Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 34768 del 04/07/2014


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 4 Num. 34768 Anno 2014
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: DELL’UTRI MARCO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Procuratore Generale presso la Corte d’Appello di Brescia
nei confronti di:
Traversa Eugenio n. il 5.11.1068
inoltre
Traversa Eugenio n. il 5.11.1068
avverso la sentenza n. 1775/2013 pronunciata dalla Corte d’appello di
Brescia il 10.10.2013;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita nell’udienza pubblica del 4.7.2014 la relazione fatta dal Cons.
dott. Marco Dell’Utri;
udito il Procuratore Generale, in persona del dott. P. Gaeta, che ha
concluso per la dichiarazione d’inammissibilità di entrambi i ricorsi;
udito per l’imputato l’avv.to D. Mancusi del foro di Bergamo che ha
concluso per la dichiarazione d’inammissibilità del ricorso del Procuratore Generale e per l’accoglimento del proprio ricorso.

Data Udienza: 04/07/2014

Ritenuto in fatto
i. – Con sentenza resa in data 10.4.2013, il tribunale di Bergamo ha condannato Eugenio Traversa alla pena di un anno di reclusione ed euro 1.400,00 di multa in relazione al reato di detenzione a
fini di spaccio di diversi tipi di sostanze stupefacenti (cocaina e hashish), nella forma del fatto di lieve entità di cui all’art. 73, co. 5,
d.p.r. n. 309/90, commesso in Fara Cera d’Adda il 27.4.2012.
Su appello dell’imputato, la corte d’appello di Brescia, con sentenza in data 10.10.2013, in parziale riforma della sentenza di primo
grado, ha disposto la riduzione della pena a carico dell’imputato,
escludendo la continuazione tra le ritenute diverse ipotesi di detenzione, disponendo la condanna del Traversa alla pena di dieci mesi e
venti giorni di reclusione ed euro 1.200,00 di multa, confermando nel
resto la sentenza di primo grado.
Avverso la sentenza d’appello, hanno proposto ricorso per
cassazione il procuratore generale presso la corte d’appello di Brescia
e, a mezzo del proprio difensore, l’imputato.
Il procuratore ricorrente censura la sentenza impugnata per
violazione di legge e vizio di motivazione con riguardo all’esclusione
del vincolo della continuazione tra le diverse ipotesi di detenzione di
stupefacenti da parte dell’imputato, avendo la polizia giudiziaria, in
sede di perquisizione dell’imputato, rinvenuto diversi tipi di sostanze
stupefacenti (cocaina e hashish) in diversi luoghi: sulla sua persona,
sulla sua autovettura e nella relativa camera da letto.
A sua volta, l’imputato si duole del vizio di motivazione e della
violazione di legge in cui sarebbe incorsa la sentenza impugnata,
avendo la corte territoriale erroneamente omesso di riconoscere l’effettiva destinazione di tutta la sostanza stupefacente rinvenuta in
possesso dell’imputato al proprio uso e consumo personale, ed avendo il giudice d’appello irrogato allo stesso una pena sproporzionata
rispetto alla gravità del fatto commesso.
2. –

Considerato in diritto
3.1. — Il ricorso proposto dall’imputato deve ritenersi infondato con riguardo al punto concernente la contestata destinazione della
sostanza stupefacente all’uso personale.

2

Al riguardo, la corte territoriale ha sottolineato come la destinazione a fini di spaccio delle sostanze stupefacenti rinvenute in possesso dell’imputato potesse ragionevolmente desumersi — in conformità al giudizio nello stesso senso espresso dal giudice di primo grado – dalla congiunta considerazione delle circostanze di fatto costitute dalla quantità dello stupefacente posseduto dal Traversa (complessivamente pari a 34,8 grammi di cocaina e 3 grammi di hashish), dalla diversità delle sostanze detenute, dalla relativa suddivisione in differenti confezioni, dall’occorrenza costituita dalla relativa conservazioni in luoghi diversi; dal rinvenimento in casa dell’imputato di ben
tredici sacchetti di cellophane utilizzati per il confezionamento delle
singole dosi; circostanze nel loro complesso idonee a giustificare
l’esclusione della destinazione dello stupefacente all’uso personale
prospettata dall’imputato, che la corte d’appello (sulla scia
dell’identica valutazione espressa dal giudice di primo grado) ha ragionevolmente disatteso sulla base di una motivazione immune da
vizi di indole logica o giuridica, come tale idonea a sfuggire alle censure sul punto sollevate dal ricorrente.
Quanto alla differente ricostruzione, avanzata dall’imputato,
del significato degli elementi indiziari valorizzati dai giudici del merito, osserva la corte come, sul punto, il ricorrente si sia limitato a prospettare unicamente una diversa lettura delle risultanze istruttorie
acquisite, in difformità dalla complessiva ricostruzione dei giudici di
merito, deducendo (peraltro, in modo solo ipotetico e congetturale) i
soli elementi astrattamente idonei a supportare la propria alternativa
rappresentazione del fatto, senza tuttavia farsi carico della complessiva riconfigurazione della vicenda oggetto di giudizio sulla base di
tutti gli elementi istruttori raccolti, che, viceversa, i giudici del merito
hanno ricostruito con adeguata coerenza logica e linearità argomentativa (sull’integrazione in un unico corpo argomentativo delle sentenze di primo e di secondo grado concordi nell’analisi e nella valutazione degli elementi di prova posti a fondamento delle rispettive decisioni, cfr. Cass., Sez. i, n. 8868/2000, Rv. 216906 e successive conformi).
Sul punto, è appena il caso di richiamare il consolidato insegnamento della giurisprudenza di legittimità, ai sensi del quale la
modificazione dell’art. 606 lett. e) c.p.p., introdotta dalla legge n.
46/2006, consente la deduzione del vizio del travisamento della pro-

3

va là dove si contesti l’introduzione, nella motivazione, di un’informazione rilevante che non esiste nel processo, ovvero si ometta la valutazione di una prova decisiva ai fini della pronuncia. Il sindacato
della corte di cassazione rimane tuttavia quello di sola legittimità, sì
che continua a esulare dai poteri della stessa quello di una rilettura
degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, una volta
riscontrata la coerente e logica ricostruzione operatane dal giudice di
merito (v., ex multis, Cass., Sez. 2, n. 23419/2007, Rv. 236893).
Da ciò consegue che gli “altri atti del processo specificamente
indicati nei motivi di gravame” menzionati dal testo vigente dell’art.
606, comma primo, lett. e), c.p.p., non possono che essere quelli concernenti fatti decisivi che, se convenientemente valutati anche in relazione all’intero contesto probatorio, avrebbero potuto determinare
una soluzione diversa da quella adottata, rimanendo esclusa la possibilità che la verifica sulla correttezza e completezza della motivazione
si tramuti in una nuova valutazione delle risultanze acquisite, da contrapporre a quella effettuata dal giudice di merito (Cass., Sez. 4, n.
35683/2007, Rv. 237652), sempre che sia da escludere con evidenza
la prospettazione di un ragionevole dubbio circa l’effettivo raggiungimento dell’accertamento della responsabilità penale dell’imputato.
3.2. – Il ricorso proposto dal procuratore generale presso la
corte d’appello di Brescia deve ritenersi integralmente infondato.
Con riguardo alla questione relativa alla sussistenza di una
pluralità di reati (eventualmente in continuazione tra loro) nel caso di
detenzione, in un medesimo contesto temporale, di sostanze stupefacenti di diversa natura, questa corte di legittimità ha offerto soluzioni
differenziate in corrispondenza della diversa disciplina sanzionatoria
prevista dal testo del d.p.r. n. 309/90 prima e dopo la relativa riconfigurazione ad opera della legge n. 49/2006, ossia in presenza di una
differenziata disciplina sanzionatoria tra le c.d. droghe leggere e le
c.d. droghe pesanti.
Secondo la giurisprudenza formatasi sotto il vigore
dell’originaria disciplina dettata dal d.p.r. n. 309/90 (e quindi in costanza di un differenziato trattamento sanzionatorio tra diversi tipi di
sostanze detenute), la detenzione di sostanze stupefacenti di specie
diverse, in quanto ricomprese in differenti tabelle, era ritenuta tale da
integrare due autonome ipotesi di reato tra le quali era possibile rav-

4

visare la continuazione, trattandosi di distinte azioni tipiche a diversa
oggettività giuridica, con differente trattamento sanzionatorio, non
alternative tra loro né inquadrabili in un rapporto di assorbimento
tra un maius (assorbente) ed un minus (assorbito), come potrebbe
essere tra trasporto e detenzione o tra importazione e detenzione
(nella specie si trattava di detenzione di cocaina e marijuana) (Cass.
Sez. 6, n. 35637/2003, Rv. 226649; Cass., Sez. 4, n. 3208/1997, Rv.
207879).
Viceversa, a seguito della riforma introdotta dalla richiamata
legge n. 49/2006 (ossia con la soppressione della distinzione tra le
tabelle di stupefacenti in ragione della diversità della relativa natura),
la giurisprudenza di questa corte di legittimità ha modificato il proprio orientamento, avendo per l’appunto ritenuto che, a seguito della
soppressione della distinzione tabellare tra ‘droghe leggere’ e ‘droghe
pesanti’ operata dalla legge n. 49/2006, la detenzione contestuale di
sostanze stupefacenti di natura e tipo diversi integra un unico reato e
non più una pluralità di reati in continuazione tra loro (Cass., Sez. 6,
n. 34789/2008, Rv. 241375; Cass., Sez. 4, n. 37993/2008, Rv.
241060; Cass., Sez. 4, n. 42485/2009, Rv. 245458; Cass., Sez. 6, n.
9874/2009, Rv. 243237).
Sulla base di tali premesse, pertanto, deve ritenersi che, in caso di detenzione di una pluralità di tipi di sostanze stupefacenti nel
quadro di un unitario contesto spazio-temporale, sia configurabile
una pluralità di reati (eventualmente in continuazione tra loro), ovvero un unico reato, là dove sia concretamente ravvisabile (o meno) una
differenziata oggettività giuridica delle fattispecie criminose obiettivamente ricostruite sulla base delle indicazione sanzionatorie fornite
dal legislatore.
In breve, la circostanza che la contestuale detenzione di sostanze stupefacenti di diversa natura imponga l’irrogazione di un differenziato trattamento sanzionatorio in dipendenza della maggiore
offensività legata alla detenzione di taluna sostanza rispetto ad altre,
vale a riflettersi sulla strutturazione della tipicità del comportamento
criminoso, nel senso della configurabilità di una pluralità di reati,
piuttosto che di un unico reato, là dove la valutazione operata
dall’ordinamento, circa il carattere maggiormente offensivo della detenzione di taluna sostanza stupefacente rispetto ad altre, si traduca
nella previsione di un trattamento sanzionatorio differenziato riser-

5

vato a ciascuna di esse. Viceversa, laddove il trattamento sanzionatorio connesso alla detenzione di qualsivoglia sostanza stupefacente sia
valutato dal legislatore in termini indifferenziati, la contestuale detenzione di una pluralità di tali sostanze in un unico ambito spaziotemporale esclude la configurabilità di una pluralità di reati, trattandosi di un’unica azione tipica caratterizzata dall’unicità della relativa
oggettività giuridica.
Ciò posto, se l’eventuale qualificazione della detenzione contestata a carico dell’odierno imputato non fosse stata ricondotta
all’ipotesi lieve di cui all’alt. 73, co. 5, d.p.r. n. 309/90, la questione
sollevata dall’odierno procuratore ricorrente avrebbe imposto la rimessione, al giudice di merito, del compito di individuare la disciplina più favorevole tra quelle applicabili nel confronto tra la normativa
originaria del testo dell’alt. 73 del d.p.r. n. 309/90 e quello riformulato con la legge n. 49/2006, che ha abrogato la distinzione del trattamento sanzionatorio tra le c.d. droghe leggere rispetto alle c.d. droghe pesanti, dovendo riconoscersi al giudice di merito la prerogativa
vòlta a determinare il trattamento sanzionatorio più favorevole al reo
nel concorso di discipline tra loro differenziate in relazione al trattamento sanzionatorio: e tanto, avuto riguardo all’eventuale applicabilità, o meno, dell’istituto della continuazione a fronte del diverso trattamento sanzionatorio, senza possibilità di alcuna commistione tra le
due discipline, stante l’impossibilità, per il giudice, di dar vita a
un’eventuale ‘terza norma’.
È appena il caso di evidenziare come, a seguito dell’emissione
della sentenza della Corte Costituzionale n. 32/2014 – con la quale il
giudice deve leggi ha dichiarato l’illegittimità della citata legge n.
49/2006 nella parte in cui ha abrogato la distinzione del trattamento
sanzionatorio tra le c.d. droghe leggere rispetto alle c.d. droghe pesanti -, questa corte di legittimità ha espressamente sancito (in forza
di una motivazione da ritenersi qui integralmente condivisa e richiamata) come, pur non avendo, la cennata dichiarazione di incostituzionalità, determinato una vicenda di successione di leggi nel tempo,
deve in ogni caso ritenersi che i per fatti (non lievi) concernenti la detenzione di c.d. droga pesante commessi sotto la vigenza della legge
n. 49/2006 (e quindi dal 28.2.2006 al 24.12.2013) la stessa trovi in
ogni caso applicazione (Cass., Sez. 4, n. 13903/2014, Spampinato,
n.m.).

6

Nel caso in esame, tuttavia, entrambi i giudici di merito hanno
ritenuto di ricondurre la condotta dell’imputato alla fattispecie di lieve entità di cui all’art. 73, co. 5, d.p.r. n. 309/90.
Sul punto, mette conto di rilevare come il più recente legislatore (cfr. d.l. 23.12.2013, n. 146, convertito con modificazioni con legge
n. 1o/2014) abbia provveduto alla riqualificazione di tale fattispecie
criminosa, da un lato configurandola quale ipotesi autonoma di reato
(rispetto alla differente configurazione consolidatosi nella giurisprudenza di legittimità, nel senso della relativa qualificazione quale circostanza attenuante dell’ipotesi-base di cui all’art. 73, co. i, d.p.r. n.
309/90), dall’altro rideterminandone il trattamento sanzionatorio,
da ultimo stabilito (con il d.l. 20 marzo 2014, n. 36 convertito con
modificazioni con la legge 16 maggio 2014, n. 79) nella pena della reclusione da sei mesi a quattro anni e nella multa da euro 1.032 a euro
10.329, da valere, tanto per i fatti penalmente illeciti concernenti le
c.d. droghe leggere, quanto per i reati concernenti le c.d. droghe pesanti.
Proprio a tale riguardo, questa corte ha avuto modo di evidenziare come, nel campo della disciplina dei fenomeni criminali connessi alla diffusione delle sostanze stupefacenti, la scelta legislativa di
svalutare il rilievo della natura della sostanza stupefacente trattata
(sia essa droga c.d. ‘leggera’ o ‘pesante’), a fronte di specifiche modalità del fatto criminoso, tali da rivelarne la concreta e obiettiva ridotta
idoneità offensiva – e dunque l’affermazione secondo cui alle modalità, natura, mezzi dell’azione o ad altre circostanze ad essa pertinenti,
sia possibile predicare la capacità di degradare il fatto a una misura di
tale sfumata offensività da rendere del tutto secondario o marginale il
riscontro dell’identità della sostanza stupefacente -, appare coerente
(tanto sul piano logico, quanto su quello assiologico) con la tavola dei
valori costituzionali, con la conseguenza che, nei casi di lieve entità di
cui all’art. 73, co. 5, d.p.r. n. 309/90, l’eventuale detenzione di sostanze stupefacenti di diversa natura non vale più a identificare, rispetto alla condotta del reo, alcuna diversità di oggettività giuridica,
rimanendo, il grado di offensività connesso all’eventuale diversità tra
le sostanze stupefacenti, totalmente assorbito dalla valutazione della
complessiva levità della condotta offensiva ascritta all’imputato, di
per sé riconducibile, in relazione al complesso dei suoi tratti,
all’autonoma fattispecie di cui al citato alt. 73, co. 5, la cui struttura

7

tipica impone di ritenere del tutto irrilevante la distinzione tra la natura delle diverse sostanze eventualmente detenute dell’imputato,
nella specie segnalata dall’identità del trattamento sanzionatorio previsto indipendentemente dalla natura della sostanza detenuta (cfr.
Cass., Sez. 4, n. 10514/2014, Verderamo, n.m.).
Sotto altro profilo, è appena il caso di rilevare l’assoluta correttezza della sentenza impugnata, nella parte in cui ha affermato la
contestualità della detenzione delle diverse sostanze stupefacenti da
parte dell’imputato, dovendo ritenersi dotata di adeguata congruità
logica l’affermazione secondo cui la contemporanea detenzione di sostanze stupefacenti sulla propria persona, nella propria abitazione e
nella propria autovettura non valga ad alterare la sostanziale identità
strutturale dell’unitaria (e unica) condotta di detenzione da parte
dell’imputato.
Sulla base di tali premesse, avendo entrambi i giudici del merito ricondotto il reato ascritto al Traversa all’ipotesi di lieve entità del
fatto, di cui all’art. 73, co. 5, d.p.r. n. 309/90 (in relazione al quale la
distinzione tra fatti concernenti le c.d. droghe leggere e quelli concernenti le c.d. droghe pesanti non assume alcun rilievo, ai fini della
configurazione dell’oggettività giuridica della fattispecie tipica), deve
ritenersi che la contestuale detenzione, da parte dell’imputato, di sostanze stupefacenti di tipo o natura diversa non vale ad ascriverne il
compimento di una pluralità di reati diversi, trattandosi di un unico
reato, con la conseguente correttezza della decisione del giudice
d’appello nella parte in cui ha escluso la configurabilità di un’ipotesi
di reato continuato a carico del Traversa.
3.3. – L’accertamento dell’infondatezza dei motivi
d’impugnazione sin qui esaminati e, pertanto, la definitiva attribuzione di responsabilità in ordine al reato ascritto all’imputato, non
esime tuttavia il collegio dal procedere in ogni caso all’annullamento
della sentenza impugnata, limitatamente al punto concernente la determinazione del trattamento sanzionatorio irrogato a carico del Traversa.
Sul punto (come già più sopra segnalato), dev’essere infatti rilevato come, in epoca successiva all’emissione della sentenza impugnata, il legislatore abbia provveduto (con il d.l. 23.12.2013, n. 146,
convertito con modificazioni con la legge n. 10/2014) alla riconfigu-

8

razione normativa dei comportamenti criminosi riconducibili, come
quello oggetto dell’odierno esame, al quadro delle previsioni di cui
all’alt. 73, co. 5, d.p.r. n. 309/90: da un lato ridefinendo la fattispecie
quale ipotesi autonoma di reato (e non più quale circostanza aggravante dell’ipotesi-base di cui all’art. 73, co. 1 d.p.r. n. 309/90),
dall’altro modificando la cornice edittale relativa alla sanzione penale
irrogabile; sanzione nella specie ridotta, a seguito del successivo d.l.
20 marzo 2014, n. 36 (convertito con modificazioni con la legge 16
maggio 2014, n. 79), in quella della reclusione da sei mesi a quattro
anni e nella multa da euro 1.032 a euro 10.329.
Ciò posto, ai sensi dell’art. 2 c.p. (secondo cui “se la legge del
tempo in cui fu commesso il reato e le posteriori sono diverse si applica quella le cui disposizioni sono più favorevoli al reo salvo che sia
stata pronunciata sentenza irrevocabile”), spetterà al giudice del rinvio l’individuazione delle disposizioni più favorevoli al reo tra quelle
succedutesi nel tempo, con la definitiva determinazione del trattamento sanzionatorio irrogabile all’imputato.
Per questi motivi
la Corte Suprema di Cassazione, rigetta il ricorso del Procuratore Generale territoriale. Non spese.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente al trattamento
sanzionatorio con rinvio sul punto ad altra sezione della Corte di appello di Brescia.
Rigetta il ricorso nel resto del Traversa.
Visto l’art. 624 cod. proc. pen. dichiara l’irrevocabilità della
sentenza in ordine all’affermazione di responsabilità dell’imputato.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 4.7.2014

9

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA