Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 34732 del 05/06/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 34732 Anno 2013
Presidente: D’ISA CLAUDIO
Relatore: D’ISA CLAUDIO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
METOUI OUSSAMA N. IL 16/01/1983
avverso la sentenza n. 1386/2012 CORTE APPELLO di BRESCIA, del
17/12/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. CLAUDIO D’ISA;

Data Udienza: 05/06/2013

1.Con la sentenza indicata in epigrafe, Il tribunale di Bergamo con sentenza
del 28.04.2010 ha ritenuto METOUI OSSAM responsabile del reato di cui
all’art. 186, co. 2 lett. c) del C. di S. ,.
La Corte d’Appello di Brescia in parziale riforma della sentenza di cui sopra
ha ridotto la pena inflitta in primo grado.
2. Ha proposto ricorso per cassazione l’imputato denunciando vizio di
motivazione per avere la Corte affermato che l’imputato non aveva offerto
alcuna versione alternativa a quella contestatagli non tenendo conto del
fatto che lo stesso era stato contumace.
3. Il ricorso é inammissibile.
Il ricorso è inammissibile perché contenente censure non consentite nel
giudizio di legittimità, in quanto concernenti la ricostruzione e la valutazione
del fatto, nonché l’apprezzamento del materiale probatorio, profili del
giudizio rimessi alla esclusiva competenza del giudice di merito, che ha
fornito una congrua e adeguata motivazione, immune da censure logiche,
perché basata su corretti criteri di inferenza, espressi in un ragionamento
fondato su condivisibili massime di esperienza.
In particolare, la Corte di Cassazione non può sindacare la valutazione del
giudice di merito sulla attendibilità della persona offesa ove sul punto
sussista, come nel caso sussiste, un’adeguata e rigorosa motivazione basata
sull’estrema chiarezza della deposizione, definita logica, misurata e credibile
(sulla esclusione della applicazione alla deposizione della persona offesa
delle regole di cui all’articolo 192, commi 3 e 4, c.p.p., come per qualsiasi
altra testimonianza, v. ex plurimis Cass. III, 18 ottobre 2001, Panaro, RV
220362).
D’altronde, i giudici del merito
hanno indicato una serie di elementi
comprovanti i fatti denunciati motivando specificamente in ordine alla
deduzione difensiva oggetto dei motivi di gravame, come innanzi esposta.
4. Segue, a norma dell’articolo 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese del procedimento ed al pagamento a favore della
Cassa delle Ammende, non emergendo ragioni di esonero, della somma di
euro 1000,00 (mille/00) a titolo di sanzione pecuniaria.
Per questi motivi
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese del procedimento ed al pagamento a favore della
Cassa delle ammende della somma di euro 1000,00 (mille/00).
Così deciso in Roma in camera di consi
5 giugno 2013.

FATTO E DIRITTO

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