Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 34823 del 19/06/2014
Penale Sent. Sez. 4 Num. 34823 Anno 2014
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: PICCIALLI PATRIZIA
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D’APPELLO DI
VENEZIA
nei confronti di:
BORRIELLO CARMINE N. IL 16/07/1946
avverso l’ordinanza n. 56/2010 CORTE APPELLO di VENEZIA, del
20/07/2012
sentita la r azione fatta dal Consigliere .1»tt. PATRIZIA PICCIALLI;
lette/se • te le conclusioni del PG Dott.
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U-<."L\ ve•-1J-7.0 ^ 1/44,r4±-0 Data Udienza: 19/06/2014 Uditi difensor Avv.; i Ritenuto in fatto Con l'ordinanza indicata in epigrafe, la Corte d'appello di Venezia liquidava a favore
di Borriello Carmine la somma di euro 40.000 per l'ingiusta detenzione subita
nell'ambito di un procedimento in cui erano stati contestati all'istante delitti afferenti
la violazione della legge in tema di sostanze stupefacenti da cui veniva assolto con la La Corte di merito, nell'accogliere l'istanza, dava atto dei pareri in senso contrario
espressi dal PG e dall'Avvocatura dello Stato ed affermava che non poteva ritenersi
configurabile la colpa grave dell'istante "per il fatto di avere nello svolgimento di altre
attività illecite- quali il commercio di capi di abbigliamento contraffatto od il
contrabbando- usato nel corso delle telefonate intercettate un linguaggio che poteva
ritenersi riferibile allo spaccio della droga, in quanto lo stesso aveva fornito agli
inquirenti una spiegazione alternativa plausibile in ordine alla natura dei rapporti che
risultava effettivamente intrattenere con i coimputati". Avverso la citata ordinanza propone ricorso per cassazione il Procuratore generale
presso la Corte di appello di Venezia il quale articola un unico motivo con il quale
lamenta la violazione dell'art. 314 c.p.p, anche sul rilievo di un grave travisamento
degli elementi di fatto acquisiti. Il ricorrente evidenzia in fatto che il Borriello nel corso dell'interrogatorio dinanzi al
GIP, pur negando di avere mai trattato affari inerenti lo spaccio di sostanze
stupefacenti aveva ammesso di avere trattato con il suo interlocutore numerosi affari
illeciti concernenti il commercio di articoli di abbigliamento con marchi contraffatti ed
aveva affermato di svolgere occasionalmente l'attività di contrabbandiere, utilizzando
autoveicoli di provenienza lecita, mai identificati dalle Forze dell'ordine come
coinvolti in attività delittuose. Ciò premesso si sostiene la carenza di motivazione con riferimento alla ritenuta
esclusione della configurabilità della colpa grave dell'istante nell'adozione e nel
mantenimento della misura cautelare nei confronti del Borriello, alla cui conclusione
il giudice della riparazione era pervenuto anche svalorizzando il contenuto criptico
delle telefonate intercettate. Si deduce, infine, che, contrariamente a quanto
sostenuto dalla Corte di merito, il Borriello non aveva fornito agli inquirenti alcuna
spiegazione alternativa plausibile in ordine alla natura dei rapporti effettivamente
intercorsi con i coimputati. 2 formula perchè il fatto non sussiste. Il Ministero dell'Economia e delle Finanze ha ritualmente depositato una memoria
difensiva con la quale censura la decisione della Corte di appello di Milano, che
aveva riconosciuto il diritto alla riparazione dell'istante e conclude per il rigetto del
ricorso. Considerato in diritto Il ricorso è fondato, in conformità delle conclusioni del Procuratore generale presso L'ordinanza impugnata è assolutamente carente, oltre che erronea, in merito
all'indagine devoluta al giudice della riparazione sulla sussistenza di eventuali
elementi ostativi all'affermazione del diritto dell'istante. In proposito appare opportuno ricordare i principi affermati da questa Corte in
merito al contenuto ed ai limiti della indagine devoluta al giudice della riparazione
sulla sussistenza di eventuali elementi ostativi all'affermazione del diritto
dell'istante.
Si è, innanzitutto, affermato che il giudice, nell'accertare la sussistenza o meno della
condizione ostativa all'indennizzo, data dall'incidenza causale del dolo o della colpa
grave dell'interessato nella produzione dell'evento costitutivo del diritto, deve
valutare la condotta da questi tenuta sia anteriormente sia successivamente al
momento restrittivo della libertà, pur puntualizzandosi che, in relazione ai
comportamenti processuali, il relativo apprezzamento non può prescindere dalle
cautele insite nel rispetto per le scelte di strategia difensiva che l'interessato abbia
ritenuto di adottare. Si è pure sottolineato che agli effetti della valutazione circa la condotta sinergica
dell'interessato come causa ostativa al riconoscimento del beneficio, deve intendersi
colposa quella condotta che, pur tesa ad altri risultati, ponga in essere, per evidente,
macroscopica negligenza, imprudenza o violazione di leggi o regolamenti, una
situazione tale da costituire una non voluta, ma prevedibile ragione di intervento
dell'autorità giudiziaria, che si sostanzi nell'adozione di un provvedimento restrittivo
della libertà personale o nella mancata revoca di uno già emesso ( v. da ultimo,
Sezioni unite, 28 novembre 2013, n. 51779, Nicosia) . Quanto agli elementi ed ai criteri di apprezzamento che devono assistere il giudice
nel procedimento per la riparazione della ingiusta detenzione, si è in più occasioni 3 questo Ufficio. messa in luce l'esigenza di distinguere nettamente l'operazione logica propria del
giudice del processo penale, volta all'accertamento della sussistenza di un reato e
della sua commissione da parte dell'imputato, da quella propria del giudice della
riparazione, il quale, pur dovendo operare eventualmente sullo stesso materiale,
deve seguire un iter logico motivazionale del tutto autonomo, perché è suo compito
stabilire non se determinate condotte costituiscano o meno reato, ma se queste si
sono poste come fattore condizionante, anche nel concorso dell'altrui errore, alla
produzione dell'evento detenzione, ed in relazione a tale aspetto della decisione egli rivalutarlo, bensì al fine di controllare la ricorrenza o meno delle condizioni
dell'azione, di natura civilistica, sia in senso positivo che in senso negativo, compresa
l'eventuale sussistenza di una causa di esclusione del diritto alla riparazione.
In particolare, è consentita al giudice della riparazione la rivalutazione dei fatti non
nella loro valenza indiziaria o probante (smentita dall'assoluzione), ma in quanto
idonei a determinare, in ragione di una macroscopica negligenza od imprudenza
dell'imputato, l'adozione della misura, traendo in inganno il giudice ( v., tra le tante,
Sezione IV, 10 giugno 2010, n. 34662, La Rosa).
Nello stesso senso va sottolineato che, nel valutare il comportamento tenuto
dall'istante, il giudice della riparazione, deve fare riferimento al materiale acquisito al
processo di cognizione, tra cui, assume certamente una posizione di rilievo
l'ordinanza cautelare, che consente al giudicante di rapportare il comportamento
tenuto dall'imputato alla situazione esistente nel momento in cui tale provvedimento
venne adottato o mantenuto, così da effettuare il giudizio che gli compete sulla base
dello stesso materiale avuto a disposizione dal giudice che ha provveduto sulla
cautela.
Elementi di valutazione della condotta sinergica all'evento detenzione possono e
devono essere tratti anche dal giudizio svoltosi in sede di merito, qualora nel corso
della istruzione dibattimentale siano emerse circostanze rilevanti in tal senso, che
meglio qualificano i fatti posti a fondamento della misura cautelare.
Ciò che rileva, in ogni caso, è che il giudice è tenuto sia ad indicare gli specifici
comportamenti addebitabili all'interessato sia a motivare in che modo tali
comportamenti abbiano inciso sull'evento detenzione.
Nel caso di specie il giudice della riparazione non ha applicato correttamente i
principi sopra indicati.
La Corte di merito, nell'escludere la sussistenza della colpa grave dell'istante nella
causazione dello stato detentivo, non ha compiuto in concreto la disamina del
provvedimento con il quale venne disposta la misura coercitiva a carico del
4 ha piena ed ampia libertà di valutare il materiale acquisito nel processo, non già per ricorrente, allo scopo di verificare se tale provvedimento fu adottato o meno per
effetto anche di quei comportamenti evidenziati nell'ordinanza impugnata, dei quali
apoditticamente è stata esclusa la natura colposa. E' fondata infatti la doglianza del ricorrente laddove lamenta che l'ordinanza impugnata aveva omesso di analizzare la gravità degli elementi indiziari con
riferimento al Borriello e non aveva prestato attenzione al nesso di condizionamento I
tra il comportamento del ricorrente e la misura cautelare che gli venne applicata, Il giudice della riparazione è così venuto meno alli adempimento dello obbligo
motivazionale avendo omesso di verificare se il comportamento colposo ( o doloso)
dell'istante, abbia contribuito in via sinergica alla applicazione della misura
cautelare per i reati al medesimo contestati. La carenza di motivazione comporta l'annullamento con rinvio al giudice a quo del
provvedimento impugnato, al quale si rimette anche la liquidazione delle spese
sostenute dall'Amministrazione resistente in questo giudizio.
P.Q.M
annulla l'ordinanza impugnata con rinvio alla Corte di appello di Venezia per nuovo
esame. Spese tra le parti al definitivo.
Così deciso nella camera di consiglio del 19 giugno 2014 Il Consigliere estensore Il Presidente recependo criticamente le istanze difensive.