Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 34643 del 09/06/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 34643 Anno 2014
Presidente: MARASCA GENNARO
Relatore: SABEONE GERARDO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
LUNGU FLORIN ADRIAN N. IL 26/07/1978
POPA MARIANA N. IL 12/07/1977
avverso la sentenza n. 437/2011 TRIBUNALE di CHIETI, del
14/04/2011
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GERARDO SABEONE ;

Data Udienza: 09/06/2014

RITENUTO IN FATTO
– che con l’impugnata sentenza, pronunciata ai sensi dell’articolo 444
cod.proc.pen., venne applicata a Popa Mariana e Lungu Florin Adrian per il reato
di furto aggravato la pena concordata con la Pubblica Accusa;

cassazione entrambi gli imputati, personalmente, denunciando una motivazione
illogica in merito all’affermazione della penale responsabilità e alla pena irrogata.

CONSIDERATO IN DIRITTO

– che in diritto si afferma pacificamente come: “nel procedimento di
applicazione della pena su richiesta delle parti (articoli 444 e seg. cod.proc.pen.),
(queste) non possono prospettare con il ricorso per cassazione questioni
incompatibili con la richiesta di patteggiamento formulata per il fatto contestato
e per la relativa qualificazione giuridica risultante dalla contestazione, in quanto
l’accusa come giuridicamente qualificata non può essere rimessa in discussione.
L’applicazione concordata della pena, infatti, presuppone la rinuncia a far
valere qualunque eccezione di nullità, anche assoluta, diversa da quelle attinenti
alla richiesta di patteggiamento e al consenso a essa prestato.
Cosicché, in questa prospettiva, l’obbligo di motivazione del Giudice è
assolto con la semplice affermazione dell’effettuata verifica e positiva valutazione
dei termini dell’accordo intervenuto tra le parti e dell’effettuato controllo degli
elementi di cui all’articolo 129 cod.proc.pen. conformemente ai criteri di legge”
(v. Cass. Sez. II 14 gennaio 2009 n. 5240 e Sez. V 25 marzo 2010 n. 21287).
Nella specie, questa volta in fatto, il Tribunale ha dato logicamente conto
del controllo effettuato circa la sussistenza dei fatti e la loro qualificazione
giuridica e, quindi, dell’impossibilità di addivenire ad una pronuncia di
proscioglimento ai sensi dell’articolo 129 cod.proc.pen.; né, d’altra parte, risulta
indicata, nel ricorso, alcuna specifica ragione di diritto per la quale, nella specie,
l’accordo raggiunto fra le parti (e non modificabile in alcun modo dal Giudice)
sarebbe stato da respingere anche per eccessività della pena (peraltro,
all’evidenza, tutt’altro che esorbitante dalla media); il che, in linea con il
consolidato orientamento di questa Corte, costituisce appunto causa di
1

– che avverso detta sentenza hanno proposto distinti ricorsi per

inammissibilità del gravame (v. Cass. Sez. IV 11 maggio 1992 n. 7768 e Sez. Il
21 maggio 2003 n. 27930);
– che la ritenuta inammissibilità dei ricorsi comporta le conseguenze di cui
all’articolo 616 cod.proc.pen., ivi compresa, in assenza di elementi che valgano
ad escludere ogni profilo di colpa, anche l’applicazione della prescritta sanzione

P. T. M.

La Corte, dichiara inammissibili i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al
pagamento delle spese del processuali e della somma di euro 1.500,00 in favore
della Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma, il 9 giugno 2014.

pecuniaria in favore della Cassa delle Ammende;

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