Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 34745 del 11/07/2014


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 34745 Anno 2014
Presidente: CHIEFFI SEVERO
Relatore: DI TOMASSI MARIASTEFANIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da Fortunato Claudio LANDONIO, nato a Magnago il
2.7.19501,
avverso l’ordinanza emessa in data 31.10.2013 dal Tribunale di Milano.
Visti gli atti, il provvedimento denunziato, il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere M.Stefania Di Tornassi;
lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale Sante Spinaci, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO
1. Con la decisione in epigrafe il Tribunale di Milano, in funzione di giudice
dell’esecuzione, respingeva la richiesta avanzata da Fortunato Claudio
LANDONIO, volta al riconoscimento della continuazione tra i reati oggetto delle
sentenze:
1) emessa in data 22.1.2002 del Giudice per le indagini preliminari del
Tribunale di Busto Arsizio, recante condanna [tra l’altro] per il reato di cui agli

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Data Udienza: 11/07/2014

artt. 81 e 110 cod. pen. e 226, 220 e 216 I. fall. (r.d. n. 267 del 1942);
2) emessa in data 21.10.2008 del Tribunale di Milano, recante condanna per
il reato di cui agli artt. 110 cod. pen. e 216, 223 I. fall.
A ragione osservava, anzitutto, che i reati erano stati realizzati, in concorso
con T. Arbini e G.S.S. Landonio, ad enorme distanza temporale, giacché oggetto
della prima sentenza erano reati fiscali (capi 1, 2, 3 e 4) commessi negli anni
1992 – 1995 e 1994 – 1995, e bancarotta documentale commessa il 19.5.1995,
con denunzia di crediti inesistenti proseguita sino al 20.3.1997, riferiti alla
Teximac s.r.l. e Alma s.p.a.; oggetto della seconda era il reato di bancarotta

Deidda, A.M. Guzzetti, L. Piran, G. Casati, M. Luppi e F. Pippacane. Rilevava
quindi che si trattava altresì di fatti commessi con concorrenti diversi e riferiti a
società diverse, tra le quali non emergeva dagli atti il benché minimo
collegamento.
2. Ha proposto ricorso il condannato a mezzo del difensore avv. Mario Zirilli,
che chiede l’annullamento del provvedimento impugnato denunziando violazione
dell’art. 81 cod. pen. e vizi della motivazione.
Afferma che gli aspetti valutati dal Tribunale erano non risolutivi: la diversità
dei correi e delle società essendo irrilevanti, e potendo anzi addirittura deporre
per la preordinazione dei fatti in guisa da evitare conseguenze negative in capo
ai primi concorrenti, suoi familiari.
Quanto al tempo intercorrente tra i delitti, il Tribunale non aveva
considerato che tra le condotte costitutive di bancarotta e il suo
perfezionamento, legato alla dichiarazione di fallimento, corre del tempo. In
particolare, emergeva dalla seconda sentenza che la società fallita era stata
costituita il 2.3.2001 e che fin dall’inizio mancavano i libri e il bilancio era del
tutto inattendibile; il 70% della società apparteneva poi a una società estera
precostituita dallo stesso imputato, cosa che, unitamente alla complessità delle
attività prodromiche alla distrazione dei beni, consistenti nella produzione di
presse industriali destinate alla vendita, asseritamente dimostrava che le
condotte si inserivano nel medesimo disegno criminoso in cui si inseriva anche la
condotta realizzativa dei precedenti reati.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Osserva il Collegio che il ricorso appare manifestamente infondato, oltre
che per l’aspetto che si dirà generico, e perciò comunque inammissibile.
2. Del tutto correttamente e plausibilmente il Tribunale ha posto a base del
provvedimento di rigetto essenzialmente la considerazione dell’enorme divario
temporale esistente tra le condotte (e non solo tra le date di consumazione dei
reati) nonché e la evidenziazione che dagli atti non emergeva alcun collegamento
tra le società oggetto dei diversi reati di bancarotta.
E su quest’ultimo aspetto, pure estremamente significativo, il ricorrente
nulla deduce, di modo che il ricorso risulta privo di , specificità, non

2

fraudolenta relativa alla Proplast International s.r.I., dichiarata fallita il
13.3.2003, commesso in concorso con F. Ferrarese, L. Lavezzo, L. Vegezzi, L.

confrontandosi con l’apparato motivazionale nella sua interezza.
Afferma invece il ricorrente che in vista del secondo reato aveva
precostituito all’estero una ulteriore società, ma non dicendo quando e nulla
allegando al riguardo, è anche al proposito da un lato generico dall’altro privo di
autosufficienza.
3. Quanto al contestato estremo divario temporale, lo stesso ricorrente
sostiene che le condotte costitutive del reato oggetto della seconda sentenza
erano pressoché coeve alla creazione della ultima società, risalente ai primi mesi
del 2001, e non considera che il Tribunale ha puntualmente osservato che le
Sicché le indicazioni del ricorrente, se pure fossero esatte, non incidono se non in
minima parte sull’enorme lasso di tempo che separa i fatti.
E al proposito va ribadito che, come la vicinanza temporale non costituisce
di per sé “indizio necessario” dell’esistenza del medesimo disegno criminoso, così
la distanza di tempo ben può essere, anche se non è sempre inevitabile che sia,
indizio negativo. Le difficoltà di programmazione e deliberazione a lunga
scadenza e le crescenti probabilità di mutamenti che, con il passare del tempo,
richiedono una nuova risoluzione antidoverosa, normalmente comportano, difatti
(come efficacemente osserva autorevole Dottrina), che le possibilità di ravvisare
la sussistenza della continuazione «si riducono fino ad annullarsi in proporzione
inversa all’aumento del distacco temporale tra i singoli episodi criminosi». Sicché
non può dubitarsi che un dato cronologico come quello in esame costituisce un
indice probatorio che, in assenza di segni determinanti in opposto senso, più che
plausibilmente viene apprezzato alla stregua di «limite logico» alla possibilità di
ravvisare il reato continuato.
4. All’inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc.
pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e per i profili di colpa correlati all’irritualità dell’impugnazione (C. cost. n. 186 del
2000) – di una somma in favore della cassa delle ammende nella misura che, in
ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in euro 1.000.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.000,00 alla cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il giorno 11 luglio 2014
Il Consigliere estensiaté

Il Presidente

condotte costitutive dei primi reati erano state realizzate a partire dal 1992.

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