Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3467 del 19/12/2014


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 4 Num. 3467 Anno 2015
Presidente: ROMIS VINCENZO
Relatore: DELL’UTRI MARCO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
Bonn Alessandro n. il 11/4/1979
avverso la sentenza n. 3324/2013 pronunciata dalla Corte d’appello di
Venezia il 10/4/2014;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita nell’udienza pubblica del 19/12/2014 la relazione fatta dal Cons.
dott. Marco Dell’Utri;
udito il Procuratore Generale, in persona del dott. M.G. Fodaroni, che ha
concluso per il rigetto del ricorso;
udito, per l’imputato, l’avv.to del foro M. De Franceschi del foro di Mestre che ha concluso per l’accoglimento del relativo ricorso.

Data Udienza: 19/12/2014

RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza resa in data 10/4/2014, la Corte d’appello di Venezia ha integralmente confermato la sentenza in data 11/6/2012 con la quale il Tribunale
di Rovigo ha condannato Alessandro Bonn alla pena di cinque mesi di arresto ed
euro 3.000,00 di ammenda, oltre alla sanzione amministrativa accessoria della revoca della patente di guida, in relazione al reato di guida in stato di ebbrezza alcolica (tasso alcolemico pari a 2,72 g/1), accertato in Badia Polesine, il

2. Avverso la sentenza d’appello, a mezzo del proprio difensore, ha proposto
ricorso per cassazione l’imputato per violazione di legge e vizio di motivazione,
per avere la corte territoriale omesso il riconoscimento, in proprio favore, delle
circostanze attenuanti generiche e del minimo edittale della pena, in violazione
degli indici di valutazione imposti dall’art. 133 c.p..
Sotto altro profilo, il ricorrente si duole della violazione di legge in cui sarebbero incorsi giudici del merito nell’omettere il rilievo della mancata formale contestazione, a carico dell’imputato, della recidiva nel biennio (riconosciuta in primo grado e confermata in sede di appello), in violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza.
Da ultimo, il ricorrente censura la sentenza impugnata, per avere la corte
territoriale confermato l’irrogazione della sanzione amministrativa accessoria della revoca della patente di guida, in assenza della prova che il precedente ascritto
al Bonn (quale riferimento della cosiddetta ‘recidiva nel biennio’ di cui all’art. 186
c.d.s.) riguardasse proprio il reato di guida in stato di ebbrezza di cui all’art. 186
co. 2, lett. c), c.d.s., ossia della fattispecie di reato identica a quella oggetto
dell’odierno procedimento.

CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il ricorso è infondato.
La doglianza genericamente avanzata dal ricorrente, con riguardo alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche e alla particolare severità
della pena inflitta a suo carico, non individua alcuna insufficienza o incongruità
nello sviluppo logico della motivazione dettata nella sentenza impugnata, limitandosi a prospettare questioni di mero fatto o apprezzamenti di merito incensurabili in questa sede.
In thema, con riferimento al contestato diniego delle attenuanti generiche, è
appena il caso di richiamare il consolidato (e qui condiviso) indirizzo interpretativo affermatosi nella giurisprudenza di legittimità, ai sensi del quale la sussistenza di circostanze attenuanti rilevanti ai sensi dell’art. 62-bis c.p. è oggetto di un

13/3/2010.

giudizio di fatto, e può essere esclusa dal giudice con motivazione fondata sulle
sole ragioni preponderanti della propria decisione, di talché la stessa motivazione, purché congrua e non contraddittoria, non può essere sindacata in cassazione neppure quando difetti di uno specifico apprezzamento per ciascuno dei pretesi fattori attenuanti indicati nell’interesse dell’imputato (in termini, ex plurimis,
Cass., Sez. 6, n. 7707/2003, Rv. 229768).
Quanto all’onere di motivazione sul punto imposto al giudice del merito, è
stato altresì precisato come quest’ultimo non è tenuto a prendere in considera-

spieghi e giustifichi l’uso del potere discrezionale conferitogli dalla legge con
l’indicazione delle ragioni ostative alla concessione e delle circostanze ritenute di
preponderante rilievo (in tal senso, ex plurimis, v. Cass. Sez. 1, n. 3772/1994,
Rv. 196880).
In particolare, ai fini della concessione o del diniego delle circostanze attenuanti generiche il giudice può limitarsi a prendere in esame, tra gli elementi indicati dall’art. 133 c.p., quello che ritiene prevalente e atto a determinare o meno il riconoscimento del beneficio, sicché anche un solo elemento attinente alla
personalità del colpevole o all’entità del reato ed alle modalità di esecuzione di
esso può essere sufficiente in tal senso (così Cass., Sez. 2, n. 3609/2011, Rv.
249163).
Analoghe considerazioni valgono per quel che riguarda l’entità della pena,
essendo sul punto sufficiente il richiamo ai princìpi enunciati da questa Corte in
materia, là dove, in tema di commisurazione della pena, quando questa (come
nel caso di specie) non si discosti di molto dai minimi edittali ovvero venga compresa tra il minimo ed il medio edittale, il giudice ottempera all’obbligo motivazionale richiamandosi alla gravità del reato (cfr. Cass., Sez. 4, n. 41702/2004,
Rv. 230278); in particolare, nell’ipotesi in cui la determinazione della pena non si
discosti eccessivamente dai minimi edittali, il giudice ottempera all’obbligo motivazionale di cui all’art. 125, comma 3, c.p., anche ove adoperi espressioni come
“pena congrua”, “pena equa”, “congruo aumento”, ovvero si richiami alla gravità
del reato o alla personalità del reo (v. Cass., Sez. 3, n. 33773/2007, Rv.
237402).
Nel caso in esame, la corte territoriale ha correttamente negato il ricorso di
circostanze attenuanti generiche e valutato la congruità del complessivo trattamento sanzionatorio imposto all’imputato dal giudice di primo grado, correlando
tale giudizio al particolare significato dei precedenti specifici a carico dello stesso
e alla circostanza che la pena definitiva era stata determinata (in misura prossima al minimo) tenendo già conto della positiva condotta tenuta dal Bonn successivamente alla commissione del reato, così radicando, il conclusivo giudizio

3

zione tutti gli elementi prospettati dall’imputato, essendo sufficiente che egli

espresso sul trattamento sanzionatorio complessivo, al ricorso di specifici presupposti di fatto coerenti ai parametri di cui all’art. 133 c.p., sulla base di una
motivazione in sé dotata di intrinseca coerenza e logica linearità.

4. Dev’essere inoltre disattesa la doglianza avanzata dal ricorrente in ordine
alla pretesa necessità di una preventiva contestazione della c.d. ‘recidiva nel
biennio’ di cui all’art. 186, co. 2, c.d.s. (ai fini della revoca della patente di guida), trattandosi, nel caso in esame, non già dell’istituto espressamente regolato

torio penale dell’imputato (e come tale necessariamente destinato alla preventiva contestazione a carico dell’accusato), bensì della disciplina di un mero effetto
legale, rilevante sul piano amministrativo, connesso al rilievo storico della ripetizione, entro un arco di tempo predeterminato, dell’illecito previsto dall’art. 186
c.d.s., ossia del fatto consistito nell’essersi, l’imputato, illecitamente posto alla
guida di un autoveicolo in condizioni di ebbrezza alcolica (v. Cass., Sez. 4, Sentenza n. 22686 del 9/5/2014, Fenu)
Ciò posto, osserva il collegio – così pervenendo al rilievo dell’infondatezza
del restante motivo dì ricorso avanzato dall’imputato – come, ai fini dell’operatività del meccanismo sanzionatorio in esame (e dunque ai fini dell’obbligo di revoca della patente di guida dell’imputato), del tutto irrilevante deve ritenersi
l’entità o il grado del tasso alcolemico giuridicamente rilevante riscontrato sulla
persona dell’imputato, assumendo un decisivo rilievo, ai fini della revoca dell’abilitazione alla guida dell’imputato, la sola circostanza costituita dalla commissione, nell’arco di un biennio, di due illeciti di natura penale riconducibili alla fattispecie della guida in stato di ebbrezza, avuto riguardo al richiamo (seppure improprio, come in precedenza rilevato) della nozione di ‘recidiva’ contenuto
nell’art. 186 cit., di per sé in ogni caso espressivo dell’esigenza di una reiterata
commissione di (almeno) due ‘reati’ nell’arco di un biennio, come nel caso in
esame specificamente accaduto, essendo stato il Fenu nel precedente biennio
condannato per l’avvenuta commissione del reato di guida in stato di ebbrezza
(cfr. Cass., Sez. 4, Sentenza n. 22686 del 9/5/2014, Fenu, cit.).

5. Sulla base di tali premesse, rilevata l’integrale infondatezza dei motivi
d’impugnazione, dev’essere conseguentemente pronunciato il rigetto del ricorso,
con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

dall’art. 99 c.p., suscettibile di incidere negativamente sul trattamento sanziona-

P.Q.M.
la Corte Suprema di Cassazione, rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 19/12/2014.

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA