Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 34824 del 19/06/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 34824 Anno 2014
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: GRASSO GIUSEPPE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

OlDf7e24,

OMORODION HARRY PRINCE N. IL 27/06/1966 (J I:
OMORODION JOY N. IL 06/12/1969
ClIktutto-i?

CeiP4 )

avverso l’ordinanza n. 111/2012 CORTE APPELLO di CATANIA, del
22/02/2013
sentita la lazione fatta dal Consigliere D tt. GIUSEPPE GRASSO;
lette/wAfite le conclusioni del PG Dott.
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ì.Q tfr_eit i/t/9 4-041) D’UNI (i ett9A.,j (Ad

Udit i d

or Avv.;

– At,vtj

~Pe.

Data Udienza: 19/06/2014

FATTO E DIRITTO

1. Omorodion Harry Prince (CUI: 01DP88Q, in relazione a numerosi alias) e
Omorodion Joy, a mezzo del proprio difensore, propongono ricorso per
cassazione avverso l’ordinanza della Corte di Appello di Catania, del 22/2/2013,
con la quale venne rigettata la loro istanza di riparazione per l’ingiusta
detenzione subita, in regime di custodia cautelare, dal 15/3/2003 al 28/5/2004,
per il delitto di cui agli artt. 416bis, cod. pen. 12, co. 1 e 3, d.lgs. n. 286/’98, 7,

1.1. Consta dal provvedimento oggi posto al vaglio di legittimità che il
primigenio provvedimento di merito del 6/6/2007, con il qual l’istanza era stata
rigettata, è stato annullato da questa Corte con sentenza dell’11/12/2008 e che
il provvedimento del 24/6/2009, emesso in sede di rinvio, con il quale si ribadiva
il rigetto della pretesa, del pari annullato con sentenza del 21/3/2012.
Giudicando, ora, sul rinvio disposto con l’ultima indicata statuizione di legittimità,
la Corte territoriale ha nuovamente disatteso la pretesa indennitaria. Avverso
quest’ultima determinazione gli interessati hanno nuovamente proposto ricorso
per cassazione.

2. La Corte territoriale era stata chiamata ad individuare e delineare la
condotta gravemente colpevole dei ricorrenti che aveva inciso sulla
determinazione cautelare, alla quale non ha poi corrisposto l’affermazione di
penale responsabilità.
La Corte di merito, evidenzia che «entrambi gli istanti ebbero a porre in essere
dei comportamenti sicuramente sospetti e tali da concorrere a comporre, nel
contesto delle complessive emergenze investigative, un quadro di rilevanti indizi
di colpevolezza nei loro confronti, componenti il grave quadro indiziario che ha
correttamente determinato l’applicazione e il mantenimento nei confronti degli
stessi della misura cautelare detentiva in ordine ai reati ascritti». Soggiunge,
poi, il Giudice del rinvio che i ricorrenti si erano sottratti all’interrogatorio e che
avevano omesso di dimostrare «ragioni plausibili della discolpa>>.

3. Il due ricorrenti hanno chiesto l’annullamento dell’ordinanza impugnata
denunziando vizio motivazionale in questa sede rilevabile, violazione di legge e
travisamento.
Queste, in sintesi, le ragioni esposte. Assumono i predetti che la Corte catanese
era incorsa in plurime e gravi incongruenze motivazionali, costituenti, ad un
tempo violazione di legge: 1) non era stato in alcun modo chiarito in cosa fosse

d.l. n. 152/’91, dai quali verranno assolti per non avere commesso il fatto.

consistito il comportamento gravemente colposo e la sua incidenza sulla
decisione cautelare; 2) la Corte di merito aveva inopinatamente ripercorso il
giudizio di merito, conclusosi con la sentenza assolutoria, allo scopo di
evidenziare illegittimamente pretese carenze; 3) la colpa grave dei richiedenti
viene fatta illogicamente derivare dalla assunta attendibilità della persona offesa;
4) invece che motivare sulla colpa grave, come era stato richiesto dalla
Cassazione al Giudice del rinvio, questo, come nel passato, si era limitato a
rimproverare ai richiedenti di non aver fornito elementi utili a

«negare la

e la consolidata interpretazione maturata in sede di legittimità, non era dato
rinvenire alcun autonomo e completo apprezzamento «di tutti gli elementi
probatori disponibili in riferimento alla concretizzazione di condotte palesanti una
macroscopica negligenza, imprudenza o violazione di legge».

Inoltre,

travisando la prova la Corte catanese aveva affermato che Omorodion Joy si era
avvalsa della facoltà di non rispondere in sede d’interrogatorio di garanzia, il che
non corrispondeva al vero, in quanto la predetta, in quella sede, aveva
proclamato la propria estraneità ai fatti che le venivano contestati.

4. L’Avvocatura generale dello Stato, costituitasi in giudizio per il Ministero
dell’Economia e Finanze con una memoria pervenuta il 4/6/2014, ha chiesto
rigettarsi il ricorso.

5. Il ricorso è fondato per quanto appresso.

5.1. La giurisprudenza di legittimità è costantemente orientata nel senso
tracciato dalle Sezioni unite di questa Corte con la sentenza n. 34559 del
15.10.2002, secondo la quale in tema di riparazione per l’ingiusta detenzione, il
giudice di merito, per valutare se chi l’ha patita vi abbia dato o concorso a darvi
causa con dolo o colpa grave, deve apprezzare, in modo autonomo e completo,
tutti gli elementi probatori disponibili, con particolare riferimento alla sussistenza
di condotte che rivelino eclatante o macroscopica negligenza, imprudenza o
violazione di leggi o regolamenti, fornendo del convincimento conseguito
motivazione, che, se adeguata e congrua, è incensurabile in sede di legittimità.
E’ quindi determinante stabilire se la Corte di merito abbia motivato in modo
congruo e logico in ordine alla idoneità della condotta posta in essere dallo
istante ad ingenerare nel giudice che emise il provvedimento restrittivo della
libertà personale il convincimento di un probabile concorso nell’illecita detenzione
di stupefacente.

sussistenza delle propalazioni accusatorie»; 5) in definitiva, violando la legge,

5.2. Come a suo tempo chiarito, non potendo l’Ordinamento, nel momento
in cui fa applicazione della regola solidaristica, alla base del diritto al
risarcimento in esame, obliterare il principio di autoresponsabilità che incombe
su tutti i consociati, allorquando interagiscono nella società (trattasi, in fondo,
della regola che trova esplicitazione negli artt. 1227 e 2056, cod. civ.), deve
intendersi idonea ad escludere la sussistenza del diritto all’indennizzo, ai sensi
dell’art. 314 comma 1 c.p.p., non solo la condotta volta alla realizzazione di un
evento voluto e rappresentato nei suoi termini fattuali, sia esso confliggente o

volontaria i cui esiti, valutati dal giudice del procedimento per la riparazione con
il parametro dell’id quod plerumque accidit secondo le regole di esperienza
comunemente accettate, siano tali da creare una situazione di allarme sociale e
di doveroso intervento dell’autorità giudiziaria a tutela della comunità,
ragionevolmente ritenuta in pericolo. Poiché inoltre, anche ai fini che qui
interessano, la nozione di colpa è data dall’art. 43 c.p., deve ritenersi ostativa al
riconoscimento del diritto alla riparazione, ai sensi del predetto comma 1 dell’art.
314 c.p.p., quella condotta che, pur tesa ad altri risultati, ponga in essere, per
evidente, macroscopica negligenza, imprudenza, trascuratezza, inosservanza di
leggi, regolamenti o norme disciplinari, una situazione tale da costituire una non
voluta, ma prevedibile, ragione di intervento dell’autorità giudiziaria che si
sostanzi nell’adozione di un provvedimento restrittivo della libertà personale o
nella mancata revoca di uno già emesso (in puntuali termini, S.U., 13/12/1995,
n. 43)
A tal riguardo, la colpa grave può concretarsi in comportamenti sia processuali
sia di tipo extraprocessuale, come la grave leggerezza o la rilevante
trascuratezza, tenuti sia anteriormente che successivamente al momento
restrittivo della libertà personale; onde l’applicazione della suddetta disciplina
normativa non può non imporre l’analisi dei comportamenti tenuti
dall’interessato, anche prima dell’inizio dell’attività investigativa e della relativa
conoscenza, indipendentemente dalla circostanza che tali comportamenti non
integrino reato (anzi, questo è il presupposto, scontato, dell’intervento del
giudice della riparazione) (in puntuali termini, Sez. IV, 16/10/2007, n. 42729).
Peraltro, intangibile il diritto al silenzio e anche al mendacio, è evidente che in
presenza di una situazione fattuale che integri gravi indizi di colpevolezza a
carico dell’indagato, ove costui sia portatore di conoscenza capace di pienamente
ripristinare la verità dei fatti, non può pretendere di avvantaggiarsi
dell’indennizzo di legge, ove non abbia fornito quel minimo di collaborazione che
sarebbe stata idonea a fare piena luce.

3

meno con una prescrizione di legge, ma anche la condotta consapevole e

5.3. La Corte territoriale, nel caso di specie, piuttosto che individuare i
comportamenti di cui sopra detto, estranei alla condotta di reato addebitata e,
tuttavia, risultati rilevanti per l’emissione del provvedimento restrittivo della
libertà personale, con grave incongruenza, per un verso, mostrando di
confondere l’accertamento svolto dal giudice della penale responsabilità,
ovviamente intangibile in questa sede, indugia a valorizzare la seria attendibilità
del quadro probatorio, rimasto tuttavia smentito e, per altro verso, addebita non
meglio specificati comportamenti <> ai due ricorrenti.

sospetti, ma neppure viene affermato che trattasi di condotte diverse da quelle
contestate in sede penale e non smentite dal giudice dell’imputazione. Condotte,
come si è chiarito prima, messe in atto con colpa grave, tali da aver fatto
apparire plausibile il quadro indiziario delineatosi a carico. Ovviamente, proprio
perché si tratta di un fatto esterno alla sfera volitiva dei richiedenti l’indennizzo,
non può loro addebitarsi il quadro indiziario in generale, né, tantomeno,
l’attendibilità delle dichiarazioni accusatorie di terzi; dichiarazioni, queste, che
ben possono avere giustificato l’emissione della misura cautelare e che, tuttavia,
non hanno retto al vaglio di merito.
In definitiva, ancora una volta, il giudice del rinvio confonde i piani della
decisione che è chiamato a rendere, la quale, esclusa ogni rivisitazione delle
valutazioni del giudice dell’imputazione, deve negare accesso all’indennizzo ove
consti che il richiedente abbia, per grave imprudenza, sciatteria, negligenza o
violazione di norme, contribuito ad ingenerare negli inquirenti il sospetto di
colpevolezza (solo a titolo d’esempio, basti pensare a condotte esibite per mera
millanteria; a conversazioni, che per il linguaggio utilizzato corroborino accuse
specifiche; omessa collaborazione al ripristino della verità, ove il soggetto sia
portatore di un sapere specifico e liberatorio; comportamenti di sintomatico
evitamento, quali fughe e distruzione di oggetti che al momento appaiano di
rilievo sintomatico univoco, ecc.).
Alla luce di quanto si è andato affermando è certamente gravemente illogico,
oltre che contrario al significato del regolamento normativo qui al vaglio,
addebitare al soggetto richiedente di non aver fornito <>. Trattasi d’una inversione della prova del tutto disancorata dal testo
normativo e dal corretto logico inferire. Invero, solo dopo avere individuato una
condotta gravemente colposa del tipo di quelle che si è prima evidenziato il
giudice dell’indennizzo può pretendere che il richiedente fornisca plausibili
spiegazioni. Diversamente, costui, sarebbe chiamato a fornire la prova della
propria innocenza, nonostante la presenza della sentenza liberatoria, per
accedere al ristoro che la legge gli nega nel solo caso in cui abbia, con colpa

Ora, non solo, non è dato sapere quali siano questi comportamenti gravemente

grave, tenuto comportamenti tali da aver interferito sulla determinazione
giudiziale che impose la restrizione cautelare.
Infine, va ribadito, che, in ogni caso, il silenzio dell’indagato non può equipararsi
a condotta gravemente colposa, salvo il caso in cui, come si è detto, tale
atteggiamento procuri una decisiva perdita di sapere, che la condotta
collaborativa avrebbe evitato; evenienza che qui non pare ricorrere.

5.4. Nel giudizio di rinvio, conseguente all’annullamento dell’ordinanza

enunciati, riscontrati dagli atti processuali, se e quali condotte dei ricorrenti, non
escluse dalla sentenza assolutoria, abbiano avuto efficacia causale nell’emissione
del provvedimento restrittivo. Condotte, ovviamente, implicanti violazione di
quelle minime regole di cautela il cui rispetto è da attendersi da tutti i consociati,
in base al principio di autoresponsabilità. Nell’individuazione di tali condotte
assumerà un rilievo non secondario l’eventuale silenzio ostinatamente serbato
dal soggetto davanti ad una situazione fattuale che avrebbe richiesto l’apporto di
fattive conoscenze nel possesso del medesimo. Ciò significa che in sede di rinvio
dovrà farsi luogo all’approfondita individuazione dei comportamenti specifici di
sospetto messi in atto dai ricorrenti, estranei al fatto di reato e rimasti non
giudizialmente smentiti; alla valutazione del concreto significato liberatorio che
sui medesimi eventuali comportamenti avrebbero avuto i chiarimenti dei
ricorrenti; infine, alla verifica dell’effetto causale degli stessi comportamenti
sull’irrogazione della misura.

P.Q.M.

Annulla la impugnata ordinanza con rinvio alla Corte di Appello di Catania per
nuovo esame.

Così deciso nella camera di consiglio del 19/6/2014.

impugnata, la Corte territoriale dovrà verificare, sulla base dei principi sopra

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