Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 34737 del 14/04/2014


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 34737 Anno 2014
Presidente: CHIEFFI SEVERO
Relatore: CAVALLO ALDO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
IANNIELLO RAFFAELA N. IL 06/03/1971
avverso la sentenza n. 559/2011 TRIBUNALE di SALERNO, del
12/10/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 14/04/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ALDO CAVALLO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Sovx,”
Qyz,`Urtz cu2, 144
che ha concluso per e
, 5140.)

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv. t

ArnmA_ R-0-3/13,<2., Data Udienza: 14/04/2014 Ritenuto in fatto 1. Il Tribunale di Salerno, con sentenza deliberata il 12 ottobre 2012, condannava Ianniello Raffaela, previa concessione delle attenuanti generiche, alla pena di C 400,00 di ammenda, siccome colpevole del reato previsto e punito dall'art. 660 cod. pen., alla stessa contestato "perché, con reiterate telefonate al dott. Mario Della Valle, già Presidente del Tribunale di Sorveglianza di Salerno (in pensione dal giugno 2005), del quale si era procurato fraudolentemente il figlia naturale di D'Andrea Cosimo (deceduto nel 2001 in stato di detenzione), chiedendo ripetutamente allo stesso un incontro (malgrado il rifiuto oppostole in una all'invito a non disturbarlo telefonicamente), contestandogli errori nella valutazione della gravità della malattia del D'Andrea in occasione della decisione assunta dal Tribunale di Sorveglianza sulla richiesta di differimento della pena con l'ordinanza 20 febbraio-4 giugno 2001, asserendo falsamente che gli altri componenti del Collegio le avevano confidato il loro dissenso dalla decisione assunta, accusandolo di essere stato in quell'occasione "strumento di qualcuno", manifestando telefonicamente ai congiunti del dott. Della Valle di essere a conoscenza delle abitudini di vita (e in particolare dei luoghi frequentati) dello stesso, arrecava molestia al dott. Della Valle ed ai suoi congiunti, ingenerando negli stessi uno stato di ansia. In Salerno, dal 19 agosto 2008 al giugno 2009". 1.1 Come si ricava dalla motivazione della predetta sentenza la responsabilità dell'imputata veniva affermata in base, essenzialmente, al contenuto della deposizione dibattimentale della persona offesa - ritenuta senz'altro attendibile per avere la stessa ricostruito i fatti in maniera chiara e sufficientemente precisa, nonostante il comprensibile coinvolgimento emotivo ed al tenore di una delle telefonate effettuate dall'imputata (verosimilmente l'ultima), registrata dal figlio della persona offesa ed il cui contenuto aveva formato oggetto di perizia trascrittiva, emergendo in particolare: dalla deposizione del dottor Della Valle, che fin dal primo momento la Ianniello, pur essendo stata ascoltata inizialmente senza ostilità, era stata però invitata con chiarezza a desistere dalla richiesta di avere un colloquio riservato e nel quale si sarebbe dovuto parlare, tra l'altro, di una vicenda processuale datata e già definita; dal tenore della conversazione registrata, che la posizione del Della Valle e della sua famiglia non era affatto favorevole alla prosecuzione dei contatti telefonici con la Iannello, specie dal momento in cui veniva messa in discussione dall'imputata la liceità delle decisioni del magistrato, ed in tal modo la sua stessa serietà ed integrità professionale; elementi questi che, per un verso, consentivano di negare fondamento alla tesi difensiva della Ianniello, secondo cui numero riservato della utenza telefonica della abitazione, qualificandosi come la stessa avrebbe trovato molta disponibilità da parte della persona offesa e non avrebbe mai ricevuto dalla stessa inviti espliciti a non richiamare; per altro verso evidenziavano la sussistenza di tutti gli elementi costitutivi del reato, (condotta oggettivamente idonea a molestare e disturbare terze persone; volontarietà della condotta, diretta verso il fine specifico di interferire inopportunamente nell'altrui sfera di libertà). 2. Avverso la predetta sentenza ha proposto impugnazione l'imputata, personalmente chiedendone l'annullamento. 2.1 Violazione di legge - sostanziale e processuale - per avere il giudice del merito affermato la penale responsabilità dell'imputato, dopo aver disposto l'assunzione di uno solo dei testi indicati dalla difesa (Della Valle Alessandro, figlio della persona offesa), incongruamente ritenendo gli ulteriori testi "sovrabbondanti rispetto ai fatti di causa", senza considerare, in particolare, che stante il diritto delle parti alla prova, il giudice può non ammettere le sole prove vietate dalla legge o quelle che "manifestamente" risultino superflue o irrilevanti. 2.2 Mancata assunzione di una prova decisiva e vizio di motivazione, relativamente alla valutazione delle risultanze processuali, censurando la ricorrente, per un verso, l'erroneità della decisione di limitare l'assunzione dei testi indicati dalla difesa, specie tenuto conto che solo in dibattimento era stata prodotta la registrazione delle telefonate; per altro verso, che il giudice di merito era pervenuto alla condanna dell'imputata senza sciogliere alcune evidenti incongruenze esistenti nella deposizione della persona offesa, erroneamente affermando nella motivazione della sentenza impugnata: che solo nel giugno 2009 la persona offesa avrebbe deciso di presentare un esposto in relazione alle telefonate ricevute, e ciò sebbene nel corso della sua deposizione il Della Valle, su sollecitazione del suo stesso difensore, aveva precisato di aver presentato un primo esposto il 25 agosto 2008, reiterandoli dopo ogni nuova telefonata; che sull'utenza della persona offesa sarebbero pervenute delle telefonate "moleste" nel periodo dal 19 agosto 2008 al giugno 2009, come desumibile dall'esame dei tabulati telefoni acquisiti nel corso del giudizio, e ciò sebbene dagli stessi si ricavi in realtà, che l'ultima telefonata della Iannello risaliva al novembre 2008; che il clima di "reciproca complicità" che secondo quanto sostenuto dall'imputata avrebbe caratterizzato i colloqui telefonici all'origine dell'imputazione, costituiva una circostanza da escludere, insussistente, anche in considerazione del contenuto della telefonata (registrata) avuta dall'imputata con il figlio della persona offesa, laddove tale assunto non trovava conforto nelle risultanze processuali, dal momento che il figlio della persona offesa, solo nel corso dell'ultima telefonata avrebbe manifestato un pregiudizio nei confronti 2 Nel ricorso, si deduce: dell'Ianniello, per altro legato al procedimento penale promosso nei confronti del proprio genitore da D'Andrea Damiano (fratello del padre naturale dell'imputata). 2.3 Violazione di legge e vizio di motivazione, relativamente alla ritenuta sussistenza degli elementi costitutivi del reato contestato, ed in particolare di quello soggettivo; decisione questa sulla quale avrebbero influito tutte le incongruenze denunciate con i precedenti motivi d'impugnazione. 1. L'impugnazione è inammissibile in quanto basata su motivi non specifici ovvero non consentiti dalla legge nel giudizio di legittimità e comunque manifestamente infondati. 1.1 Quanto al primo motivo d'impugnazione - la mancata assunzione di alcuni testi indicati dalla difesa - la censura, così come formulata in ricorso, si risolve in deduzioni del tutto generiche e comunque prive di fondamento giuridico. Premesso, infatti, che il giudice del merito può negare l'ammissione di una prova, più specificamente di una testimonianza, quando appare evidente la sua irrilevanza per superfluità, scarsa o mancata attinenza con il tema del processo ovvero per altre ragioni obiettivamente risultanti prima che la prova o la testimonianza siano assunte (Sez. 4, n. 4966 del 07/02/1996 - dep. 16/05/1996, RG. in proc. Tollardo, Rv. 204589), nel caso di specie parte ricorrente non ha prospettato alcun concreto elemento che consenta di affermare che, nel presente giudizio, tale prerogativa sia stata incongruamente esercitata dal giudice di marito, neppure precisandosi in ricorso le circostanze in fatto sulle quali i testi avrebbero dovuto deporre. Sul punto occorre precisare, infatti, che risultando, all'esito dell'interrogatorio dell'imputata, del tutto pacifica, nel presente giudizio, la circostanza, in fatto, che effettivamente la Ianniello ebbe ad effettuare non poche telefonate sull'utenza dell'abitazione del dottor Della Valle, e ciò per stessa ammissione della ricorrente, è incontrovertibile che il thema decidendum e di conseguenza quello probandum, era ben definito e si risolveva nello stabilire se la condotta dell'imputata abbia integrato "un modo di agire pressante, indiscreto e impertinente" e che sgradevolmente interferiva nella sfera della libertà e della quiete di altre persone, così da configurare quel "biasimevole motivo" richiesto dalla norma incriminatrice, avuto riguardo alla qualità della persona offesa ed agli effetti stessi della petulanza (fastidio ed ansia), essendo superfluo, di contro, l'accertamento delle ragioni dalle quali il soggetto attivo del reato sia stato spinto ad agire. 3 Considerato in diritto Così delineati gli esatti confini del thema probandum, è evidente che solo una pur sommaria indicazione dell'oggetto della prova dedotta dalla difesa, del tutto assente in ricorso - che sotto tale profilo si rivela quindi incompleto e carente - avrebbe consentito a questo Collegio di apprezzare la effettiva illegittimità della censurata riduzione della lista testimoniale disposta dal giudice dì merito. 1.2 Quanto poi alla incongrua valutazione della prova, e segnatamente delle dichiarazioni della persona offesa, operata dal primo giudice, che ad avviso presenti nelle dichiarazioni, va osservato, preliminarmente, che anche tale censura risulta formulata in termini non specifici, non avendo parte ricorrente neppure provveduto ad allegare al ricorso l'esatto e completo tenore delle dichiarazioni rese dalla persona offesa. Al riguardo non è superfluo precisare, del resto, che come questa Corte regolatrice ha già avuto occasione di affermare, il vizio di travisamento della prova dichiarativa, per essere deducibile in sede di legittimità, deve avere un oggetto definito e non opinabile, tale da evidenziare la palese e non controvertibile difformità tra il senso intrinseco della singola dichiarazione assunta e quello che il giudice ne abbia inopinatamente tratto ed è pertanto da escludere che integri il suddetto vizio un presunto errore nella valutazione del significato probatorio della dichiarazione medesima (in termini, ex multis, Sez. 5, n. 9338 del 12/12/2012 - dep. 27/02/2013, Maggio, Rv. 255087), Orbene, anche volendo riconoscere, in tesi, che nella iniziale deposizione del Della Valle fossero effettivamente presenti, come apoditticamente sostenuto dalla ricorrente, alcune incongruenze, soprattutto con riferimento al numero ed all'arco temporale in cui si svolsero i colloqui telefonici con la Ianniello, va in ogni caso osservato che nella sentenza impugnata si precisa comunque che "il ricorso alle contestazioni in aiuto alla memoria" aveva "consentito poi alla persona offesa di meglio focalizzare alcuni dettagli temporali di una condotta prolungatasi sul piano cronologico e comunque nitidamente ripercorsa nella sua portata essenziale", quel che più rileva nel presente giudizio, posto che la stessa imputata, a prescindere dal contenuto dei tabulati telefonici, ha riconosciuto "l'esistenza e la molteplicità delle telefonate" e che il preteso travisamento della prova non ha comunque riguardato il nucleo centrale della deposizione, ovvero che il Della Valle aveva sempre rifiutato di incontrare la Ianniello, e non si era mai dichiarato disponibile alla prosecuzione dei contatti telefonici con la Inniello, che del tutto correttamente il giudice del merito ha ritenuto, sulla scorta di tale attendibile deposizione, di poter qualificare come "molesti" e "petulanti", come indirettamente dimostrato, del resto, dalla circostanza, emersa dalla deposizione della teste Siniscalco, che il Della Valle, ebbe ad informarsi con dei suoi ex 4 della ricorrente non avrebbe rilevato e dato conto di plurime incongruenze colleghi per sapere se qualcuno del Tribunale avesse dato il suo numero di telefono alla figlia di D'Andrea Cosimo. In conclusione, se pure nella iniziale deposizione della persona offesa, sussistevano delle inesattezze, le stesse erano del tutto marginali e non investivano la credibilità del teste ed il nucleo centrale delle sue dichiarazioni, certamente sufficienti a fondare una pronuncia di condanna dell'imputata "oltre ogni ragionevole dubbio". 1.3 Del tutto inammissibili, infine, si rivelano anche le deduzioni difensive contestato, dal momento che le stesse, così come formulate, si risolvono sostanzialmente in una richiesta di "rivalutazione" delle risultanze processuali poste a fondamento della decisione, ed in specie del giudizio di attendibilità del teste-persona offesa, non consentita in sede di legittimità, tenuto conto che, nel caso in esame, il giudicante non si è limitato a recepire acriticamente quanto dichiarato dalla persona offesa - che ben può costituire, per altro, anche da sola, fonte di prova sufficiente per la condanna, allorquando ne sia verificata l'attendibilità - sottoponendo le dichiarazioni del Della Valle ad attenta valutazione, rimarcando l'esistenza di adeguati riscontri, rappresentati dal dato pacifico delle plurime telefonante ricevute dalla donna (dato oggetto di ammissione anche da parte dell'imputata) dal contenuto della registrazione di uno dei colloqui, che inducevano a ritenere tali dichiarazioni credibili e scevre da finalità calunniose. 2. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e - non ricorrendo ipotesi di esonero - al versamento di una somma alla Cassa delle ammende, congruamente determinabile in C 1000,00, ai sensi dell'art. 616 cod. proc. pen.. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di C 1000,00 alla Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, il 14 aprile 2014. dirette a confutare l'effettiva sussistenza degli elementi costitutivi del reato

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