al
fine di agevolarne la sussistenza (anche sotto il profilo soggettivo
ascrivibile al Piccolo), tenuto conto della larga notorietà criminale
della famiglia Iovine e dell’attestato e largamente conosciuto inserimento, nei quadri dirigenti del sodalizio camorristico, del figlio di
Antonio Iovine, Oreste (dopo l’arresto di quello), sperimentato sodale
dell’odierno ricorrente.
In relazione a ciascuno dei punti richiamati – riferiti alla ricostruzione del quadro di gravità indiziaria relativo alle fattispecie criminose contestate al Piccolo e alla sussistenza delle corrispondenti
circostanze aggravanti profilate -, l’odierno ricorrente si è limitato a
prospettare unicamente una diversa lettura delle risultanze istruttorie acquisite, in difformità dalla complessiva ricostruzione dei giudici
di merito, deducendo (peraltro, in modo solo ipotetico e congetturale) i soli elementi astrattamente idonei a supportare la propria alternativa rappresentazione del fatto, senza tuttavia farsi carico della
complessiva riconfigurazione della vicenda oggetto di giudizio sulla
base di tutti gli elementi istruttori raccolti, che, viceversa, i giudici del
merito hanno ricostruito con adeguata coerenza logica e linearità argomentativa (sull’integrazione in un unico corpo argomentativo delle
sentenze di primo e di secondo grado concordi nell’analisi e nella valutazione degli elementi di prova posti a fondamento delle rispettive
decisioni, cfr. Cass., Sez. i, n. 8868/2000, Rv. 216906 e segg. conformi).
Sul punto, è appena il caso di richiamare il consolidato insegnamento della giurisprudenza di legittimità, ai sensi del quale la
modificazione dell’art. 606 lett. e) c.p.p., introdotta dalla legge n.
46/2006, consente la deduzione del vizio del travisamento della prova là dove si contesti l’introduzione, nella motivazione, di un’informazione rilevante che non esiste nel processo, ovvero si ometta la valutazione di una prova decisiva ai fini della pronuncia. Il sindacato
della corte di cassazione rimane tuttavia quello di sola legittimità, si
che continua a esulare dai poteri della stessa quello di una rilettura
degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, una volta
riscontrata la coerente e logica ricostruzione operatane dal giudice di
merito (v., ex mukis, Cass., Sez. 2, 11. 23419/2007, Rv. 236893).

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Da ciò consegue che gli “altri atti del processo specificamente
indicati nei motivi di gravame” menzionati dal testo vigente dell’art.
6o6, comma primo, lett. e), c.p.p., non possono che essere quelli concernenti fatti decisivi che, se convenientemente valutati anche in relazione all’intero contesto probatorio, avrebbero potuto determinare
una soluzione diversa da quella adottata, rimanendo esclusa la possibilità che la verifica sulla correttezza e completezza della motivazione
si tramuti in una nuova valutazione delle risultanze acquisite, da contrapporre a quella effettuata dal giudice di merito (Cass., Sez. 4, n.
35683/2007, Rv. 237652), sempre che sia da escludere con evidenza
la prospettazione di un ragionevole dubbio circa l’effettivo raggiungimento dell’accertamento della responsabilità penale dell’imputato.
È appena il caso di sottolineare come gli elementi istruttori in
questa sede utilizzati dal tribunale del riesame chiedono d’essere valutati nella fluida prospettiva della gravità indiziaria riferita alla riconducibilità all’indagato delle fattispecie criminose allo stesso
ascritte, la cui funzione (lungi dall’attestare in termini di piena certezza probatoria il ricorso della responsabilità penale dell’indagato)
non può che limitarsi al riscontro di una rilevante probabilità di fondatezza delle ipotesi criminose prospettata in sede d’accusa.
Entro i confini segnati da tali premesse dev’essere, pertanto,
considerato il tema della prova della consumazione dei reati oggetto
dell’odierno esame, dovendo ritenersi pienamente condivisibile, in
termini di coerenza logica e di linearità argomentativa, il ragionamento seguito dal tribunale del riesame in ordine alla rilevante probabilità dell’effettiva consumazione delle fattispecie criminose prospettate con riferimento all’odierno ricorrente.
Il riscontro dell’integrale infondatezza dei motivi
4.
d’impugnazione illustrati con il ricorso proposto in questa sede, impone il rigetto dello stesso e la condanna del ricorrente al pagamento
delle spese processuali.

Per questi motivi
La Corte Suprema di Cassazione, rigetta il ricorso e condanna
il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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La Corte dispone inoltre che copia del presente provvedimento
sia trasmesso al direttore dell’istituto penitenziario competente perché provveda a quanto stabilito dall’art. 94 c. i-ter disp. att. del c.p.p..
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 14.7.2014.

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