Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 34729 del 05/06/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 34729 Anno 2013
Presidente: D’ISA CLAUDIO
Relatore: MASSAFRA UMBERTO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
MAZOUZI HAMID N. IL 24/09/1973
avverso la sentenza n. 301506/2012 TRIBUNALE di VENEZIA, del
12/09/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. UMBERTO
MASSAFRA;

Data Udienza: 05/06/2013

Osserva

Ricorre per cassazione Mazouzi Hamid avverso la sentenza emessa in data
12.9.2012 ai sensi dell’art. 444 c.p.p. dal Giudice monocratico del Tribunale di
Venezia con la quale veniva applicata al predetto la pena concordata di anni uno
e mesi tre di reclusione ed C 3.500,00 di multa per il delitto di cui all’art. 73 dPR
309/1990.
Deduce il vizio motivazionale in relazione alla mancata verifica dell’insussistenza

Il ricorso è inammissibile perché proposto per motivo manifestamente infondato.
Come questa Corte ha ripetutamente affermato (cfr. ex plurimis, Cass. pen.
Sez. Un., n. 10372 del 27.9.1995, Rv. 202270, Serafino), l’obbligo della
motivazione della sentenza di applicazione concordata della pena va conformato
alla particolare natura della medesima e deve ritenersi adempiuto qualora il
giudice dia atto, ancorché succintamente, come nel caso di specie, di aver
proceduto alla delibazione degli elementi positivi richiesti (la sussistenza
dell’accordo delle parti, la corretta qualificazione giuridica del fatto,
l’applicazione di eventuali circostanze ed il giudizio di bilanciamento, la congruità
della pena, la concedibilità della sospensione condizionale della pena ove la
efficacia della richiesta sia ad essa subordinata) e di quelli negativi (che non
debba essere pronunciata sentenza di proscioglimento a norma dell’articolo 129
c.p.p.).
In particolare, il giudizio negativo in ordine alla ricorrenza di una delle ipotesi di
cui all’articolo 129 c.p.p. deve essere accompagnato da una specifica
motivazione soltanto nel caso in cui dagli atti o dalle deduzioni delle parti
emergano concreti elementi circa la possibile applicazione di cause di non
punibilità, dovendo, invece, ritenersi sufficiente, in caso contrario, una
motivazione consistente nell’enunciazione, anche implicita, che è stata compiuta
la verifica richiesta dalla legge e che non ricorrono le condizioni per una
pronuncia di proscioglimento ai sensi della disposizione citata.
Nel procedimento speciale di applicazione della pena su richiesta delle parti, il
giudice decide, invero, sulla base degli atti assunti ed è tenuto, pertanto, a
valutare se sussistano le anzidette cause di proscioglimento soltanto se le stesse
preesistano alla richiesta e siano desumibili dagli atti medesimi.
Nè può l’imputato che abbia consentito all’applicazione della pena, rimettere in
discussione gli altri profili oggettivi o soggettivi della responsabilità e non può, in
particolare, proporre in sede di legittimità eccezioni o censure attinenti al merito
nè recriminare sulla qualificazione giuridica del fatto e la ricorrenza delle
circostanze o la congruità della pena, a meno che si tratti di statuizioni

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di alcuna delle ipotesi di cui all’art. 129 c.p.p..

palesemente illegittime: evenienza questa che, nel caso di specie, è senz’altro
da escludere.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell’art. 616
c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della
somma, che si ritiene equo liquidare in C 1.500,00, in favore della cassa delle
ammende, non ravvisandosi assenza di colpa in ordine alla determinazione della
causa di inammissibilità.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di Euro 1.500,00 in favore della Cassa delle
Ammende.
Così deciso in Roma, il 5.6.2013

P.Q.M.

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