Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 34767 del 07/06/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 34767 Anno 2013
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: SARNO GIULIO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
NERI ANTONIO N. IL 01/01/1957
avverso la sentenza n. 3801/2011 CORTE APPELLO di PALERMO,
del 07/06/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIULIO SARNO;

Data Udienza: 07/06/2013

1. Neri Antonie propone il ricorso per cassazione avverso la sentenza in
epigrafe con la quale la corte di appello di Palermo, in parziale riforma di quella
del tribunale della medesima città con cui era stato condannato per il reato di
cui agli articoli 44 lett. b), DPR 380/01, disponeva la non menzione della
condanna nel certificato del casellario giudiziale spedita richiesta di privati.
2. All’imputato era stata contestata la realizzazione, su un immobile
preesistente, di tre tettoie con struttura in ferro, infisse al suolo, con coperture
in pannelli coibentati. Il fatto è stato accertato in Palermo il 28 dicembre 2007.
3. La corte di appello rigettava l’impugnazione del Neri escludendo
l’applicabilità nella specie dell’articolo 7 della legge regionale numero 4/2003
sul rilievo che non si era in presenza di una struttura precaria, giacché l’opera
abusiva in oggetto era destinata a uno stabile utilizzo, indipendentemente dalle
caratteristiche strutturali di essa.
4. Deduce in questa sede il ricorrente:
4.1 l’illogicità della motivazione sul rilievo che le considerazioni della corte di
merito sarebbero disancorate da qualsiasi considerazione tecnica essendo
invece di palmare evidenza che le intelaiature in ferro sono strutture
prefabbricate facilmente rimovibili, come tali assoggettate alla disciplina
dell’articolo 20 della legge numero 4 del 2003 secondo cui non sono soggetti a
concessione o autorizzazione né sono considerate aumento di superficie utile o
di volume, né modifiche della sagoma della costruzione la chiusura di terrazzi
di collegamento e le coperture di spazi interni con strutture precarie. Si duole
inoltre il ricorrente di avere invano richiesto la parziale rinnovazione
dell’istruzione dibattimentale per l’acquisizione della perizia redatta ad altri fini
dell’architetto Angelo Cannova in cui si riferisce della assimilabilità delle
strutture realizzate a quelle considerate dall’articolo 20 legge regionale citata;
4.2 illogicità della motivazione sulla pena in concreto erogata ritenuta
eccessiva.
Considerato in diritto
5. Il ricorso è inammissibile.
5.1 n primo motivo si appalesa, infatti, manifestamente infondato ed articolato
su censure di merito la cui prospettazione è inammissibile in questa sede.
Occorre anzitutto premettere che se è vero che le disposizioni introdotte dalle
leggi Regione Sicilia 10 agosto 1985 n. 37 e 16 aprile 2003 n. 4, che,
procedendo alla identificazione, in via di eccezione, di determinate opere
precarie non soggette a permesso di costruire, privilegiano il “criterio
strutturale”, nel senso di considerare la circostanza che le parti di cui la
costruzione si compone siano facilmente rimovibili, a discapito di quello
“funzionale”, inteso in relazione all’uso realmente precario e temporaneo cui la
costruzione è destinata, (Sez. 3, n. 35011 del 26/04/2007 Rv. 237533), e che
per tali opere il comma 1 dell’art. 20 stabilisce che “In deroga ad ogni altra
disposizione di legge, non sono soggette a concessioni e/o autorizzazioni”, si
deve tuttavia rilevare che il comma 2 dell’art. 20 stabilisce che “Nei casi di cui
al comma 1, contestualmente all’inizio dei lavori il proprietario dell’unità

Ritenuto in fatto

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-Ati

immobiliare deve presentare al sindaco del comune nel quale ricade l’immobile
una relazione a firma di un professionista abilitato alla progettazione, che
asseveri le opere da compiersi ed il rispetto delle norme di sicurezza e delle
norme urbanistiche, nonché di quelle igienico-sanitarie vigenti, unitamente al
versamento a favore del comune dell’importo di cinquanta euro per ogni metro
quadro di superficie sottoposta a chiusura con struttura precaria.”
In sostanza deve essere consentito comunque al Comune il vaglio preventivo
sul rispetto delle norme urbanistiche per le opere da compiere.
Ora il primo giudice, con argomentazioni che si saldano indubbiamente con
quelle di secondo grado trattandosi di pronuncia conforme, aveva già
evidenziato un aspetto importante e, cioè, che nel corso dell’istruttoria
dibattimentale era tra l’altro emerso che per le opere per cui si procede era
stata negata l’istanza di concessione edilizia in sanatoria presentata ai sensi
dell’articolo 13 della legge 47/95 in quanto l’intervento edilizio realizzato
risultava in contrasto con l’articolo 7 comma 1 e con l’articolo 8 comma 3
lettera d) delle norme di attuazione allegate alla variante generale del piano
regolatore generale adottata con deliberazione del C.C. numero 45 del 13
marzo 1997.
Tale aspetto rende di per sé evidente che la disciplina invocata non poteva
comunque trovare applicazione nella specie in quanto ha evidentemente come
presupposto indefettibile la conformità dei lavori alle norme urbanistiche
vigenti, comunque esclusa nella specie.
Non si capirebbe altrimenti la ragione per la quale deve essere presentata la
relazione sopra indicata.
La corte di merito, peraltro, anche sul requisito della precarietà aveva
correttamente motivato per escluderla correttamente richiamando precedenti
pronunce di questa Corte, né si può trattare di opera suscettibile di facile
rimozione in quanto stabilmente incorporata alle opere murarie già esistenti
stando alle motivazioni della sentenza.
Nemmeno può valere poi il rilievo secondo cui la parte avrebbe ricevuto
pregiudizio dalla mancata acquisizione dell’eleborato dell’architetto Cannova
per far valere l’assimilabilità delle opere realizzate a quelle indicate dall’art. 20.
Anche a voler prescindere da quanto detto in precedenza, si è già
puntualizzato infatti che le disposizioni introdotte dalle leggi Regione Sicilia 10
agosto 1985 n. 37 e 16 aprile 2003 n. 4, che, procedendo alla identificazione,
in via di eccezione, di determinate opere precarie non soggette a permesso di
costruire, non possono essere applicate al di fuori dei casi in esse
espressamente previsti (Sez. 3, n. 35011 del 26/04/2007 Rv. 237533).
A margine va infine rilevato che il giudice d’appello ha l’obbligo di motivare
espressamente sulla richiesta di rinnovazione del dibattimento solo nel caso di
suo accoglimento, laddove, ove ritenga di respingerla, può anche motivarne
implicitamente il rigetto, evidenziando la sussistenza di elementi sufficienti ad
affermare o negare la responsabilità del reo (da ultimo Sez. 3, Sentenza n.
24294 del 07/04/2010 Rv. 247872).
6. All’evidenza di merito sono infine le censure sulla pena.
7. La prescrizione maturata successivamente alla decisione di appello, come
costantemente affermato da questa Corte, non rileva se il ricorso è

inammissibile né il ricorso può essere proposto al fine di far valere unicamente
la prescrizione.
In questo senso si sono espresse le Sezioni Unite puntualizzando che
l’inammissibilità del ricorso per cassazione dovuta alla manifesta infondatezza
dei motivi non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e
preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non
punibilità a norma dell’art. 129 cod. proc. pen. (Sez. U, Sentenza n. 32 del
22/11/2000 Rv. 217266).
8. A mente dell’art. 616 c.p.p., alla declaratoria di inammissibilità consegue
l’onere delle spese del procedimento, nonché del versamento di una somma in
favore della Cassa delle ammende, fissata in via equitativa, in ragione dei
motivi dedotti, nella misura di euro 1000.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali, nonché al versamento, in favore della Cassa delle
ammende, della somma di euro 1000.
Così deciso, il giorno 7.6.2013

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