Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3477 del 07/10/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 3477 Anno 2015
Presidente: ROMIS VINCENZO
Relatore: DOVERE SALVATORE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
COCCO GIOVANNI N. IL 26/11/1967
avverso la sentenza n. 47/2014 TRIBUNALE di CAGLIARI, del
04/02/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. SALVATORE
DOVERE;
lette/senti e le conclusioni del PG Dott.

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Data Udienza: 07/10/2014

RITENUTO IN FATTO
1. Cocco Giovanni, a mezzo del proprio difensore, ricorre avverso la sentenza
indicata in epigrafe con la quale gli è stata applicata, ai sensi dell’art. 444 cod.
proc. pen., la pena di anni due mesi otto di reclusione ed euro 14.00-0,00 di
multa per il delitto di cui all’art. 73 T.U. Stup., essendogli stato contestato di
aver impiantato una coltivazione di sessanta piante di cannabis indica.
Con il ricorso deduce violazione di legge in quanto la decisione non tiene
conto della sopraggiunta declaratoria di illegittimità costituzionale degli artt. 4

n. 32/2014.

CONSIDERATO IN DIRITTO
2. Il ricorso è fondato.
2.1. La giurisprudenza di questa Corte ammette che nel caso in cui venga
pubblicata in epoca successiva alla presentazione del ricorso di una sentenza
della Corte costituzionale di illegittimità costituzionale della norma denunciata, il
ricorrente possa giovarsene senza presentare motivi aggiunti, essendo
sufficiente anche depositare una semplice memoria difensiva, purché con i motivi
originari il giudice di legittimità sia stato investito del controllo della motivazione
della sentenza di merito sul punto su cui è intervenuta la declaratoria di
incostituzionalità (Sez. 6, n. 37102 del 19/07/2012 – dep. 26/09/2012,
Checcucci e altro, Rv. 253471; Sez. 6, n. 15157 del 20/03/2014 – dep.
02/04/2014, La Rosa, Rv. 259254). Una interpretazione ancor più favorevole al
ricorrente ritiene rilevabile di ufficio da parte del giudice di legittimità, anche in
caso di inammissibilità per manifesta infondatezza del ricorso, la nullità
sopravvenuta della sentenza impugnata nel punto relativo al trattamento
sanzionatorio, in conseguenza della dichiarazione di illegittimità costituzionale di
una norma attinente alla determinazione della pena (ex multis, Sez. 4, n. 25216
del 15/05/2014 – dep. 13/06/2014, Marena ed altro, Rv. 259385).
Ciò in quanto la Corte, comunque chiamata a valutare della legittimità del
provvedimento impugnato in relazione al trattamento sanzionatorio, non può non
rilevare l’eventuale mancata (incolpevole) applicazione della lex mitior scaturita
dall’innovazione costituita dalla declaratoria di incostituzionalità.
Nel caso di specie deve considerarsi che il ricorrente ha elevato specifica
censura in ordine alla illegittimità della sentenza impugnata, sotto il profilo della
contrarietà alla legge della pena inflitta.
2.2. In effetti, a seguito della sentenza della Corte costituzionale del 12
febbraio 2014, n. 32, la quale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale degli
articoli 4-bis e 4-vicies ter del d.l. 30 dicembre 2005, n. 272, introdotti dalla
legge di conversione del 21 febbraio 2006, n. 49, la disciplina in materia di

2

bis e 4 vicies ter I. 49/2006, pronunciata dalla Corte costituzionale con sentenza

sostanze stupefacenti che viene in rilievo è quella prevista dal

d.p.r. n.

309/1990, nella versione antecedente le modifiche recate dalla menzionata I. n.
49/2006.
Com’è noto, le disposizioni colpite dalla declaratoria di illegittimità
costituzionale avevano introdotto una innovazione sistematica alla disciplina dei
reati in materia di stupefacenti, sia sotto il profilo delle incriminazioni che sotto
quello sanzionatorio. Il fulcro della novella, infatti, era costituito dalla
parificazione dei delitti riguardanti le droghe cosiddette “pesanti” e di quelli

differenziate dalla precedente disciplina. In particolare, la pena prevista per le
sostanze di cui alle tabelle II e IV dell’articolo 14 d.p.r. cit., nell’ipotesi in cui non
ricorra la fattispecie incentrata sulla lievità del fatto (art. 73, co. 5 T.U. Stup.)
risulta compresa tra il minimo di due anni ed il massimo di sei anni di reclusione,
oltre la multa, laddove la fattispecie concreta che qui occupa rinveniva, in forza
delle disposizioni colpite dalla declaratoria di illegittimità costituzionale, una
previsione sanzionatoria che contemplava un minimo di sei ed un massimo dì
venti anni di reclusione, oltre la multa (e l’accordo ratificato dal giudice, nella
specie, ha assunto quale pena base proprio quella di anni sei di reclusione ed
euro trentamila di multa).
Tanto importa che la pena inflitta all’odierno ricorrente deve essere
ritenuta non più conforme al quadro normativo, non scaturendo dall’applicazione
del principio di prevalenza della norma più favorevole al reo, secondo quanto
previsto dall’art. 2, comma 4 cod. pen.

3. Ne deriva l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, con la
trasmissione degli atti al Tribunale di Cagliari per l’ulteriore corso.

P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata e dispone trasmettersi gli atti al
Tribunale di Cagliari per l’ulteriore corso.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 7/10/2014.

aventi ad oggetto le droghe cosiddette “leggere”, fattispecie che risultavano

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