Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3464 del 19/12/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 3464 Anno 2015
Presidente: ROMIS VINCENZO
Relatore: DELL’UTRI MARCO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
Lucchesi Giordana n. il 23/8/1957
avverso la sentenza n. 5335/2009 pronunciata dalla Corte d’appello di
Milano il 12/3/2014;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita nell’udienza pubblica del 19/12/2014 la relazione fatta dal Cons.
dott. Marco Dell’Utri;
udito il Procuratore Generale, in persona del dott. M.G. Fodaroni, che ha
concluso per il rigetto del ricorso.

Data Udienza: 19/12/2014

RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza resa in data 12/3/2014, la Corte d’appello di Milano ha integralmente confermato la sentenza in data 7/10/2008 con la quale il Tribunale
di Lodi ha condannato Giordana Lucchesi alla pena di due anni e un mese di reclusione ed euro 500,00 di multa, in relazione al reato di furto aggravato dall’esecuzione con destrezza, commesso, ai danni di Celso Germani, in Mulazzano il
2/6/2005.

ricorso per cassazione l’imputato, sulla base di quattro motivi di impugnazione.
Con il primo motivo, la ricorrente si duole della violazione della legge processuale in cui sarebbe incorso il giudice d’appello, nell’omettere di rilevare l’omessa notificazione del decreto di citazione per il giudizio d’appello presso il domicilio eletto dalla Lucchesi.
Con il secondo motivo, l’imputata censura la sentenza impugnata per violazione di legge, avendo i giudici del merito attestato la responsabilità penale
dell’imputata sulla base di elementi di prova privi di intrinseca attendibilità.
Con il terzo motivo, la ricorrente si duole della violazione di legge e del vizio
di motivazione in cui sarebbe incorso il giudice d’appello nel confermare la ritenuta insussistenza della circostanza attenuante della lieve entità del danno, tenuto conto dell’avvenuta sottrazione della sola somma di 35,00 euro.
Da ultimo, l’imputata censura la sentenza impugnata per violazione di legge,
per avere la corte territoriale omesso di riconoscere, anche d’ufficio, il ricorso di
circostanze attenuanti generiche in favore dell’imputata.

3. Con memoria depositata in data 5/11/2014, la ricorrente ha invocato, in
via gradata, il riconoscimento dell’avvenuta prescrizione del reato alla stessa ascritto.

CONSIDERATO IN DIRITTO
4. Dev’essere preliminarmente disatteso il primo motivo d’impugnazione
formulato dalla ricorrente, valendo al riguardo il richiamo all’insegnamento della
giurisprudenza di legittimità, ai sensi del quale la notificazione all’imputato del
decreto di citazione per il giudizio di appello presso lo studio del difensore di fiducia (nel caso di specie, presente in aula, nel corso del giudizio d’appello), invece che presso il domicilio eletto, in quanto eseguito in forme diverse da quelle
prescritte (ma in concreto idonea a determinare una conoscenza effettiva dell’atto), dà luogo a una nullità di ordine generale a regime intermedio, che, quindi

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2. Avverso la sentenza d’appello, a mezzo del proprio difensore, ha proposto

non può essere dedotta per la prima volta in sede di legittimità (Sez. 6, Sentenza n. 42755 del 24/09/2014, Rv. 260434).
Quanto alle doglianze sollevate dalla ricorrente in relazione all’accertamento
della propria responsabilità per il fatto ascrittole, osserva il collegio – di là dalla
genericità delle censure in esame, peraltro limitate alla proposizione di una sostanziale inammissibile rilettura soggettiva delle fonti di prova analizzate dai giudici del merito – come la corte territoriale abbia adeguatamente dato conto
dell’attendibilità del riconoscimento fotografico operato dalla persona offesa, te-

dell’avvenuto riconoscimento, rispetto all’epoca del fatto, sottolineando inoltre il
carattere significativo della circostanza costituita dall’avvenuto commissione, da
parte della Lucchesi, pochi giorni dopo il fatto per cui si procede, di una rapina
dalle caratteristiche e modalità operative del tutto comuni al reato oggetto
dell’odierno giudizio, evidenziando infine come del tutto attendibilmente era stata ritenuta la responsabilità dell’imputata per l’avvenuta sottrazione del portafoglio della persona offesa, essendosi la Lucchesi nell’occasione de qua improvvisamente avvicinata alla vittima con un mero pretesto, ripartendo immediatamente prima di aver ottenuto l’informazione che aveva in precedenza richiesto,
senza che vi fosse alcuna ragione per cui l’imputata avesse improvvisamente dovuto abbracciare la vittima (un uomo anziano), se non allo scopo di estrargli con
destrezza il portafoglio dalla tasca posteriore dei pantaloni.
La motivazione così compendiata dalla corte territoriale deve ritenersi dotata
di adeguata coerenza logica e linearità argomentativa, come tale pienamente idonea a sottrarsi alle censure sul punto illustrate dall’odierno ricorrente.
Quanto alla pretesa erroneità del mancato riconoscimento della circostanza
attenuante del danno di specialità tenuità (art. 62, n. 4, c.p.), è appena il caso di
osservare come la corte territoriale non si sia limitata alla sola considerazione
della sottrazione della somma di danaro di 35,00 euro da parte dell’imputata,
sottolineando viceversa l’incidenza, sull’entità complessiva del danno patrimoniale provocato, del valore del portafoglio sottratto; e tanto sulla base di una valutazione di merito immune da vizi d’indole logica o giuridica, come tale idonea a
sottrarsi alle censure in fatto in questa sede inammissibilmente avanzate dalla
ricorrente.
Da ultimo, dev’essere integralmente disattesa la censura sollevata dalla Lucchesi con riguardo all’asserita erroneità del mancato riconoscimento di circostanze attenuanti generiche in proprio favore, avendo la corte territoriale sottolineato
la congruità e la proporzionalità della pena complessivamente inflitta a suo carico, tenuto conto dei criteri determinativi di cui all’art. 133 c.p., con particolare
riguardo alle modalità del fatto (un insidioso furto commesso con destrezza ai

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nuto conto della sicurezza esibita da quest’ultima e della vicinanza nel tempo

danni di una persona anziana) e della recidiva reiterata (riferita alle sei condanne
già subite dall’imputata tra furti e rapine) alla stessa contestata; recidiva, la cui
considerazione esclude altresì l’avvenuto decorso del periodo di prescrizione da
ultimo invocato dalla ricorrente con la memoria depositata in data 5/11/2014.
Su tale ultimo punto, è appena il caso di evidenziare come la disciplina della
prescrizione dettata dall’art. 6 della legge n. 251/2005, per quanto nella specie più favorevole (ai sensi dell’art. 2 c.p.), rispetto al previgente disposto
dell’art. 157 c.p., prevede in ogni caso l’aumento della metà del termine ordina-

lendo, in caso di recidiva reiterata (come nella specie), il testo dell’art. 161 c.p.
riformulato dall’art. 6 della legge n 251/2005 più sopra richiamato: l’applicazione
di tale ultimo articolo, infatti, s’impone nella sua interezza, una volta individuata
la relativa natura di disciplina più favorevole della prescrizione (rispetto alla
normativa previgente), non potendo ammettersi l’eventuale ‘costruzione’ di una
‘terza norma’ (inesistente nell’ordinamento) risultante dalla combinazione di
frammenti di discipline relative a fonti normative succedutesi nel tempo (cfr, ex
multis, Sez. 4, Sentenza n. 7961 del 17/01/2013, Rv. 255103).

5. Sulla base delle argomentazioni che precedono, rilevata l’infondatezza dei
motivi di doglianza prospettati dalla Lucchesi, dev’essere disposto il rigetto del
relativo ricorso, con la conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle
spese processuali.

P.Q.M.
la Corte Suprema di Cassazione, rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al
pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 19/12/2014.

rio di prescrizione in caso d’interruzione della medesima prescrizione, così stabi-

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