Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 34828 del 19/06/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 34828 Anno 2014
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: PICCIALLI PATRIZIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
KONDA KLODJAN N. IL 20/11/1980
avverso l’ordinanza n. 67/2014 TRIB. LIBERTA’ di TORINO, del
17/02/2014
sentitala relazione fatta dal Consigliere Dott. PATRIZIA FLIIALLI;
e/sentite le conclusioni del PG Dott. ago 15:2

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Data Udienza: 19/06/2014

Uditi difensor Avv.;

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Ritenuto in fatto

KONDA Klodian, tramite difensore, ricorre avverso l’ordinanza di cui in epigrafe che ha
rigettato l’istanza di riesame avverso il provvedimento che ha applicato nei suoi confronti
la misura della custodia in carcere in relazione al reato riguardante la detenzione illecita
di sostanza stupefacente del tipo cocaina, aggravata dalla circostanza della ingente

Il Konda contesta il giudizio valutativo in ordine solo alle esigenze cautelari e alla
adeguatezza della imposta misura della custodia in carcere, sottolineando che il ruolo di
“corriere” allo stesso riconosciuto non era incompatibile con il regime degli arresti
domiciliari.

Considerato in diritto

Il ricorso è infondato.

Va riconosciuto in premessa che, in materia di misure cautelari personali, la Corte di
cassazione non ha alcun potere di revisione degli elementi materiali e fattuali delle
vicende indagate, ivi compreso lo spessore degli indizi, ne’ [per quanto interessa] di
rivalutazione delle condizioni soggettive dell’indagato, in relazione alle esigenze cautelari
ed alla adeguatezza delle misure, trattandosi di apprezzamenti di merito rientranti nel
compito esclusivo e insindacabile del giudice che ha applicato la misura e del tribunale
del riesame. Il controllo di legittimità è quindi circoscritto all’esame del contenuto dell’atto
impugnato per verificare, da un lato, le ragioni giuridiche che lo hanno determinato e,
dall’altro, l’assenza di illogicità evidenti, ossia la congruità delle argomentazioni rispetto
al fine giustificativo del provvedimento. Pertanto, il ricorso per cassazione che deduca
insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza oppure inattualità ed assenza delle esigenze
cautelari, è ammissibile soltanto se denuncia la violazione di specifiche norme di legge,
ovvero la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento, secondo i canoni della
logica ed i principi di diritto, ma non anche quando propone censure che riguardino la
ricostruzione dei fatti ovvero che si risolvano in una diversa valutazione delle circostanze
esaminate e valorizzate dal giudice di merito (Sezione V, 5 giugno 2013, Spagnolo).

In questa prospettiva, la decisione regge ampiamente il vaglio di legittimità anche nella
parte dedicata all’apprezzamento cautelare ed alla scelta della misura.

2

qua ntita’.

Il giudice de libertate

ha ampiamente descritto il grave [e pacifico, perché non

contestato] episodio che ha visto coinvolto il Koda ed ha speso numerosi riferimenti al
contributo materiale da questi fornito, assolutamente non occasionale né marginale.

In questa prospettiva, il riferimento alla gravità del fatto desunta dai quantitativi di
droga trattati, dal numero di persone coinvolte, per la disponibilità di un luogo diverso da
un’abitazione privata ( l’officina meccanica) che ha giustificato il ravvisato rischio di

ammette censure in questa sede, stante i rilevati limiti del giudizio di legittimità.

Nello stesso senso è stato altresì correttamente evidenziata la personalità del Koda

5e

gravato da due condanne per altrettanti gravi reati, di cui uno specifico, commessi
utilizzando noni:diversi.

Ciò vale anche con riferimento alla scelta della misura.

In materia di misure cautelari, a fronte della tipizzazione da parte del legislatore di un
“ventaglio” di misure di gravità crescente, il criterio di “adeguatezza” di cui all’articolo
275, comma 1, c.p.p., dando corpo al principio del “minore sacrificio necessario” (di
recente, ribadito dalla Corte costituzionale, nella sentenza 22 luglio 2011 n. 231),
impone al giudice di scegliere la misura meno afflittiva tra quelle astrattamente idonee a
tutelare le esigenze cautelari ravvisabili nel caso di specie (Sezione VI, 22 settembre
2001, Lucchese): ciò che qui risulta essere stato fatto, proprio in ragione del giudizio
formulato sulla gravità del fatto, tale da imporre il carcere quale unica misura idonea a
soddisfare l’esigenza cautelare correlata al rischio di recidiva, essendo “necessario il
massimo controllo sulla persona degli indagati.., che una diversa misura custodiale non
potrebbe garantire”.

Al rigetto del ricorso consegue la condanna del medesimo ex art. 616 c.p.p. al pagamento
delle spese processuali.

3

recidiva e la necessità di applicare il carcere è riferimento ampiamente satisfattivo e non

PQM
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
La Corte dispone inoltre che copia del presente provvedimento sia trasmessa al direttore
dell’istituto penitenziario competente perché provveda a quanto stabilito dall’art. 94
comma 1 ter disp.att. c.p.p

Così deciso nella camera di consiglio del 19 !:nn.5 2014

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