Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 34753 del 25/03/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 34753 Anno 2014
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: FOTI GIACOMO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
MORDECCHI RICCARDO N. IL 21/11/1981
avverso la sentenza n. 7063/2009 CORTE APPELLO di ROMA, del
21/06/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 25/03/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GIACOMO FOTI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Vitt
che ha concluso per
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Udito, per la pa e civile, l’Avv
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Data Udienza: 25/03/2014

Mordecchi Riccardo propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte
d’Appello di Roma, del 21 giugno 2012, che ha confermato la sentenza del Tribunale di
Viterbo, del 12 novembre 2008, che lo ha ritenuto colpevole, in concorso con Civilotti
Riccardo, del reato di cui all’art. 73 co. 5 del d.p.r. n. 309/90, per avere, in due occasioni,
acquistato sostanza stupefacente del tipo hashish (rispettivamente, per gr. 123 e gr. 200) a
fine di cessione a terzi, e lo ha condannato, riconosciute le circostanze attenuanti generiche,
alla pena di mesi sei di reclusione ed euro 1.600,00 di multa.
Deduce il ricorrente:
a) Vizio di motivazione della sentenza impugnata in punto di individuazione dell’imputato
come la persona che, nella conversazione intercettata il 16.2.05, interloquiva con il Civilotti
ed alla quale si riferivano lo stesso Civilotti e Fedele Flavio, nel corso di altra
conversazione, captata il 1.3.05;
b) vizio di motivazione e violazione di legge, laddove i giudici del merito hanno ritenuto
che tra il Fedele, il Civilotti e lo stesso imputato fosse stato stipulato un accordo per
l’acquisto, da parte degli ultimi due, di sostanza stupefacente, pur in assenza di effettiva
consegna della droga ai due acquirenti;
c) Violazione di legge in punto di ritenuta destinazione della droga alla cessione a terzi
invece che al consumo personale;
d) Violazione di legge in punto di verifica, trattandosi di reato commesso in concorso, della
consapevolezza nei correi di agire per un fine unitario.
Ritenuto in diritto.
Occorre, preliminarmente osservare che, a seguito di recenti interventi del legislatore e
della Corte Costituzionale, l’assetto normativo in materia di stupefacenti è radicalmente
mutato.
In particolare, per quanto qui interessa, occorre evidenziare che la Corte Costituzionale,
con sentenza n. 32 del 12.2.2014, ha dichiarato costituzionalmente illegittimi, per contrasto
con l’art. 77, secondo comma, della Costituzione, gli artt. 4 bis e 4 vicies ter del d.l. 30.12.05
n. 272 (convertito dall’art. 1 co. 1 della legge 21.2.06 n. 49), che avevano unificato il
trattamento sanzionatorio, in precedenza differenziato, previsto dal d.p.r. n. 309/90 per i reati
aventi ad oggetto le c.d. “droghe leggere” e per quelli concernenti le c.d. “droghe pesanti”.
In conseguenza di tale pronuncia, ritrova oggi applicazione l’art. 73 del richiamato d.p.r., e
relative tabelle, nella formulazione precedente le modifiche apportate con le norme ritenute
incostituzionali, con il conseguente ripristino del differente trattamento sanzionatorio in
precedenza previsto per i reati concernenti le diverse tipologie di droghe (da due a sei anni di
reclusione, oltre la multa, per le “droghe leggere”, da otto a venti anni di reclusione, oltre la
multa, per le “droghe pesanti”).
Nella materia è altresì intervenuto il legislatore con il d.l. 23.12.13 n. 146, convertito con la
legge 21.2.14 n. 10, con riguardo alla fattispecie prevista dall’art. 73 co. 5 del d.p.r. n.
309/90, nel senso che, se da un lato ne sono stati confermati gli elementi caratterizzanti la
individuazione dei fatti di minor gravità, dall’altro, ne è stata ridefinita la natura giuridica
poiché essa non costituisce più circostanza attenuante, bensì autonomo titolo di reato (come
è già possibile rilevare fin dall’apertura del testo normativo che, con la formula “salvo che
non costituisca più grave reato”, chiarisce che si è in presenza di un’autonoma fattispecie
incriminatrice). La stessa novella ha anche rivisto in melius il trattamento sanzionatorio che
prevede una pena edittale massima più contenuta (cinque anni di reclusione).
Le richiamate modifiche, sicuramente applicabili al Mordecchi in quanto più favorevoli,
comportano anche la previsione di un diverso e più breve termine prescrizionale,

Ritenuto in fatto.

P.Q.M.
Annulla senza rinvio l’impugnata sentenza perché il reato addebitato è estinto per
intervenuta prescrizione.
Così deciso in Roma, il 25 marzo 2014.

individuabile, nel massimo, in sette anni e sei mesi, ex art. 157 cod. pen. (secondo l’attuale e
più favorevole disciplina). Termine che deve ritenersi interamente decorso ove si consideri
che il reato risulta commesso tra i mesi di gennaio e febbraio 2005.
D’altra parte, le coerenti argomentazioni svolte dalla corte territoriale nella stessa sentenza
escludono qualsiasi possibilità di proscioglimento nel merito, ex art. 129, comma 2°, c.p.p.,
posto che, dall’esame di detta decisione e dei motivi di ricorso proposti, non emergono
elementi di valutazione idonei a riconoscere la prova evidente della insussistenza del fatto
contestato all’imputato o della sua estraneità ad esso.
La sentenza impugnata deve essere, quindi, annullata senza rinvio, essendo il reato
contestato estinto per prescrizione.

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