Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 34719 del 09/07/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 34719 Anno 2014
Presidente: D’ISA CLAUDIO
Relatore: D’ISA CLAUDIO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
LAPPO PIETRO N. IL 18/09/1972
avverso la sentenza n. 1438/2013 GIP TRIBUNALE di TARANTO, del
20/09/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. CLAUDIO D’ISA;

Data Udienza: 09/07/2014

osserva

2. Il ricorso è inammissibile, ex articolo 606, comma 3, c.p.p., perché proposto
per motivi manifestamente infondati e, ex articolo 591, comma 1, lettera c),
c.p.p., perché i motivi sono privi del requisito della specificità, consistendo nella
generica esposizione della doglianza senza alcun contenuto di effettiva critica
alla decisione impugnata.
Come questa Corte ha ripetutamente affermato (cfr. ex plurimis Cass. S.U. 27
settembre 1995, Serafino), l’obbligo della motivazione della sentenza di
applicazione concordata della pena va conformato alla particolare natura della
medesima e deve ritenersi adempiuto qualora il giudice dia atto, ancorché
succintamente, di aver proceduto alla delibazione degli elementi positivi richiesti
(la sussistenza dell’accordo delle parti, la corretta qualificazione giuridica del
fatto, l’applicazione di eventuali circostanze ed il giudizio di bilanciamento, la
congruità della pena, la concedibilità della sospensione condizionale della pena
ove la efficacia della richiesta sia ad essa subordinata) e di quelli negativi (che
non debba essere pronunciata sentenza di proscioglimento a norma dell’articolo
129 c.p.p.).
In particolare, il giudizio negativo in ordine alla ricorrenza di una delle ipotesi di
cui all’articolo 129 c.p.p. deve essere accompagnato da una specifica
motivazione soltanto nel caso in cui dagli atti o dalle deduzioni delle parti
emergano concreti elementi circa la possibile applicazione di cause di non
punibilità, dovendo, invece, ritenersi sufficiente, in caso contrario, una
motivazione consistente nell’enunciazione, anche implicita, che è stata compiuta
la verifica richiesta dalla legge e che non ricorrono le condizioni per una
pronuncia di proscioglimento ai sensi della disposizione citata.
Nel procedimento speciale di applicazione della pena su richiesta delle parti, il
giudice decide, invero, sulla base degli atti assunti ed è tenuto, pertanto, a
valutare se sussistano le anzidette cause di proscioglimento soltanto se le stesse
preesistano alla richiesta e siano desumibili dagli atti medesimi.
Non è consentito, dunque, all’imputato, dopo l’intervenuto e ratificato accordo,
proporre questioni in ordine alla mancata applicazione dell’articolo 129 c.p.p.,
senza precisare per quali specifiche ragioni detta disposizione avrebbe dovuto
essere applicata nel momento del giudizio.
3. Né può incidere relativamente alla quantificazione della pena, la sentenza
della Corte Costituzionale n. 32 del 2014, depositata il 25.02.2014, per quanto
qui rileva, che ha dichiarato la illegittimità costituzionale dell’art. 4 bis della L.
21.02.2006 n. 49, cioè del testo dell’art. 73 d.P.R. 309/90 nella formulazione di
cui alla predetta legge c.d. “Fini-Giovanardi”, determinando, come dalla Corte
Costituzionale espressamente affermato, l’applicazione dell’art. 73 del predetto
d.P.R. 309/90 e relative tabelle nella formulazione originaria (Legge c.d.
“Iervolino-Vassalli”), in quanto la pena edittale, con riferimento alla detenzione
di droga pesante (nella specie cocaina) prevista dalla L. Fini-Giovanardi è più
favorevole rispetto a quella della legge Iervolino Vassalli.
4. Segue, a norma dell’articolo 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese del procedimento ed al pagamento a favore della Cassa
delle Ammende, non emergendo ragioni di esonero, della somma di euro
1500,00 (millecinquecento/00) a titolo di sanzione pecuniaria.
Per questi motivi
2/-

1. LAPPO PIETRO cassazione contro la sentenza di applicazione concordata
della pena in epigrafe indicata, in ordine al delitto di all’. 73 d.p.r. 309/90,
deducendo carenza di motivazione della medesima in ordine ai criteri di
valutazione della prova.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese del procedimento e al pagamento in favore della Cassa delle
ammende della somma di euro 1500,00 (millecinquecento/00).
Così deciso in Roma il 9 luglio 20

Il Presidente estensore

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