Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 34627 del 09/06/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 34627 Anno 2014
Presidente: MARASCA GENNARO
Relatore: SABEONE GERARDO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
POPA MARIAN N. IL 12/08/1969
FARCAS ALIN ROMEO N. IL 08/10/1988
MATEI DANIEL N. IL 20/07/1971
avverso la sentenza n. 1928/2013 TRIBUNALE di VELLETRI, del
16/09/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GERARDO SABEONE ;

Data Udienza: 09/06/2014

RITENUTO IN FATTO
– che con l’impugnata sentenza, pronunciata ai sensi dell’articolo 444
cod.proc.pen., venne applicata a Popa Marian, Farcas Alin Romeo e Matei Daniel
per il reato di furto pluriaggravato la pena concordata con la Pubblica Accusa

– che avverso detta sentenza hanno proposto distinti ricorsi per
cassazione tutti gli imputati, personalmente, denunciando una motivazione
illogica in merito all’affermazione della penale responsabilità.

CONSIDERATO IN DIRITTO

– che in diritto si afferma pacificamente come: “nel procedimento di
applicazione della pena su richiesta delle parti (articoli 444 e seg. cod.proc.pen.),
(queste) non possono prospettare con il ricorso per cassazione questioni
incompatibili con la richiesta di patteggiamento formulata per il fatto contestato
e per la relativa qualificazione giuridica risultante dalla contestazione, in quanto
l’accusa come giuridicamente qualificata non può essere rimessa in discussione.
L’applicazione concordata della pena, infatti, presuppone la rinuncia a far
valere qualunque eccezione di nullità, anche assoluta, diversa da quelle attinenti
alla richiesta di patteggiamento e al consenso a essa prestato.
Cosicché, in questa prospettiva, l’obbligo di motivazione del Giudice è
assolto con la semplice affermazione dell’effettuata verifica e positiva valutazione
dei termini dell’accordo intervenuto tra le parti e dell’effettuato controllo degli
elementi di cui all’articolo 129 cod.proc.pen. conformemente ai criteri di legge”
(v. Cass. Sez. II 14 gennaio 2009 n. 5240 e Sez. V 25 marzo 2010 n. 21287).
Nella specie, questa volta in fatto, il Tribunale ha dato logicamente conto
del controllo effettuato circa la sussistenza dei fatti e la loro qualificazione
giuridica e, quindi, dell’impossibilità di addivenire ad una pronuncia di
proscioglimento ai sensi dell’articolo 129 cod.proc.pen.;
– che la ritenuta inammissibilità dei ricorsi comporta le conseguenze di cui
all’articolo 616 cod.proc.pen., ivi compresa, in assenza di elementi che valgano
ad escludere ogni profilo di colpa, anche l’applicazione della prescritta sanzione
pecuniaria in favore della Cassa delle Ammende;
1

nella misura di mesi cinque e giorni dieci di reclusione ed euro 200,00 di multa;

P. T. M.

La Corte, dichiara inammissibili i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al
pagamento delle spese del processuali e della somma di euro 1.500,00 in favore

Così deciso in Roma, il 9 giugno 2014.

della Cassa delle Ammende.

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