Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 34621 del 09/06/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 34621 Anno 2014
Presidente: MARASCA GENNARO
Relatore: SABEONE GERARDO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
PETRILLO MARIA N. IL 10/01/1983
BEVILACQUA MARIA N. IL 18/12/1967
avverso la sentenza n. 3114/2013 TRIBUNALE di TORINO, del
07/06/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GERARDO SABEONE ;

Data Udienza: 09/06/2014

RITENUTO IN FATTO
– che con l’impugnata sentenza, pronunciata ai sensi dell’articolo 444
cod.proc.pen., venne applicata a Petrillo Maria e Bevilacqua Maria, per il reato di
furto pluriaggravato la pena concordata con la Pubblica Accusa nella misura di

– che avverso detta sentenza hanno proposto distinti ricorsi per
cassazione d’identico contenuto le imputate, personalmente, denunciando una
violazione di legge nascente dall’erronea qualificazione giuridica del reato nella
figura consumata piuttosto che tentata.

CONSIDERATO IN DIRITTO

– che la possibilità di impugnare la sentenza di patteggiamento per
denunciare l’erronea qualificazione giuridica del fatto ha dato luogo ad
interpretazioni contrastanti, risolte da un intervento delle Sezioni unite (v. la
citata, Cass. Sez. Un. 19 gennaio 2000 n. 5), le quali hanno statuito che con il
ricorso per cassazione può essere denunciata l’erronea qualificazione del fatto
come prospettata dalle parti e recepita dal Giudice, e ciò perché è lo stesso
articolo 444 cod.proc.pen., comma 2, ad imporre siffatto controllo, funzionale ad
evitare che l’accordo sulla pena si trasformi in accordo sui reati. Tuttavia, proprio
in considerazione della natura del patteggiamento e dello scopo del controllo
affidato al Giudice, la giurisprudenza ritiene che l’impugnabilità per l’erronea
qualificazione del fatto debba essere limitata ai casi in cui quella prospettata
dalle parti sia palesemente erronea ovvero ai casi in cui la contestazione
originariamente delineata dal solo Pubblico Ministero sia anch’essa
manifestamente erronea. Quindi, la ricorribilità della sentenza di patteggiamento
è ammessa nelle sole ipotesi di errore manifesto, ossia quando sussiste
realmente l’eventualità che l’accordo sulla pena si trasformi in accordo sui reati,
sicché deve essere esclusa tutte le volte in cui la diversa qualificazione presenti
margini di opinabilità: l’errata qualificazione giuridica del fatto può essere fatta
valere solo dinanzi ad un evidente error in iudicando che “dissimuli un’illegale
trattativa sul nomen iuris”, ma non in presenza di una qualificazione che presenti

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mesi cinque di reclusione ed euro 140,00 di multa;

oggettivi margini di opinabilità (tra le tante v. Cass. Sez. Sez. IV 11 marzo 2010
n. 10692 e Sez. VI 27 novembre 2012 n. 15009).
– che in ogni caso, deve riconoscersi la correttezza del controllo operato
dal Giudice del patteggiamento, controllo che in questa sede deve essere
valutato in rapporto allo stato degli atti del procedimento al momento
dell’accordo tra le parti come risultante dalla stessa sentenza impugnata. In sede

444 cod.proc.pen., comma 2 avviene esclusivamente sulla base dei capi di
imputazione, della succinta motivazione della sentenza e dei motivi dedotti nel
ricorso, non potendo certo spingersi la Corte ad esaminare gli atti del
procedimento o i documenti estranei ad esso.
– che nel caso di specie, non emerge alcun elemento per ritenere che si
sia trattato di qualificazioni manifestamente erronee, tanto è vero che è
indubitabile la consumazione del furto per il superamento delle casse del
supermercato (v. da ultimo, Cass. Sez. V 10 luglio 2013 n. 41327);
– che la ritenuta inammissibilità del ricorso comporta le conseguenze di
cui all’articolo 616 cod.proc.pen., ivi compresa, in assenza di elementi che
valgano ad escludere ogni profilo di colpa, anche l’applicazione della prescritta
sanzione pecuniaria in favore della Cassa delle Ammende;

P. T. M.

La Corte, dichiara inammissibile i ricorsi e condanna le ricorrenti ciascuna
al pagamento delle spese del processuali e della somma di euro 1.500,00 in
favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma, il 9 giugno 2014.

di legittimità la verifica dell’osservanza della previsione contenuta nell’articolo

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