Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 34679 del 09/06/2014


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Ord. Sez. 7 Num. 34679 Anno 2014
Presidente: MARASCA GENNARO
Relatore: SABEONE GERARDO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
FRIDI HASAN N. IL 17/04/1981
avverso la sentenza n. 1137/2013 GIUDICE UDIENZA
PRELIMINARE di TRENTO, del 26/09/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GERARDO SABEONE ;

Data Udienza: 09/06/2014

RITENUTO IN FATTO
– che con l’impugnata sentenza, pronunciata ai sensi dell’articolo 444
cod.proc.pen., venne applicata a Fridi Hasan per il reato di furto in abitazione la
pena concordata con la Pubblica Accusa nella misura di mesi dieci di reclusione
ed euro 240,00 di multa;

l’imputato, personalmente, denunciando violazione di legge e difetto di
motivazione in ordine alla qualificazione giuridica dei fatti.
CONSIDERATO IN DIRITTO

– che la possibilità di impugnare la sentenza di patteggiamento per
denunciare l’erronea qualificazione giuridica del fatto ha dato luogo ad
interpretazioni contrastanti, risolte da un intervento delle Sezioni Unite (v. Cass.
Sez. Un. 19 gennaio 2000 n. 5), le quali hanno statuito che con il ricorso per
cassazione può essere denunciata l’erronea qualificazione del fatto come
prospettata dalle parti e recepita dal Giudice, e ciò perché è lo stesso articolo
444 cod.proc.pen., comma 2, ad imporre siffatto controllo, funzionale ad evitare
che l’accordo sulla pena si trasformi in accordo sui reati. Tuttavia, proprio in
considerazione della natura del patteggiamento e dello scopo del controllo
affidato al Giudice, la giurisprudenza ritiene che l’impugnabilità per l’erronea
qualificazione del fatto debba essere limitata ai casi in cui quella prospettata
dalle parti sia palesemente erronea ovvero ai casi in cui la contestazione
originariamente delineata dal solo Pubblico Ministero sia anch’essa
manifestamente erronea. Quindi, la ricorribilità della sentenza di patteggiamento
è ammessa nelle sole ipotesi di errore manifesto, ossia quando sussiste
realmente l’eventualità che l’accordo sulla pena si trasformi in accordo sui reati,
sicché deve essere esclusa tutte le volte in cui la diversa qualificazione presenti
margini di opinabilità: l’errata qualificazione giuridica del fatto può essere fatta
valere solo dinanzi ad un evidente error in iudicando che “dissimuli un’illegale
trattativa sul nomen iuris”, ma non in presenza di una qualificazione che presenti
oggettivi margini di opinabilità (tra le tante v. Cass. Sez. Sez. IV 11 marzo 2010
n. 10692 e Sez. VI 27 novembre 2012 n. 15009).
– che in ogni caso, deve riconoscersi la correttezza del controllo operato
dal Giudice del patteggiamento, controllo che in questa sede deve essere
valutato in rapporto allo stato degli atti del procedimento al momento
1

– che avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione

dell’accordo tra le parti come risultante dalla stessa sentenza impugnata. In sede
di legittimità la verifica dell’osservanza della previsione contenuta nell’articolo
444 cod.proc.pen., comma 2 avviene esclusivamente sulla base dei capi di
imputazione, della succinta motivazione della sentenza e dei motivi dedotti nel
ricorso, non potendo certo spingersi la Corte ad esaminare gli atti del
procedimento o i documenti estranei ad esso.

sia trattato di qualificazioni manifestamente erronee e che è utile ricordare come
anche la giurisprudenza di questa Corte ha avuto modo di sottolineare da tempi
risalenti che il concetto di privata dimora è più ampio di quello di abitazione e
rientra in esso qualsiasi luogo esclusa la casa di abitazione, dove ci si soffermi ad
esercitare, anche transitoriamente manifestazioni della attività individuale per
motivi leciti i più diversi: studio, cultura, lavoro, svago, commercio; con la
ulteriore conseguenza che anche un pubblico esercizio, nelle ore di chiusura,
nelle quali, interrotto ogni rapporto con l’esterno, viene dal proprietario utilizzato
per lo svolgimento di un’attività lavorativa, sia pure inerente alla gestione del
locale stesso, costituisce un luogo di privata dimora (v. Cass. Sez. V 2 luglio
2010 n. 30957 e Sez. IV 24 gennaio 2013 n. 11490);
– che la ritenuta inammissibilità del ricorso comporta le conseguenze di
cui all’articolo 616 cod.proc.pen., ivi compresa, in assenza di elementi che
valgano ad escludere ogni profilo di colpa, anche l’applicazione della prescritta
sanzione pecuniaria in favore della Cassa delle Ammende;

P. T. M.

La Corte, dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese del processuali e della somma di euro 1.500,00 in favore
della Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma, il 9 giugno 2014.

– che nel caso di specie, non emerge alcun elemento per ritenere che si

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA