Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 34749 del 11/07/2014


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 34749 Anno 2014
Presidente: CHIEFFI SEVERO
Relatore: DI TOMASSI MARIASTEFANIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da Leonardo DI MARTINO, nato a CastellaAre di
Stattltbia il 6.11.1958,
avverso il provvedimento emesso in data 16.12.2013 dal Tribunale di
Napoli.
Visti gli atti, il provvedimento denunziato, il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere M.Stefania Di Tornassi;
lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale Paolo Canevelli, che ha concluso chiedendo che il ricorso venga
qualificato quale richiesta di sospensione degli effetti del provvedimento
impugnato con la procedura di cui all’art. 625-bis cod. proc. pen. e che, attesa la
eccezionale gravità del caso, si sospendano gli effetti di detto provvedimento
(ordinanza della Corte di cassazione del 12.2.2013).

1

Data Udienza: 11/07/2014

RITENUTO IN FATTO
1. Con la decisione in epigrafe il Tribunale di Napoli dichiara inammissibile
l’istanza avanzata da Leonardo DE MARTINO, volta alla sospensione
dell’esecuzione dell’ordinanza con cui, in data 8.11.2012, lo stesso Tribunale
aveva accolto l’appello del Pubblico ministero avverso il provvedimento con cui, il
precedente 25.9.2012 il Giudice dell’udienza preliminare aveva sostituito la
misura della custodia cautelare in carcere applicata al De Martino con la misura
degli arresti domiciliari.
La ragione della richiesta di sospensione risiedeva nel fatto che in data
investita di richiesta di correzione di errore materiale e di ricorso straordinario
per errore di fatto proposte dall’imputato avverso la decisione con cui in data
12.2.2013 (sent. n. 21325 del 2013) la Quarta Sezione della Corte aveva
respinto il ricorso avverso l’ordinanza dell’8.11.2012, così rendendola
formalmente definitiva – aveva sollevato questione di legittimità costituzionale
dell’art. 625-bis cod. proc. pen., nella parte in cui non consente di attivare la
procedura di correzione dell’errore di materiale o di fatto avverso i provvedimenti
della Corte di cassazione che decidono de libettate.
2. Avverso la declaratoria d’inammissibilità ha proposto ricorso il Di Martino
a mezzo del difensore, avvocato Esposito Fariello, chiedendone l’annullamento.
Premessa la vicenda processuale e ribadito l’errore di fatto in cui era incorsa
la Cassazione (allorché aveva rigettato il ricorso dell’imputato avverso il
provvedimento del Tribunale del riesame che aveva accolto l’appello del Pubblico
ministero, non rilevando che l’avviso dell’udienza di discussione del ricorso non
era stato correttamente notificato al difensore), denunzia violazione di legge e
vizi di motivazione dolendosi in particolare della erroneità, ex artt. 665, 666 e
670 cod. proc. pen., del provvedimento con cui il Tribunale della libertà aveva
dichiarato inammissibile l’istanza volta alla sospensione degli effetti del suo
provvedimento; dell’assoluta mancanza di considerazione della particolarità della
vicenda processuale, in cui il provvedimento di cui si chiedeva la sospensione era
divenuto definitivo in forza di pronunzia della Cassazione geneticamente viziata,
e del fatto che il dubbio di legittimità costituzionale dell’art. 625-bis cod. proc.
pen., nella parte in cui non contemplava detta situazione, era stato ritenuto non
manifestamente infondato dalla stessa Corte di cassazione e rimesso al giudice
delle leggi.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Osserva il Collegio che il ricorso è sotto ogni aspetto inammissibile.
2. Il ricorrente non poteva chiedere al giudice del merito di dichiarare non
esecutivo il suo provvedimento ex art. 666, comma 7, cod. proc. pen., giacché
detta esecutività derivava dagli effetti del provvedimento della Corte di
cassazione che aveva rigettato il ricorso avverso lo stesso, e il “fatto” posto a
base della richiesta era costituito appunto dalla proposizione di questione di
,.,/

26.9.2013 la Terza sezione della Corte di cassazione (ord. n. 42370 del 2013) –

legittimità costituzionale nell’ambito del ricorso straordinario proposto avverso
detto provvedimento di rigetto della Corte di cassazione.
L’istanza di sospensione del provvedimento “impugnato” andava quindi,
semmai, rivolta alla Corte di cassazione a corredo o in relazione alla proposizione
del ricorso straordinario, ex art. 625-bis, comma 2, secondo periodo, cod. proc.
pen.
3. Neppure poteva essere sollevata con incidente d’esecuzione, ex art. 670
cod. proc. pen., questione che concerneva un vizio del procedimento di

esecuzione riguardano esclusivamente l’esistenza e la validità formale del titolo
che legittima l’esecuzione penale. In nessun caso, pertanto, il giudice
dell’esecuzione potrebbe attribuire rilievo a nullità, anche assolute e insanabili,
eventualmente verificatesi nel corso del procedimento di cognizione in epoca
precedente a quella del passaggio in giudicato della decisione, dovendo, come
detto, limitare il proprio accertamento alla “regolarità formale e sostanziale del
titolo” (tra moltissime, v. Sez. U, n. 11971 del 29/11/2007 Pazienza, Rv.
238953, punto 10 del Considerato in diritto).
4. Non vi è, per altro, materia per qualificare il ricorso alla stregua di una
istanza ai sensi del richiamato art. 625-bis, comma 2, secondo periodo, cod.
proc. pen., come richiesto dal Procuratore generale: l’istanza in tal senso non è
difatti uno strumento d’impugnazione (e non opera perciò il principio di
necessaria esatta qualificazione dell’impugnazione, su cui può qui rimandarsi a
Sez. U , n. 45371 del 31/10/2001, Bonaventura, Rv. 220221) ma costituisce
mera sollecitazione, per altro non legata a termini per la sua proposizione diversi
da quello della pendenza del ricorso straordinario. In ogni caso, la intervenuta
ordinanza n. 183 del 2014 della Corte costituzionale, che ha dichiarato la
manifesta inammissibilità della questione sollevata dalla Terza sezione, consente
di ritenere allo stato superate anche le ragioni sostanziali che all’evidenza
sorreggevano la richiesta del Procuratore generale.
5. All’inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc.
pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento. La
particolarità della vicenda consente invece di escludere profili di colpa correlati
all’irritualità dell’impugnazione (C. cost. n. 186 del 2000) tali da giustificare la
condanna al pagamento di una somma in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali.
Così deciso in Roma •’orno 11 luglio 2014

DEPOSITATA

cassazione che aveva reso definitivo il titolo custodiale. E’ difatti principio
consolidato che le richieste che possono essere fatte valere nel procedimento di

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