Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 34740 del 11/07/2014


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 34740 Anno 2014
Presidente: CHIEFFI SEVERO
Relatore: DI TOMASSI MARIASTEFANIA

SENTENZA

sul ricorso proposto dal Pubblico ministero in persona del Procuratore della
Repubblica presso il Tribunale di Bassano del Grappa,
avverso la sentenza emessa in data 24.1.2013 dal Giudice dell’udienza
preliminare del Tribunale di Bassano del Grappa,
nei confronti di:
Marco BACCHIN, nato a Padova il 19.11.1963,
Roberto CUPELLARO, nato a Latina il 16.10.1964,
Stefano SVEGLIADO, nato a Cittadella il 22.10.1966.
Visti gli atti, la sentenza impugnata, il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere M.Stefania Di Tornassi;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale
Enrico Delehaye, che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio del
provvedimento impugnato.

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Data Udienza: 11/07/2014

RITENUTO IN FATTO
1. Con la decisione in epigrafe il Giudice dell’udienza preliminare del
Tribunale di Bassano del Grappa ha dichiarato non luogo a procedere, con la
formula il fatto non sussiste, nei confronti di Marco BACCHIN, Roberto
CUPELLARO e Stefano SVEGLIADO, imputati – rispettivamente quali responsabile
della divisione servizio idrico integrato, direttore generale e presidente del
consiglio di gestione e legale rappresentante di ETRA s.p.a. – dei reati di
adulterazione colposa di acque (capo A, contestazione ex artt. 40 cpv., 113, 440

Asiago il 22.8.2009 e nei giorni successivi.
A ragione del proscioglimento ai sensi dell’art. 425 cod. proc. pen., il G.u.p.
premetteva che con ordinanza letta in udienza era stata dichiarata
l’inutilizzabilità degli atti d’indagine successivi al 18.10.2010 e che a tale
decisione occorreva rifarsi, ribadendola, per escludere dal compendio conoscitivo
le indagini effettuate dai Carabinieri del NAS di Padova riversate nell’informativa
depositata il 18.4.2011, a seguito della quale erano stati formalmente iscritti nel
registro delle notizie di reato (“mod. 21”) i nominativi degli imputati. Nel caso in
esame, difatti, gli indagati andavano iscritti, potendo già considerarsi “noti” e
solo da identificare, sin dal 3.3.2010, ovverosia al più a distanza di un mese
dalla ricezione, avvenuta il 3.2.2010, ad opera del Pubblico ministero, della nota
della sezione di polizia giudiziaria del Corpo Forestale dello Stato, che – a
prescindere dalle conclusioni liberatorie cui giungeva – consentiva di individuare i
soggetti nei cui confronti venivano svolte le indagini nei responsabili dell’ETRA
s.p.a. (ente gestore della rete idrica dell’altipiano di Asiago).
Così ridotti gli elementi su cui fondare il giudizio, gli stessi apparivano quindi
insufficienti a sostenere l’accusa in giudizio.
2. Ha proposto ricorso il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di
Bassano del Grappa, che chiede l’annullamento della sentenza di non luogo a
procedere e della ordinanza in essa richiamata, denunziando violazione di legge
alla luce dell’arresto di Sez. U. n. 40538 del 24/09/2009, secondo cui non è
consentito al giudice retrodatare il termine per le indagini preliminari rispetto al
momento in cui il pubblico ministero ha provveduto ad iscrivere nel registro degli
indagati i nominativi degli stessi.
E al proposito osserva che, proprio perché dai primi accertamenti e dalla
prima consulenza erano emersi elementi che apparentemente escludevano una
responsabilità dell’ETRA nei gravi fatti d’inquinamento registrati, ma che non
potevano considerarsi tranquillanti, il 23 marzo 2010 era stata conferita
un’ulteriore consulenza ad un collegio di periti più qualificati e, alla luce delle
prime evidenze da questi segnalati, il 13 dicembre 2010 era stata data una
dettagliata delega d’indagini al Nas dei Carabinieri di Padova, che in data 18
aprile 2011 avevano depositato comunicazione di notizia di reato a carico dei tre
imputati, quali soggetti alla cui condotta, nell’ambito dell’ETRA, potevano essere
causalmente imputati l’adulterazione delle acque e l’epidemia da essa prodotta.
Paradossalmente, dunque, il Giudice dell’udienza preliminare aveva dichiarato

2

e 452, secondo comma, cod. pen.), e di epidemia colposa (capo B, contestazione
ex artt. 40 cpv., 113, 438 e 452, primo comma n. 2, cod. pen.), commessi in

inutilizzabili gli unici atti deputati alla individuazione dei fatti e delle relative
responsabilità.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Va preliminarmente osservato che ricorso è stato erroneamente fissato in
udienza pubblica anziché in udienza in camera di consiglio. Ma le parti nulla
hanno osservato al riguardo, e la maggiore garanzia offerta da tale fissazione
consente al Collegio di decidere senza necessità di rinvio.

3. Come rimarca Sez. U, n. 40538 del 24/09/2009, Lattanzi, Rv. 244378,
«allo stato della normativa vigente, […] il termine per le indagini preliminari
decorre dalla data in cui il pubblico ministero ha provveduto ad iscrivere, nel
registro delle notizie di reato, il nominativo della persona alla quale il reato è
attribuito, senza che al giudice sia consentito di stabilire una diversa decorrenza.
Gli eventuali ritardi nella iscrizione, tanto della notizia di reato che del
nominativo cui il reato è attribuito, sono privi di conseguenze agli effetti di
quanto previsto dall’art. 407, comma 3, cod. proc. pen., anche se si tratta di
ritardi colpevoli o abnormi, fermi restando gli eventuali profili di responsabilità
disciplinare o penale».
Né rileva, nel caso in esame e per quanto interessa in questa sede, la
circostanza che la notizia di reato fosse stata in precedenza iscritta a “mod. 21”
(ovverosia nel registro “noti”) ma senza specificazione del nominativo degli
indagati, indicati come “da identificare”. E’ difatti l’iscrizione nel registro delle
notizie di reato del nome della persona alla quale questo è attribuito,
«contestualmente» all’iscrizione della notizia «o dal momento in cui risulta»
(come rimarca Sez. U. citata) che segna il momento da cui decorrono gli effetti
che ne derivano ai fini del computo del termine di durata delle indagini e della
utilizzabilità degli atti compiuti, e tale iscrizione postula la completa
identificazione di detto soggetto, non essendo all’evidenza sufficiente al riguardo
la sola eventuale qualifica. Ciò si ricava, tra l’altro, dal rilievo che soltanto nei
confronti della persona compiutamente identificata possono innestarsi i vari
meccanismi di controllo e di contraddittorio che l’art. 406 cod. proc. pen.
prevede in sede di proroga dei termini delle indagini, evocando, dunque, la
necessità che alla formale iscrizione del nominativo dell’indagato nel registro di
cui all’art. 335 cod. proc. pen. corrisponda l’accertamento della identità
soggettiva della persona cui l’iscrizione stessa si riferisce. Ed è principio
consolidato che in conseguenza di tale sistema, che è a garanzia di ciascun
indagato, il termine per le indagini preliminari previsto dall’art. 405 cod. proc.
pen., decorre in modo autonomo per ognuno degli indagati dal momento
appunto dell’iscrizione del suo nominativo nel registro delle notizie di reato.
4. Conseguentemente, l’ordinanza con cui sono stati dichiarati inutilizzabili
gli atti d’indagine va annullata senza rinvio, mentre la sentenza di non luogo a
procedere va annullata con rinvio al Tribunale di Napoli, affinché il Giudice

2. Nel merito, osserva il Collegio che il ricorso è fondato.

dell’udienza preliminare di detto Tribunale, in persona diversa da quella che ha
pronunciato la decisione che si annulla, proceda a nuovo giudizio sulla base
dell’intero compendio delle indagini espletate, con piena libertà di valutazione
nel merito.
P.Q.M.

Così deciso in Roma il giorno 11 luglio 2014
Il Consigliere estensoV

Il Presidente

Previo annullamento senza rinvio dell’ordinanza impugnata, annulla la
sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Giudice dell’udienza
preliminare del Tribunale di Vicenza.

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