Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3478 del 12/11/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 3478 Anno 2015
Presidente: ROMIS VINCENZO
Relatore: GRASSO GIUSEPPE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

GUITO GEORGES MAGLOIRE R. YANNICK N. IL 13/10/1990
avverso l’ordinanza n. 45/2012 CORTE APPELLO di ROMA, del
29/10/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIUSEPPE GRASSO;
lette/spa.titt le conclusioni del PG Dott.
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Data Udienza: 12/11/2014

FATTO E DIRITTO

1. Guito Georges Magloire R. Vannick, a mezzo del proprio difensore, ha
proposto ricorso per cassazione avverso l’ordinanza della Corte di Appello di
Roma, depositata il 5/11/2013, con la quale venne rigettata la di lui istanza di
riparazione per l’ingiusta custodia cautelare subita dal 27/10/2009 al 28/5/2010,
con l’accusa di aver violato l’art. 73 del d.P.R. n. 309/1990, dalla quale era stato

2. La Corte territoriale ravvisò la circostanza escludente del diritto alla
riparazione di cui all’art. 314, 1° comma, cod. proc. pen., e cioè di avere
concorso a dare causa all’emissione del provvedimento restrittivo della libertà
personale per colpa grave, per quanto appresso.
Il Guito, secondo quel che era stato appurato dalla sentenza assolutoria,
coabitava con altri due cittadini extracomunitari in un piccolo alloggio all’interno
del quale erano stati rinvenuti involucri in cellophane contenenti cocaina, un
bilancino di precisione, materiale utilizzabile per il confezionamento in dosi.
Valorizzati i luoghi di allocazione di quanto sequestrato, che non si trovavano
nell’esclusiva disponibilità di tale Brahimi (uno degli altri due coabitanti che si era
attribuito l’esclusiva colpa della detenzione) o che, addirittura, erano stati
rinvenuti in un ambiente direttamente riferibile anche al ricorrente, tenuto conto
dell’esiguità degli spazi e della non breve convivenza, per la Corte territoriale
l’esclusione della penale responsabilità non implicava negazione della
consapevolezza della situazione rischiosa, in quanto «convivere addirittura
nella stessa stanza con chi detiene e spaccia droga significa accettare il rischi
conseguenti ai controlli che le forze di polizia operano; significa porre un
significativo condizionamento nei confronti della polizia giudiziaria e dell’autorità
giudiziaria, e dei provvedimenti che esse sono chiamate, ciascuna per la propria
parte, ad adottare».

3.

Il Guito, con la lapidaria esposta censura chiede l’annullamento

dell’ordinanza impugnata criticando il ragionamento della Corte territoriale,
evidenziandosi che al momento della perquisizione il ricorrente non era in casa;
che lo stupefacente era di pertinenza del compagno di stanza, con il quale non
aveva confidenzialità di rapporti; che quanto sequestrato non era a vista, ma
ben occultato. La circostanza che il terzo coinquilino fosse a conoscenza che il
Brahimi deteneva lo stupefacente non implicava che anche il Guito ne fosse
consapevole; in ogni caso, anche ammesso il contrario, da ciò non potevasi
ricavare la grave colpevole condotta ostativa al riconoscimento dell’indennizzo

poi assolto.

4. Il ricorso va dichiarato inammissibile in quanto aspecifico e, comunque,
manifestamente infondato.

4.1. E’ determinante stabilire se la Corte di merito abbia motivato in modo
congruo e logico in ordine alla idoneità della condotta posta in essere dallo
istante ad ingenerare o, perlomeno rafforzare, nel giudice che emise il
provvedimento restrittivo della libertà personale il convincimento di un probabile

sussiste.
Il Guito, infatti, consapevole che in quell’appartamento fosse detenuto da altri
stupefacente e materiale idoneo al confezionamento in dosi (sul punto il
ragionamento della Corte di Roma appare intangibile in questa sede), accettando
una tale situazione, foriera dell’evidente rischio specifico di mostrarsi, in caso di
controlli, esposto ad essere assimilato alla posizione del colpevole, incorse in
macroscopica imprudenza. Una tale condotta, invero, si risolve in una forma di
connivenza agevolativa, che, pur estranea alla fattispecie penale, integra, a sua
volta, ipotesi di colpa grave (si vedano, Sez. IV, 10/6/2008, n. 40297; cfr. anche
28/11/2007, n. 4194; n. 10987/2007; 15/12/1993, De Longis).
Difatti, come a suo tempo chiarito, non potendo l’Ordinamento, nel momento in
cui fa applicazione della regola solidaristica, alla base del diritto al risarcimento
in esame, obliterare il principio di autoresponsabilità che incombe su tutti i
consociati, allorquando interagiscono nella società (trattasi, in fondo, della regola
che trova esplicitazione negli artt. 1227 e 2056, cod. civ.), deve intendersi
idonea ad escludere la sussistenza del diritto all’indennizzo, ai sensi dell’art. 314
comma 1 c.p.p., non solo la condotta volta alla realizzazione di un evento voluto
e rappresentato nei suoi termini fattuali, sia esso confliggente o meno con una
prescrizione di legge, ma anche la condotta consapevole e volontaria i cui esiti,
valutati dal giudice del procedimento riparatorio con il parametro dell’id quod
plerumque accidit secondo le regole di esperienza comunemente accettate, siano
tali da creare una situazione di allarme sociale e di doveroso intervento
dell’autorità giudiziaria a tutela della comunità, ragionevolmente ritenuta in
pericolo. Poiché inoltre, anche ai fini che qui interessano, la nozione di colpa è
data dall’art. 43 c.p., deve ritenersi ostativa al riconoscimento del diritto alla
riparazione, ai sensi del predetto comma 1 dell’art. 314 c.p.p., quella condotta
che, pur tesa ad altri risultati, ponga in essere, per evidente, macroscopica
negligenza, imprudenza, trascuratezza, inosservanza di leggi, regolamenti o
norme disciplinari, una situazione tale da costituire una non voluta, ma
prevedibile, ragione di intervento dell’autorità giudiziaria che si sostanzi

concorso nell’illecita detenzione di stupefacente. Motivazione che nella specie

nell’adozione di un provvedimento restrittivo della libertà personale o nella
mancata revoca di uno già emesso (in puntuali termini, S.U., 13/12/1995, n.
43).
A tal riguardo, la colpa grave può concretarsi in comportamenti sia processuali
sia di tipo extraprocessuale, come la grave leggerezza o la rilevante
trascuratezza, tenuti sia anteriormente che successivamente al momento
restrittivo della libertà personale; onde l’applicazione della suddetta disciplina
normativa non può non imporre l’analisi dei comportamenti tenuti

conoscenza, indipendentemente dalla circostanza che tali comportamenti non
integrino reato – anzi, questo è il presupposto, scontato, dell’intervento del
giudice della riparazione – (in puntuali termini, Sez. IV, 16/10/2007, n. 42729).
Si osserva che la giurisprudenza di legittimità è costantemente orientata nel
senso tracciato dalle Sezioni unite di questa Corte con la sentenza n. 34559 del
15.10.2002, secondo la quale in tema di riparazione per l’ingiusta detenzione, il
giudice di merito, per valutare se chi l’ha patita vi abbia dato o concorso a darvi
causa con dolo o colpa grave, deve apprezzare, in modo autonomo e completo,
tutti gli elementi probatori disponibili, con particolare riferimento alla sussistenza
di condotte che rivelino eclatante o macroscopica negligenza, imprudenza o
violazione di leggi o regolamenti, fornendo del convincimento conseguito
motivazione, che, se adeguata e congrua, è incensurabile in sede di legittimità.

4.2. A fronte della esaustiva e coerente motivazione della Corte locale, il
ricorrente si è limitato, in una sintesi che rasenta la cripticità, a dolersi di
circostanze ininfluenti (non si addebita di certo a costui il fatto di non essersi
trovato in casa al momento della perquisizione) e a sostenere il buon
occultamento dello stupefacente (la cui esistenza, quindi, sarebbe sfuggita al
ricorrente), senza sottoporre a puntuale critica la motivazione del provvedimento
impugnato.

5. Dall’inammissibilità del ricorso proposto dal Guito discende la di lui
condanna alle spese processuali e al pagamento della sanzione pecuniaria
stimata di giustizia di cui in dispositivo.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di €. 1.000,00 in favore della cassa delle
ammende.

L]

dall’interessato, anche prima dell’inizio dell’attività investigativa e della relativa

Così deciso nella camera di consiglio del 12/11/2014.

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